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Intervista a Massimiliano Nuzzolo

Creato il 21 marzo 2013 da Pamelaserafino
 

massi-nuzzolo-okChi ama la letteratura ha il ‘problema’ di non disporre di uno sguardo puro, infatti, quando si accosta ad un’opera letteraria, anche mai letta prima, subito gli si parano innanzi altre immagini, altre sensazioni , altri ricordi, così leggendo il titolo del nuovo libro di Massimialiano Nuzzolo “Fratture” edito da Italic/PeQuod, mi è venuta in mente la raccolta poetica “Frammenti lirici” di Clemente Rebora. Un titolo forte quindi quello scelto dall’autore , che non lascia margine a dubbi riguardo alla dimensione esistenziale della storia narrata. Le fratture di cui parla Nuzzolo, infatti (al pari di una realtà frammentaria dell’immaginario di Rebora), non sono solo quelle dell’anima del protagonista, ma anche quelle della realtà in cui egli si muove, una realtà che naturalmente deve essere ‘ricompresa’ dal lettore. L’autore questa realtà la scompone per ricomporla a livelli diversi, usando tutta la sua esperienza anche in ambiti diversi da quelli letterari, come quello musicale, mediatico che dimostrano una sensibilità attenta agli intrecci esistenziali della modernità e del modo in cui una storia d’amore s’immerge nel flusso dei tempi.
Anche a questo autore, pertanto, abbiamo pensato di rivolgere le nostre domande per aiutare coloro che sono alle prese con le loro prime esperienze letterarie.

1) Che cosa è cambiato nella tua vita dopo la pubblicazione del tuo libro? Cosa ti ha donato questa esperienza?
“Fratture” ha avuto una lunga gestazione. E’ sempre una gioia approdare in libreria con una nuova pubblicazione ma, avendo già alle spalle un po’ di libri, alcuni dei quali assai fortunati come il mio primo romanzo “L’ultimo disco dei cure”, “I Nuovi Sentimenti” uscito per Marsilio in cui appaio accanto a noti autori, alcune antologie sulle quali sono apparsi i miei racconti e il mio progetto più impegnativo, “La musica è il mio radar”, che ho curato per Mursia e nel quale ho coinvolto amici autori italiani e stranieri di un certo prestigio, ero in un certo senso già preparato. Pubblicare un nuovo romanzo da un lato mi ha consentito di sperimentare e crescere (“Fratture” è frutto di uno studio sui grandi romanzi epistolari, concettualmente rimanda all’esistenzialismo, ma allo stesso tempo cerca nuovi sbocchi nel romanzo moderno mantenendo la freschezza del tranche de vie o della commedia e i lettori sembrano apprezzarlo), dall’altro ha consolidato la mia voce, l’ha resa più sicura. L’esperienza della pubblicazione rimane sempre emozionante, è un po’ come mettere al mondo un figlio (non l’ho detto io). E’ impegnativo, ma fonte di grande gioia, specialmente se poi lo vedi crescere davanti agli occhi, anche correndo il rischio che si allontani da te… A tal proposito approfitto per dirti che una compagnia teatrale trasformerà “Fratture” in opera teatrale. Incrocio le dita.

2) Che differenza credi ci sia tra l’autopubblicazione e la pubblicazione con case editrici?
Direi che esistono moltissime e assai profonde differenze ed è difficile affrontarle in poco tempo. Oltre che una passione nata in tenera età, lo scrivere è per me un vero e proprio lavoro e mi rivolgo esclusivamente a editori che assegnano un valore oltre che letterario anche economico a ciò che scrivo. Non sono contrario all’autopubblicazione. Ma è l’approccio ad essere completamente diverso. Se una persona sente l’esigenza di vedere stampato ciò che ha scritto, l’autopubblicazione può essere una strada. Occorre però distinguere tra le velleità e la concreta volontà di iniziare un percorso in quella che nella musica si definisce “autoproduzione”, cioè un serio investimento su se stessi e che diventa un sistema più complesso ancora. Invece non mi piace l’editoria a pagamento, anche se poi la storia ci insegna che esistono illustri precedenti.

