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Intervista a Marilù Oliva

Creato il 28 maggio 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Da Fralerighe Crime n. 5

Tu la pagaras, Fuego, Mala suerte.

Tre anni e trilogia noir chiusa, nel segno di Cuba, del mistero, del ballo, di Dante… Tre anni per cambiare la letteratura di genere e per cambiare Marilù Oliva…

Non so se ho cambiato la letteratura di genere ma so che io sono cambiata, quello sì. Se vuoi sapere in che senso, diciamo che, sul piano della scrittura, ho imparato a vivere più serenamente con i personaggi inventati anche se mi tirano continuamente per il braccio.

Marilù Oliva e la trilogia della Guerrera. Nascita, vita, epifania, conclusione.

La Guerrera è nata nelle notti di salsa in cui, tra un ballo e un pensiero, osservavo il mondo circostante e non mi stupivo di ritrovare ogni microcosmo così uguale agli altri. E mi domandavo: se qui spingessi tutto al parossismo e inventassi una lottatrice che balla come cammina e risponde come lotta e se ne frega dell’etica comune? Lei scende in pista carica di rum ma mai ubriaca, intanto è consapevole della razzia che sta succedendo fuori: incarna una generazione cui il momento economico e soprattutto anni di mala politica hanno estorto molte possibilità, così si sfoga nei sensi. L’epifania è arrivata in fretta, basti pensare che giungo anche dal fumetto e visivamente l’ho delineata in pochi istanti. La conclusione è ancora lontana.

Intervista a Marilù Oliva
Marilù Oliva donna e Elisa Guerra donna. Marilù Oliva e la la domanda che avrebbe voluto fare, il consiglio che avrebbe voluto dare, la parola che avrebbe voluto dire alla Guerrera.

Quando incontro La Guerrera nei miei sogni le parlo, eccome. Di consigli non mi azzardo a dargliene, lei ha un caratteraccio e non ne vorrebbe sapere. Soltanto le dico di fumare di meno. E poi aggiungo che in fondo, se cogliesse alcuni momenti magici e sorvolasse sulle angustie che la macinano, la vita non è malaccio. Basterebbe spostarsi da una prospettiva antropocentrica.

La Guerrera è una tua alterego di rabbia e inchiostro, simile a te per connotazione, relazioni quotidiane e per carattere. Nei tre scritti lei si evolve, come si evolve nettamente anche la sua sfera privata. Significa che tu stessa hai trovato sfogo e completezza nel ritrovarti in lei?

Questo è un punto importante e ti ringrazio per aver sollevato la questione. Dobbiamo innanzitutto precisare che La Guerrera non sono io: è fondamentale mantenere un distacco con i miei personaggi, perché se sconfinassero troppo nella mia autobiografia rischierei di perderne il controllo e di contaminarli con quei sentimenti del quotidiano che, se in piccole dosi sono benefici all’atto creativo, in grandi dosi lo ammorbano. Ciò non toglie che abbia spruzzato un pizzico di me in lei, un certo modo di osservare la vita, un certo disgusto di fronte ad alcune meschinità, la tendenza all’incontro tellurico: ballo, musica, sensi, patatine. Fatto tutto questo bel preambolo, riconosco che però hai ragione: nonostante io prenda le distanze, grazie a questa antieroina non proprio sovrapponibile a me, ho trovato completezza. Non chiedermi perché, perché non saprei risponderti, del resto certe alchimie non si prestano alla decifrazione.

Elisa Guerra è una ragazza normale. Studentessa, salta da un lavoro all’altro. La precarietà del mondo, le problematiche dell’oggi, spesso la sommergono. E lei si arrabbia e se ne rammarica, pur non rimanendo mai con le mani nelle mani. I tuoi romanzi assumono spesso la forma di romanzi sociali, ‘politicamente’ rilevanti e socialmente significativi. Un’impresa importante, già propria dei maestri noir alla Carlotto. Quanto pesa la realtà sui tuoi plot e quanto il condizionamento letterario dei ‘maestri’?

Molto. I maestri sono stati basilari (e tu citi Carlotto, un caposaldo per me) così come è imprescindibile dalla storia – nel caso di questa trilogia – il nesso con la realtà circostante. L’attualità della Guerrera si può riassumere nella parola “disillusione”: lei è spaesata e disincantata quanto al lavoro, alla vita, alla comunione con l’altro (eccezion fatta per l’unica amica con cui riesce a legare, Catalina). La situazione professionale riflette quella di molti giovani e non più giovani d’oggi: incertezza, precariato, disoccupazione. Idem quella economica: lei deve fare i conti con i pochissimi soldi che riesce a guadagnare, in nero per giunta, e a malapena sopravvive. In un momento storico e sociale così critico come il nostro, per me era importante trattare queste problematiche che ho vissuto in prima persona (ad oggi, sono ancora un’insegnante precaria), ma al di là dell’esperienza personale, era importante parlarne perché avrei considerato la trilogia incompleta se calata in una realtà asettica. Non mi interessava un romanzo dove i problemi ruotassero attorno a un male fasullo o un moralismo asettico.

La Guerrera e Dante, una vita (e tre libri) di citazioni, odio e amore. Qual è il punto di contatto?

Diversi. Un’etica molto simile, nonostante le discrepanze. La stessa indignazione verso le ingiustizie, lo stesso anelito verso il sublime. Poi lui rappresenta per lei la figura paterna che le è mancata fin da piccola, quindi lo ascolta, riceve volentieri le pacche sulla spalla o i rimproveri che le arrivano quando richiama alla mente i versi della Commedia.

Incensiamoci. Qualcuno dice che hai creato uno dei personaggi noir più originali della letteratura italiana. Chi o che cosa, invece, per te la Guerrera?

Per me è una donna coraggiosa nonostante i suoi limiti – un caratteraccio e un’inclinazione sregolata ai vizi – , una che raggira le perdizioni, frequenta i bassifondi ma ogni tanto alza il viso al cielo, una che si sa difendere nonostan- te l’apparenza, che si struscia con individui poco raccomandabili, ma poi non si innamora di nessuno di loro. Una che rischia la vita per difendere un op- presso e comunque crede nell’uguaglianza – o nella democrazia, che poi il presupposto paritario è lo stesso – e si incazza perché ora vacilla.

Quanto riscatto di genere nei tuoi romanzi. Nel senso, la Guerrera è una donna a tutto tondo, strutturalmente attraente, fortissima, emotiva, risolutrice, che sovverte una marea di luoghi comuni sulla storia del gentil sesso…

Grazie per questa tua osservazione. Quando sento questi commenti, capisco che il personaggio non è stato frainteso. L’intento era appunto sovvertire: non è una femme fatale, non rispecchia gli stereotipi del genere né fisicamente né caratterialmente. E’ la prima a non piegarsi ai luoghi comuni dell’immagine, però è l’ultima delle dannate. Una cosa che mi piace moltissimo di lei è che mi stupisce sempre: anche se credo di conoscerla e di poterla indirizzare non è mai prevedibile per me, nemmeno nell’immaginazione.

Spesso, ci hanno insegnato, forse erroneamente, che la nicchia noir è a tutto vantaggio maschile. Oggi, al contrario, le donne sono le principali lettrici del genere. E poi c’è anche la Guerrera che rischia di assurgere nel cielo dei protagonisti del noir. Rivoluzione?

Non lo so. Oggi di rivoluzioni c’è un grande bisogno. Ma più che nel noir, nel nostro paese.

Marilù Oliva e Macondo Città dei Libri 

Intervista a Marilù Oliva



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