Intervista a Maria Rita D’Orsogna.

Creato il 19 aprile 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Ho raggiunto via e-mail la dottoressa Maria Rita D’Orsogna, insegnante di fisica presso l’università della California, che nell’Agosto del 2012 indirizzò una lettera aperta al ministro Corrado Passera. Parole forti e allo stesso semplici, che mettono in luce problemi ambientali importanti e che danno voce a tutte quelle persone che credono nelle fonti rinnovabili e nel progresso.

Da giorni ormai impazza nei social network la lettera aperta che Lei, nell’Agosto del 2012, aveva indirizzato all’onorevole Corrado Passera, ministro dello Sviluppo Economico durante il governo di Monti. Che cosa l’ha spinta a scrivere quelle parole?

Quella lettera fu scritta qualche giorno dopo l’approvazione del Decreto Sviluppo da parte del governo Monti e del Ministro Passera. In quel Decreto c’era anche l’ormai odiato articolo 35 che sostanzialmente apre il mare alle trivelle senza nessuna fascia di rispetto dalla riva secondo tutte le concessioni richieste prima del 2010, e cioè quasi tutte.

Era una domenica sera in California, se non sbaglio, ero un po’ stanca ma volevo aggiornare il blog, e così, invece di soffermarmi su fatti e numeri, decisi di dare sfogo a quello che pensavo. È una cosa che non faccio spesso sul mio blog quella di parlare a braccio, mi sento più a mio agio con cose concrete piuttosto che coi miei sentimenti. Ma quella sera ero appunto stanca, e arrabbiata, e incapace di capire perché uno, ovvero Passera, voglia il male dell’Italia.

Occorre mettersi nei miei panni: erano cinque anni che combattevo contro le trivelle in Abruzzo ed Ombrina Mare sarebbe stata una delle prime vittime del decreto Sviluppo: una piattaforma, sei pozzi, una nave desolforatore a 5 miglia da riva. Ci avevo lavorato per mesi ed anni ed era come se tutto il mio paziente lavoro fosse stato spazzato via dalla penna del ministro. Non ci pensai più di tanto e la scrissi in mezzora più o meno. Poi la mandai sul blog e su facebook e andai a dormire. Il giorno dopo ero stata inondata di richieste di amicizia e di messaggi facebook. Non avrei mai immaginato che esplodesse sul web. Rileggendola adesso mi pare di capire il motivo di questa exploit: nella sua semplicità è un condensato della situazione attuale in Italia riguardo a temi come ambiente, corruzione, mancanza di sguardo al futuro, e di speranza.

La linea di Passera è stata chiara: più petrolio per l’Italia e meno fonti rinnovabili. Un programma simile quale impatto avrebbe sulla nostra penisola?

È evidente: buchi dappertutto, industrializzazione selvaggia di zone adesso agricole, turistiche, sostanzialmente sane e con potenzialità per il benessere duraturo invece che deturpazione dell’ambiente.

Il petrolio non è mai una soluzione, specie in Italia che ne abbiamo poco e di qualità scadente. Darà soldi ad affaristi e speculatori e un po’ di briciole all’Italia per 20 anni, 30 anni forse. E dopo? Dopo ci ritroveremo con molte più Falconara, Viggiano, Gela, Taranto di adesso, città inquinate che hanno perso moltissimo in termini di qualità di vita, salute, e opportunità di lavoro sano. Mi piace sempre ricordare il binomio Gela-Taormina. Sessanta anni fa a tutte e due venne chiesto di ospitare impianti petrolchimici. La prima disse sì, la seconda no. Dopo sessanta anni le conseguenze di quelle scelte sono lampanti e si vede chi ha fatto la scelta migliore. Ecco, occorre chiedersi: vogliamo che l’Italia sia una gigante Gela o una gigante Taormina?

Lei invece che cosa propone? Quale sarebbe la politica energetica ideale?

Guardi, se fossi io a decidere, avrei programmi di forti incentivi di pannelli solari su tutti i tetti d’Italia,retro-fitting degli edifici per il risparmio energetico, incentivi per la rottamazione di elettrodomestici ad alto consumo e per le macchine elettriche. Può sembrare che tutte queste cose contribuiscano poco, ma in realtà hanno impatti fortissimi sulla bolletta energetica. Il petrolio che abbiamo in Italia è poco, e se decidessimo di imbarcare la strada dell’energia rinnovabile e del risparmio in modo serio non ne avremmo bisogno e non solo faremmo un favore all’ambiente e a noi stessi ma anche all’economia e alla piccola imprenditoria che ha tanto bisogno di lavoro, invece che mandare i nostri quattrini nelle casse di petrolieri stranieri.

Ultima domanda: quale futuro prevede per gli scienziati italiani? La fuga di cervelli continuerà o il futuro sarà più roseo per la ricerca?

Dipende tutto da chi governa e quali priorità ci sono per l’università italiana. Al momento è triste vedere la disparità di risorse e lo spreco di talenti rispetto ad altri paesi. Ma prima ancora dei fondi è la mentalità che va cambiata, sono troppe le storie di baronie, ingiustizie, sfruttamenti, mancanza di opportunità e non solo nell’università ma in generale nella società. Occorre mettersi in testa che i giovani sono una risorsa, sono il futuro, che occorre trattarli con rispetto.

Mi ha fatto molto arrabbiare la Fornero quando diceva che i giovani sono troppo “choosy” e che devono accontentarsi di quel che trovano. È stato deprimente ed offensivo nonché assolutamente deleterio per il futuro dell’Italia se attuato. Tutti abbiamo il diritto di poter mettere a pieno le nostre potenzialità e i nostri talenti. Se uno è bravo perché non deve aspirare al meglio? E questo non solo per la persona come individuo, ma perché ne guadagniamo tutti.

Guardi cosa hanno combinato quelli di Google o di Facebook, e come loro tanti altri che non arrivano alle cronache internazionali, gente che quando ha iniziato aveva meno di 30 anni e che ha messo su dei colossi che danno lavoro e generano profitti. E tutto questo perché c’era qualcuno dietro di loro che gli ha dato una chance e non gli ha detto “accontentatevi” ma “ecco qui le risorse per provarci, buona fortuna”.

Ringrazio la dottoressa per la sua disponibilità.

Articolo di Alessandra Coppo.

Foto Niccolò Caranti, licenza CC BY-SA


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