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Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

Creato il 19 giugno 2011 da Yourpluscommunication


Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

Quando e come nasce l’Ecolab?

Noi nasciamo nel settembre del 2000 da un’idea nata in funzione del fatto che a San Vittore esisteva una piccola pelletteria. Una piccola stanza (più o meno come questa) dove 4 o 5 ragazzi lavoravano la pelle. Sono stato contattato dai dirigenti della Regione Lombardia per fare un progetto per un corso. E’ dalla fine del corso che si è determinata la struttura della cooperativa.

Quanto è importante il vostro contributo?

Questi sono i dati dei detenuti totali che sono passati dalla cooperativa. In undici anni di lavoro. I 105 sono quelli che si sono totalmente e realmente desocializzati. Ciò significa che noi abbiamo una recidiva del 12%.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

E cosa vuol dire?

Cioè la recidiva per le persone detenute, che non passano attraverso i progetti di trattamento, nella media nazionale è del 68%. Quindi all’interno della nostra cooperativa, dove la recidiva è del 12%, lo Stato Italiano in costi di gestione carceraria sulla recidiva, con la nostra operatività, allargabile anche alle altre cooperative, risparmia dieci milioni di euro, circa.

E quanto ne investe?

Zero. I contributi che noi abbiamo avuto in undici anni, sono equivalenti a novantatremila euro. Ciò significa che abbiamo avuto incentivi di supporto alla formazione per sessantatremila euro, contributi locali pubblici, avuti nel 2002, pari a centocinquantamila euro, per il progetto “Emergo” centocinquanta mila per un totale di novecentrotrentamila euro di contributi. Nemmeno il 10% rispetto ai costi.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

Come fate, allora, ad andare avanti?

Siamo, ovviamente, in una situazione finanzia precaria. Ciò vuol dire che cerchiamo il più possibile di spingere la parte produttiva. In più ci aiutano i contributi delle persone private con le loro donazioni alla cooperativa. Va da se che non riusciamo a raccogliere i soldi necessari a coprire i debiti.

Abbiamo visto quanto è importante il vostro contributo a livello di recidività. Gestite attività socio educative finalizzate all’inserimento del disadattato nel mondo del lavoro…

Si, la prima fase è il lavoro. Sui 120 che sono passati in cooperativa tra il laboratorio di San Vittore e il laboratorio esterno 105 hanno trovato collocazione estera. E collocazione esterna vuol dire sia lavoro attraverso attività private (appartenenti cioè a quelle famiglie che avevano delle imprese già alla base, come ad esempio, quelle di autotrasporti), altri sono riusciti a trovare lavoro singolarmente, altri, invece, grazie anche al nostro aiuto. Se da un lato in carcere aveva inizialmente scelto di non tornare a delinquere, successivamente l’ha maturata, pensando, con convinzione, che è effettivamente possibile vivere in maniera differenziata rispetto a come vivevano prima: facendo dei sacrifici, come tutte le altre persone normali.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

Quindi voi, per un primo periodo li seguite anche fuori di qui?

In parte è vero, in parte tornano loro, nel senso che tornano periodicamente a salutarci. La cooperativa è un’esperienza forte ed il fatto di aver avuto la possibilità di essere riusciti a trovare, attraverso questa, un’alternativa di vita a quella precedente, crea comunque un rapporto sì di lavoro, ma anche umano. Ci si ritrova o passano ogni tanto. Poi quando apprendono di nuove attività o produzioni legate alla cooperativa, sono contenti e ci chiamano perché sono orgogliosi. C’è quindi questo tipo di rapporto positivo.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

Avete costituito un marchio: «I Gatti Galeotti»…

Il marchio è stato costituito insieme alla cooperativa Alice che si occupava e si occupa fondamentalmente di attività sartoriali. La prima esperienza che è stata utile per utilizzare il marchio in comune è stata con la Feltrinelli. Il prodotto declinato su una gamma di borse e di magliette è stato successivamente distribuito dalla stessa Feltrinelli. E’ stata in quell’occasione che, abbiamo pensato di realizzare effettivamente un marchio, ovvero “I Gatti Galeotti”. Oggi “I Gatti Galeotti”, sono distribuiti su prodotti della Ecolab e su prodotti della Alice. Noi ci occupiamo degli accessori, loro di abbigliamento.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

Il marchio de “I Gatti Galeotti” è “oggetto” di co-branding, e i due che stiamo portando avanti in cooperativa sono “IRecicleu” con la la società “Gut Distribution” che distribuisce la “Smemoranda”. C’è quindi una linea di prodotti che riguarda l’interesse di cartolibrerie, studenti e scuole. Mentre, l’altro “BanBag” che sarebbe “Banner Bag” che, insieme a “Magliette Fresche”, ci dà la possibilità di distribuire delle borse attraverso la Coin.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

E’ molto singolare il materiale da voi utilizzato per creare i vostri gadget.

