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Intervista a Luca Pegoraro, autore di “Per adesso no”

Creato il 26 febbraio 2014 da Soleeluna

coverOggi abbiamo con noi Luca Pegoraro, autore di “Per adesso no”. Conosciamo insieme!
Buongiorno Luca, benvenuto tra noi! Ti va di presentarti ai nostri lettori?

Buongiorno a tutti e grazie per l’opportunità! Eccomi, ho trenta&qualcheanno e come sempre più bipedi curo un blog (lucafasurf.blogspot.it). Per il resto non saprei cosa dire, in teoria chi scrive dovrebbe dimenticare in parte se stesso.

Mi hai detto che hai frequentato la Scuola Holden. Ci racconti com’è stata la tua esperienza? Ti senti di consigliarla a tutti coloro che vogliono scrivere un libro?

Secondo me una scuola di quel livello è necessaria per comprendersi, imparare i trucchi del mestiere evitando gli errori invisibili che sporcano le pagine. Ci si confronta con altre teste, altri modi di osservare le cose, se ne esce con una nuova consapevolezza di se stessi. Un buon banco di prova, sì. Mi ha insegnato che scrivere è meno stupido di quanto possa sembrare.

Per adesso no è il tuo primo romanzo. Cosa ti ha spinto a scriverlo? Perché hai deciso di pubblicarlo?

Si scrive anche per necessità, no? Volevo mettermi in gioco sulla lunga distanza: dopo anni trascorsi arrangiando i testi della band in cui suonavo avevo urgenza di nuovi stimoli e l’idea di un romanzo mi si è presentata come una sfida troppo tosta da evitare.

L’idea di pubblicarlo è scattata quando mi sono accorto che stavo ritrovando alcune scene del libro durante la vita; dovevo liberarmi dai personaggi e liberare loro da me, prima che per ripicca la mia ombra decidesse di sgambettarmi.

Per adesso no racconta la vita di un personaggio, River, che ripercorre il suo passato convinto che ciò lo possa liberare e restituire alla vita. Ma liberare da cosa? E chi  River?

River è un ragazzo che vive negli incubi. Sogna di essere braccato da esseri che non comprende e al risveglio scopre lividi che non sapeva di avere. Convinto che la soluzione dei suoi problemi stia nel passato a lui ignoto del padre, un rocker psichedelico morto di overdose, penetra in un mondo che non conosce nella speranza di trovare risposte. O perlomeno domande mirate.

I personaggi presenti nella tua storia sono ispirati a persone che conosci realmente o frutto della tua fantasia?

Sono dell’idea che la fantasia sia una cozzaglia di informazioni passate che riplasmiamo più o meno consciamente, però non credo di conoscere nessuno che possa vagamente somigliare ai protagonisti del romanzo. L’eccezione è Zooey, la gatta, ma lei è comparsa nella mia vita una settimana dopo aver concluso la storia.

Qual è il tema predominante in Per adesso no?

Mi piace credere che il tema predominante sia l’amore. Distorto, ma pur sempre amore. A seconda dello snodo temporale in cui si svolgono le vicende però questo lascia spazio all’espiazione di River o alla redenzione di Zooey. Le stanze chiuse continuano a essere le più interessanti.

 Quanto hai impiegato a redigere questo libro? Hai incontrato qualche difficoltà?

Due anni, ora più ora meno. Per fortuna ho incontrato parecchie difficoltà, sarebbe stata una noia altrimenti! Scrivere è riscrivere, dopotutto. La parte più interessante e dispendiosa sta nel recuperare informazioni sugli argomenti che si vogliono affrontare, partendo dall’assimilare un po’ di tutto prima di scegliere particolari specifici. La fortuna è stata l’essermi confrontato a scuola con altri gruppi di lettura, limando o riscrivendo quelle parti che solitamente girano bene solo nella testa dell’autore. Spesso nella vita non mi comprendo ma perlomeno scrivendo mi farebbe piacere rendere empatico il lettore coi personaggi, sarebbe una grossa soddisfazione.

 Come hai scelto l’editore con cui pubblicare?

L’unico punto fisso è sempre stato di evitare l’editoria a pagamento. Mi sarei sentito la puttana di me stesso, pagare per pubblicarsi è un po’ come ammettere che nessuno crede nel tuo lavoro. Inizialmente ho ricercato alcuni piccoli editori per convincermi di mantenere una libertà intellettuale diciamo, poi quando sono stato contattato da libro/mania – una nuova realtà nata dall’incontro tra la Newton e la DeAgostini – ho pensato “È lei.”

Cosa ne pensi dei tanti scrittori emergenti presenti in Italia? È vero il detto “ci sono più scrittori che lettori”?

Personalmente credo che la concorrenza sia sempre positiva e stimolante, almeno fino a quando non si leggono le classifiche deprimenti di vendita. L’autopubblicazione potenzialmente dona un’occasione a chiunque, ricalca un poco quel quarto d’ora di celebrità tanto caro a Warhol. Questo però spesso va a discapito della qualità: se è vero che la riscrittura è fondamentale, l’idea di annullare l’attesa in pochi click rischia di bruciare potenziali talenti in erba. Ci si riempie la bocca con la parola “scrittori” quando a conti fatti in molti invece di raccontare o stimolare le coscienze si limitano a trasformare l’aria fritta in inchiostro.

 Cosa significa, per te, scrivere? Scriverai altri libri in futuro? Stai già scrivendo qualcosa?

 Per me scrivere è raccontare i fatti da un punto di vista differente, seminare dubbi bucherellando i paraocchi. Non considero la scrittura una forma di terapia né un atto per raggiungere pace o benessere interiore. È una necessità, la scrittura è una donna irraggiungibile che ogni tanto sorride e tu resti lì senza capire se era diretto o meno a te, se era amore o sdegno. Per fortuna però in questo caso non importa se il sentimento è reciproco.

Comunque sia sì, ho iniziato un nuovo progetto: l’idea è di confrontarmi con personaggi distanti da me, scavare nei loro pensieri. Al momento mi limito a scrivere senza rileggere, da quel poco che ho intuito la vicenda si svolge in Islanda e la domanda su cui verte la storia pressappoco è “E se in una lacrima fosse racchiusa la tua storia e di chi ti sta intorno?” La creazione dell’autunno è il titolo provvisorio.

Raccontaci l’impressione più bella che hai ricevuto dai tuoi amici riguardo Per adesso no.

 ”L’ho letto in fretta perché volevo sapere come andava a finire”, mi ha scritto un’amica via mail qualche giorno fa. In realtà ogni volta che ricevo una critica mirata è come se mi dicessero «mi hai colpito», nel bene o nel male. Un mio obiettivo è di smuovere un poco la fanghiglia mentale che ci getta addosso la televisione e quando urto la sensibilità altrui è un ottimo risultato, sperando poi che il momento non sia fine a se stesso.

Grazie, Luca, per aver partecipato alla nostra intervista!


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