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Intervista a Margherita Rimi

Creato il 26 aprile 2013 da Temperamente

Intervista a Margherita RimiQuest’oggi abbiamo il piacere di ospitare nel nostro salotto virtuale Margherita Rimi, neuropsichiatra infantile e poetessa. Ha pubblicato diverse raccolte e conseguito vari premi e riconoscimenti. Qui abbiamo recensito la sua ultima silloge Era farsi. Autoantologia 1974-2011

1) Nella sua vita professionale lei è una neuropsichiatra infantile. Quanto influisce il suo lavoro nella scrittura poetica e quanta poesia porta ai suoi piccoli pazienti?

L’esperienza di lavoro con i bambini la considero determinante per la costruzione di  una parte del mio libro Era farsi edito da Marsilio. Dedico a loro due sezioni: I tempi dei bambini e Le voci dei bambini, dove sono iscritte le loro storie. Conoscere il  mondo dei bambini per me ha significato non solo acquisire una preparazione tecnico-scientifica ma anche una formazione umana; importate è stato, inoltre, affinare la sensibilità per comprendere il loro linguaggio e  i loro disegni irregolari, le paure, le loro malattie. Conoscere i bambini significa sapere anche come essi vedono e stanno nel mondo costruito dagli adulti, significa cogliere i loro allarmi, perché spesso ci siamo allontanati da loro, nonostante ognuno di noi sia stato bambino, un tempo.
I bambini non sono una categoria e non sono tutti uguali, lavorare con loro  presuppone anche andare a ricercare e ritrovare il proprio linguaggio, recuperare la propria infanzia. Così avviene che, come in una lingua comune tra me ed il bambino nasce una verità,  la verità e la bellezza della parola: la poesia. Una parte della cura sta anche in questo.

2) Cosa rappresenta la poesia per lei?

La vita stessa trasposta in una forma d’arte che utilizza la parola come mezzo, così che il linguaggio stesso diviene arte della vita. È in questo modo che l’arte, la letteratura, la poesia stessa divengono trasmissione di saperi, di sentimenti e di pensiero di un popolo e della sua anima.

3) So che ha pubblicato anche altre raccolte di poesie e che alcuni suoi componimenti sono comparsi in altre sillogi. Cosa l’ha spinta a raccogliere gli scritti di trent’anni?

L’idea di  questo mio  libro è nata dalla necessità di “mettere assieme”, di “vedere”, di capire  da dove si è  partiti e dove si è arrivati. Il libro rappresenta  l’avere affrontato la propria storia e, come in  un processo in evoluzione,  quello che è accaduto tanto nella vita che nel linguaggio,  appunto in un Era farsi, come dice il titolo stesso del libro.

4) Nell’autoantologia, ha omaggiato due scrittori siciliani: Pirandello e Sciascia. Cosa condivide con loro (origini a parte) e come vive il rapporto con la sua terra?

In Pirandello amo la sua capacità artistica di comporre e scomporre la verità in tante altre verità, di spiazzare e meravigliare il lettore-spettatore nelle sue novelle e nei suoi drammi quando ci si accorge di  stare assistendo come al proprio stesso dramma. Un grande interprete della crisi del suo tempo, ancora oggi attuale. In Sciascia ammiro la sua capacità intellettuale e la sua tensione civile. Con le sue opere ha rappresentato, nonostante il pessimismo sulla  Sicilia, la forza di credere nella civiltà della scrittura, della letteratura, della parola. E poi in Cronache scolastiche ha scritto tanto dei suoi alunni, della condizione dell’infanzia nel dopoguerra. Il rapporto con la mia terra è forte nella misura in cui sono forti gli affetti e i legami familiari, nella misura in cui riconosciamo la nostra storia. Ma la nostra storia non è solo quella personale, è anche quella che si inscrive nel  bisogno collettivo e sociale di fare prevalere una maggiore giustizia e la libertà dalle mafie.

5) Ci sono poeti o personalità intellettuali che hanno influito sulla sua visione poetica?

Credo che il  pensiero scientifico, con lo studio e la pratica della medicina  e delle scienze neuropsichiatriche, abbia avuto un ruolo fondamentale per la mia formazione tecnica e umana e abbia influito sul mio modo di pensare e di vedere il mondo. Più  che a  singole  personalità penso che, sulla ricerca del mio linguaggio poetico, abbiano influito le mie letture e gli studi fatti. Sulla poesia e la letteratura mi sento comunque molto vicina ad  una linea di pensiero rappresentata  ad esempio da un critico e una studiosa come Daniela Marcheschi nel volume  Il sogno della letteratura (Gaffi, 2012), libro di importanza notevole.
Poi leggo testi diversi sia di letteratura che scientifici, in  particolare sono una  appassionata della letteratura slava, alcuni autori sono anche citati nel mio libro. Leggo e rileggo Dante, i classici italiani, latini e greci, la Bibbia. Leggo anche poesia e narrativa straniera.
Inoltre penso che la mia scrittura porti con sé  un segno sonoro, come una “tara” di origine che in qualche modo  riconduce alla “multietnicità” della lingua siciliana.

6) Ad oggi, che destino ha di fronte a sé la poesia?

Il destino della poesia sta nella forza della parola riportata alla verità, al suo autentico significato (che non è da intendere solo in senso etimologico). La parola, il linguaggio della poesia vanno tolte dal contagio della  menzogna, dalle  finzioni verbali. La poesia è anche una forma di ricerca di verità, è una educazione ai sentimenti, per questo le istituzioni si devono impegnare a promuoverla di più per le nuove generazioni.
La poesia è un esercizio di pensiero, di visione e costruzione del mondo. La poesia è una pratica di discernimento, di libertà.

Auguriamo a Margherita altri successi. Alla prossima!


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