Autore e interprete della musica folk campana, percussionista specializzato della Tammorra e di tutti i tamburi a cornice dell’area Mediterranea, ma anche uomo appassionato, con una personalità travolgente come solo i napoletani possono essere, è l’identikit del nostro intervistato, Luca Rossi.
Artista napoletano, conosciuto per la sua musica popolare meridionale internazionalizzata, si racconta in un’intervista esclusiva per Makin’sud, a poche settimane dall’inizio del suo tour “Tammarra solo” e dall’uscita del suo nuovo disco “Pulecenella love”. Rossi ci parla di sé e della sua Tammorra, ci racconta qual’è l’origine della sua passione, ci svela il segreto di una buona performance e ci confessa come vive il suo sogno, giorno dopo giorno. Il napoletano si dimostra di essere un artista a 360 gradi, un uomo che con coraggio e umiltà ogni giorno lavora per il suo successo.
Ecco come ha risposto alle nostre domande:
- La “tammorra” uno strumento così antico e con così tanta storia alle spalle. Ricordi la prima volta che l’hai vista? Quando è stato il momento in cui hai capito che la tammorra avrebbe accompagnato tutta la tua vita?
Beh, la prima volta che vidi la Tammorra avevo solo 12 anni, mio padre mi portava spesso a vedere gruppi di Canto popolare campani. Quando andavo a vedere questi concerti, l’unico strumento che sentivo era la Tammorra. E’ uno strumento semplice, rudimentale, che scatena la danza, quando lo ascoltavo mi rendevo conto che non bisognava andare in Africa per ascoltare un suono simile, perché esisteva anche da noi. All’inizio ho sperimentato, poi ho approfondito gli studi all’accademia di Bologna. Lì ho incontrato una compagnia con cui ho cominciato a viaggiare. Ho suonato in ogni parte del mondo dall’America all’Europa, persino in Africa, ma il luogo che mi ha stupito di più è sicuramente Los Angeles, in cui ho trovato un meraviglioso clima interculturale. La tammorra è uno strumento che lega tutte le culture, è un mezzo di comunicazione, dove non arriva la lingua, arriva la tammorra. Mia nonna mi chiedeva spesso cosa dovessi farci con la tammorra, nessuno si aspettava che arrivassi così lontano, onestamente non me lo aspettavo neanche io! Poi un giorno mi telefonò Teresa De Sio e da quel momento cambiò tutto. La considero la mia madrina, mi ha scoperto lei guardando i miei video su Youtube. Nel mio nuovo disco mi sta omaggiando della sua voce in un pezzo, per me è un onore.
- Cosa provi quando la suoni? In quel momento, ti stacchi totalmente dal mondo oppure la tammorra è un tuo antistress personale, in cui ti ricarichi ogni volta che ne ha bisogno?
No, la tammorra non è assolutamente un antistress, se lo facessi ogni volta che la suono comunicherei solo stress, invece quello che devo trasmettere, quello che voglio trasmettere è un energia pulita e per fare questo ci lavoro ogni giorno. A me il suono della Tammorra piace, io ascolto lei e lei ascolta me. Non è solo tecnica, cosa che la musica di oggi è piena, quando suono è un po’ come se facessi un viaggio, bisogna credere in quello che si fa e io ci credo. Prima di cominciare ogni concerto dico sempre una cosa: il bene dentro e il male fuori, lo strumento nasce per cacciare il male, intorno crea un atmosfera di benessere, si può considerare un antistress per il pubblico.
- Hai una tammorra preferita? Perché cosa ti ricorda?
Si, la Tammorra muta. E’ fatta solo da un cerchio di pelle, è molto semplice, ma mi ha accompagnato in tutti i miei viaggi, in California, nel deserto del Nord Africa, in Germania, in Lituana e a Napoli, è sempre stata con me. Io credo che gli oggetti abbiano un anima, trattengono e rilasciano l’energia di ogni luogo che visitano, la mia Tammorra muta mi ha sempre dato questa sensazione, per me è piena di energia e di ricordi.
- Se dovessi dare un colore alla tua musica che colore le daresti?
Sicuramente i colori che sceglierei sono l’arancione, il rosso e il bianco. I primi due mi ricordano la mia terra, fatta di sole e tradizione; il bianco non lo so spiegare, ma il bianco è sicuramente un colore della mia musica.
- Hai da poco compiuto 30 anni, ti senti soddisfatto del percorso fino ad ora hai fatto o hai dei rimpianti?Sono soddisfattissimo, non avendo tanti mezzi nella mia terra per arrivare al mio sogno e per questo mi posso ritenere più che soddisfatto, soprattutto per le persone che ho vicino e che mi vogliono bene e per quelle che riconoscono il mio lavoro. Già a 17 anni ero felice perché quando accompagnavo qualcuno in un concerto, di rimpianti non ne ho nessuno.
- Sta per partire il piccolo tour “Tammarra solo” e sta per uscire il nuovo disco “Pulecenella love… cosa ti aspetti da questi due progetti? Il futuro come lo vedi? Il futuro non esiste, esiste il presente, soprattutto oggi in cui il futuro non si può prevedere a causa della crisi. Il disco è un esaltazione dell’amore, della vita. Nel disco la mia faccia è coperta da una maschera in bianco e nero, bianco e nero perché io non mi auguro solo il bene, nella vita serve tutto e io ce la metto tutta per raggiungere il mio sogno, sempre rispettando tutti.
Il piccolo tour comincerà il 15 Marzo a Caserta, il 20 Marzo sarà la volta di Bologna e poi Ravenna, Arezzo, ma le date sono ancora da stabilire.
Il disco invece esce i primi di Marzo e al suo interno ci sono tanti pezzi fatti con la collaborazione di tanti amici e artisti che stimo, solo per fare alcuni nomi Teresa De Sio e Giancarlo Parisi.