Intervista a Marco Maiorano dell’Associazione Culturale Sulmonacinema

Creato il 02 gennaio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

La nostra breve spedizione in Abruzzo ha fruttato diversi piacevoli incontri, che nella maggior parte dei riguardavano persone con cui, in questi anni, si è stabilito un bel rapporto di stima reciproca. Tra le colonne di SulmonaCinema che abbiamo rivisto con estremo piacere vi è anche Marco Maiorano, presidente dell’associazione che sta provando a portare avanti tale appuntamento cinematografico col consueto entusiasmo e tanta buona volontà, nonostante gli ostacoli trovati lungo il cammino. Proprio con lui abbiamo voluto fare il punto della situazione

Marco, vogliamo iniziare la nostra chiacchierata sul 32° SulmonaCinema proprio dalle difficoltà che ci sono state nell’organizzarlo? E come si sta evolvendo il rapporto con le amministrazioni locali, dopo i non felicissimi riscontri degli ultimi anni?

Da alcuni anni a questa parte, in realtà, le difficoltà sono la costante che ci accompagna in tutto il percorso ideativo e organizzativo. Ormai dal 2009, l’anno del sisma che ha sconvolto buona parte dell’Abruzzo, non possiamo più contare su quei contributi, soprattutto regionali, che consentivano una programmazione pluriennale e quindi dobbiamo procedere di anno in anno, con tempi sempre più stretti e risorse più limitate. Da quel momento infatti, venendo meno nella quasi totalità il sostegno pubblico, a cui non ha potuto sopperire il pur sensibile aumento degli introiti privati, è stato necessario riconfigurare la formula del festival: alcune sezioni sono state ridotte, altre soppresse (il concorso cortissimi, la sezione soundtrack curata da Gabrielle Lucantonio, gli omaggi, etc.). Siamo arrivati a mantenere solo il nucleo, ossia il concorso per opere prime e seconde, con l’intento di perseverare nell’operazione di scoperta degli autori “italieni” che ha caratterizzato gli ultimi venti anni della nostra storia.
Quanto al rapporto con le amministrazioni locali, a parte la Regione a cui si è accennato sopra, se da una parte registriamo il mancato stanziamento di fondi per la cultura (Provincia) e addirittura la soppressione stessa dell’Ente (Comunità Montana Peligna), dall’altro il nostro progetto trova ancora un supporto concreto nei contributi della locale fondazione bancaria e della Camera di Commercio, così come, almeno per quest’anno, del Comune di Sulmona che dopo diversi anni è tornato a concedere un seppur simbolico contributo.

Entrando in sede di bilancio, sei soddisfatto di come ha reagito il pubblico di Sulmona alle peculiarità di questa edizione, determinate anche dal clima di emergenza creatosi? L’impressione è che un ambiente come il Soul Kitchen si sia rivelato accogliente e funzionale, per quanto sia desiderio più che legittimo riportare le attività in una vera e propria sala cinematografica. Cosa pensate tu e il resto dello staff riguardo a tutto ciò?

Con il gruppo di lavoro di Sulmonacinema avevamo qualche timore circa le reazioni del pubblico, costituito perlopiù da cittadini affezionati e ben informati sul contesto in cui ci troviamo ad operare. Ma probabilmente proprio perché a conoscenza della situazione sulmonese il pubblico ha accolto le novità con una sorprendente positività, ben comprendendo il senso dell’edizione 2014, ennesima “di resistenza”, con formula condensata e location variata. La scelta del luogo è stata sì dettata da esigenze di praticità, ma si è voluto altresì lanciare un segnale: il Soul Kitchen è un locale storico di Sulmona, da sempre utilizzato come sala da concerti e da ballo. Nell’ultimo anno è diventato un laboratorio culturale, grazie ai due nuovi gestori, trentenni cresciuti nel “vivaio Sulmonacinema” che, anziché emigrare dopo gli studi, hanno deciso di restare e di contribuire alla crescita economica, sociale e culturale del proprio paese natale. Dopo qualche proiezione di prova, per testare qualità audio e video, abbiamo deciso che sarebbe stata un’ottima sala, seppur d’emergenza, da utilizzare fino a quando il cinema cittadino non sarà di nuovo pronto, digitalizzato e rifunzionalizzato, per ospitare una programmazione cinematografica costante e, speriamo, anche il nostro festival.
Lo spazio ridotto del Soul Kitchen ha consentito a noi dello staff di realizzare una vera e propria esperienza di sala d’essai in provincia. E bisogna ammettere che il pubblico sulmonese, fortemente desideroso di film, ha accolto le nostre proposte con calorosa partecipazione, infatti, sfruttando al meglio l’atmosfera conviviale che si è creata dopo le singole proiezioni, si è intrattenuto per discutere di cinema.

Nel mettere a punto il programma, avete trovato comunque spazio per alcune delle migliori produzioni cinematografiche indipendenti realizzate ultimamente in Italia, con film che a livello di linguaggio cinematografico spaziavano tra fiction, documentario e territori ibridi, molto interessanti da esplorare. Cosa puoi dirci della selezione?

Quest’anno non c’è stato il concorso. Abbiamo selezionato dei titoli di qualità da offrire in visione al pubblico abruzzese. La selezione, operata da me e da Pierlorenzo Puglielli, con la consulenza dell’amico e direttore artistico storico Roberto Silvestri, è stata studiata per dare una panoramica sintetica della produzione cinematografica italiana dell’ultimo anno, con una preferenza per i film di registi come Rorhwacher, Gaglianone, Ferrente, Johnson, De Lillo, ciascuno vincitore di uno o più premi nelle edizioni precedenti del festival. Anche nella scelta dei linguaggi, si è voluto passare in rassegna sia la fiction (Le meraviglie, Fino a qui tutto bene) che il documentario classico (Le cose belle, La pazza della porta accanto), fino ad affascinanti forme ibride che ne mescolano i linguaggi (La mia classe, Belluscone. Una storia siciliana, La trattativa).

Un film presentato come evento speciale che ha riscosso particolari consensi, anche in relazione al suo rapporto con Ovidio, è “Métamorphoses” di Christophe Honoré. Cosa puoi dirci di tale scelta e delle sue profonde implicazioni culturali?

Sulmona è la patria di Ovidio, oltre che degli ormai famigerati confetti! In attesa delle celebrazioni per il bimillenario dalla morte, che cadrà nel 2017, ci è sembrato doveroso omaggiare il nostro poeta con un evento che costituisse il primo tassello di una serie di iniziative in suo onore che, invero, in città tardano ad arrivare.
Per questo abbiamo fortemente voluto un film francese, accolto con favore dal pubblico più erudito: Métamorphoses di Christophe Honoré, non ancora distribuito in Italia e finora visto solo alle Giornate degli Autori alla Mostra internazionale del cinema di Venezia.

Per finire, raccontaci qualcosa sull’andamento delle serate musicali che hanno accompagnato lo svolgersi delle proiezioni.

Come ogni anno, oltre al cinema, offriamo al pubblico un dopofestival generalmente affidato a musicisti del circuito nazionale. Per questa edizione non abbiamo fatto eccezione e, grazie a Jacopo Santostefano e a Matteo Puglielli del Soul Kitchen, ci siamo regalati quattro concerti che hanno allietato le serate dopo le proiezioni spaziando dalle canzoni originali di Lorenzo Lucci e dei Victorzeta e i fiori blu alle cover d’autore e le musiche popolari della Bandalarga, per concludere con i raffinati arrangiamenti di Dedo and The Megaphones.

Stefano Coccia


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