3) Cosa hai fatto personalmente per pubblicizzare il tuo libro?
Come sai “Fratture” è stato pubblicato da un piccolo editore con una storia di rilievo alle spalle e sono seguito dall’ufficio stampa di Jost Multimedia che promuove il mio libro. I ragazzi di Jost sono tutte persone speciali con le quali alcuni anni fa abbiamo intrapreso un percorso nella musica (cito “L’esperienza segna” dei Soluzione www.soluzione.biz che è il lavoro che ci ha impegnato di più a livello corale) e nella letteratura (stiamo lavorando su giovani autori come Ugo Sette e ci auguriamo di crescere e provare a lanciarne anche altri) e con cui presto potremmo creare una vera e propria nuova casa editrice distribuita a regola d’arte. Una parte “istituzionale” della promozione su “Fratture” l’ha fatta quindi l’editore con la spedizione delle copie ai giornalisti. La parte più massiccia l’ha curata il mio ufficio stampa che si è occupato di tutti i contatti, delle spedizioni sia fisiche che telematiche, dei comunicati ai media e in rete, di gestire siti e blog, di fissare le presentazioni, e quanto necessario ad agevolare la diffusione di “Fratture”. Ma io di certo non mi sono tirato né mi tiro indietro: io stesso scrivo e contatto le persone, come mi è capitato con te. Qualche volta intervengo a dibattiti e incontri pubblici. Sono stato ospite di programmi radio e tv, ho fatto un po’ di interviste di cui c’è traccia in rete. Organizzo spesso presentazioni perché mi piace relazionarmi con le persone. Cerchiamo di fare tutto ciò che è utile a promuovere il romanzo e le attività di Jost Multimedia, valorizzando per ciascuno le proprie competenze. Internet è un grande mezzo e consente di diffondere “Fratture” in maniera trasversale. Abbiamo un blog www.jostmultimedia.wordpress.com, un blog dedicato a “Fratture”, ho una mia pagina facebook, abbiamo un account twitter, myspace, linkedin, ecc. ma non ho la possibilità di seguirli con assiduità perché che sono oberato dagli impegni e quando ho un po’ di tempo preferisco leggere e scrivere. Ma se qualcuno mi contatta gli rispondo di certo.

4) Quali consiglii daresti a chi sta per la prima volta affrontando il suo pubblico durante una presentazione per superare il blocco della parola?

La risposta è complessa. Nel senso che ognuno reagisce in modo diverso. Il pubblico poi a volte è ricettivo, altre più indocile. E il luogo stesso in cui avviene l’incontro può condizionarne l’andamento. Con l’esperienza in genere si affina la capacità di leggere le situazioni, si impara ad assumere un controllo sui propri stati d’animo e a reagire in modo adeguato. Le presentazioni restano comunque la cosa più emozionante, ti fanno sentire vivo, dandoti la possibilità di raccontare alle persone ciò che hai scritto nelle pagine del tuo libro ma anche di parlare di cose della vita. Personalmente sono stato fortunato a crescere tra autori già noti che indirettamente mi hanno insegnato molto. Continuo a partecipare alle presentazioni di altri scrittori attivi da più anni di me. C’è sempre da imparare, anche nelle cose apparentemente infinitesimali. Prima di salire sopra un palco o di iniziare una presentazione cerco di concentrarmi, respirare profondamente e di mantenermi il più “sereno” possibile. Mi piace lasciare che tutto avvenga in modo libero, senza programmare alcunché e senza speculazioni, senza “belle parole” preconfezionate, evito le frasi stucchevoli per conquistare l’applauso del pubblico. Ogni presentazione che faccio è sempre diversa e mi auguro spontanea. Come avviene per i musicisti jazz. Con questo non voglio dire di presentarsi impreparati. Anzi l’esatto contrario. Studiare sempre molto, moltissimo, e avere ben chiaro cosa si vuole dire. Essere scrittori è diverso dal fare i professori; è una questione di emozioni, di parole che stanno scritte nel proprio libro e che sono destinate alla dimensione intima della pagina. Quando incontri un pubblico è necessario offrire “onestà”, mettersi a nudo con le persone e aspettarsi sempre l’inaspettato: solo questo colma realmente lo spazio tra il lettore e l’autore. Recitare a mio avviso spetta agli attori e a chi cerca di vendere qualcosa con belle parole da imbonitore. Se poi il pubblico capisce queste cose diventa il tuo migliore amico, si genera un trasfert e tutto si trasforma, diventa bellissimo: c’è condivisione, anche attraverso un semplice sguardo, un sorriso. A volte si prolunga dopo le presentazioni con un bicchiere di vino e mille storie di vita.


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