Da sempre la cooperativa ha cercato di darsi delle finalità che vanno oltre l’inserimento sociale. Una finalità più ampia che inizialmente ci era stata richiesta dal primo gruppo di persone detenute formate attraverso della cooperativa: un obiettivo che li rendesse utili per se stessi ma, anche per gli altri. Si è cercato di capire come realizzare questo scopo e l’unica possibilità reale e convincente era quella di trovare un prodotto che avesse delle caratteristiche particolari come il rispetto ambientale. Il messaggio, molto più forte e non solo di risocializzazione del detenuto, parte quindi dal materiale utilizzato: la canapa, la juta, cuoio o pellami riciclati e conciati al vegetale fino ad arrivare al materiale di riciclo. Il prodotto che rappresenta la linea più richiesta da qualsiasi cliente è realizzato con gli striscioni pubblicitari. Le aziende che dismettono gli striscioni pubblicitari ce li cedono e noi, li ri-utilizziamo per farci delle borse.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

Questo vi permette di avere un contatto con l’azienda a livello d’investimento?

Il contatto d’investimento non è con le aziende che ci procurano gli striscioni ma con le aziende che acquistano i nostri prodotti sia in cobranding sia con il marchio “I Gatti Galeotti”. Nella realtà, sono loro che effettivamente sostengono la cooperativa attraverso il lavoro che riescono a mandarci ovviamente con il grossissimo handicap di un mercato in crisi. Se nel 2008 eravamo riusciti a sanare i debiti con le banche ed eravamo riusciti ad avere dei rapporti, con le strutture aziendali, tali da poter stare tranquilli, nel 2009, quando si è scatenata la crisi, alcune aziende o società come la Banca Popolare di Milano, una dei nostri maggiori sostenitori negli anni, si è trovata gestire un budget ridotto quasi dell’80% e quindi ne abbiamo risentito anche noi. Adesso si sta risalendo la china per tanti motivi: la Banca Popolare di Milano ha aumentato il budget rispetto agli anni passati (Non arrivando certo a toccare le somme degli anni d’oro del 2008 ma avvicinandosi), si sono aggiunte delle aziende di tutto rispetto come la “Gut” o come “Magliette Fresche” e, continuiamo a mantenere i nostri contatti con le aziende per quanto riguarda i gadget.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

Come sviluppate il lavoro all’interno della cooperativa?

All’interno della cooperativa è molto più semplice. La filosofia della cooperazione è alla base della gestione dei rapporti. Sebbene esiste un responsabile, le regole sono profondamente condivise. C’è un sistema tecnico per definire le regole, ovvero quello di farle arrivare dal basso. Abbiamo scelto di chiedere alle stesse persone che partecipano alla cooperativa, quindi detenuti o diversamente abili, quale tipologia di regole volessero. Questa è stata una scelta difficile da portare avanti, perché è più semplice sia entrare in un posto con delle regole scritte ed è più facile anche rispettarle. Però dietro a questa “legislazione interna” c’è un’idea: la scelta.

La maggior parte delle persone detenute, non hanno alcuna possibilità di scelta, e noi, molto spesso non siamo una scelta ma, dal punto di vista del detenuto, un obbligo per poter essere portati all’esterno. Quindi nell’ambito lavorativo scegliersi per lo meno quelle che sono delle regole di convivenza, diventa un elemento per il riconoscimento della persona. Facendo arrivare le regole dal basso, si attua un sistema di scambio relazionale tra persone il cui scopo ultimo è quello di vivere il più tranquilli possibile. Si cerca cercando di mantenere alto il livello di serenità laddove, soprattutto quando si deve andare in produzione, la tensione è di per se in crescita dovuta, ad esempio, alle date di consegna, dall’arrivo dei materiali. Un insieme di fattori collegati alle problematiche produttive. Noi, cerchiamo di neutralizzare tutti gli elementi che potrebbero aumentare la tensione permettendo così di inquadrare ogni singolo ruolo in uno più ampio, di gruppo.

Si trovano delle difficoltà a fare questo?

Si, ovvio, perché comunque è una cosa deve essere fomentata dal basso e non tutti hanno una preparazione legata al lavoro. E’ attraverso una preparazione (che si acquisisce con la formazione) che si cerca di spingere le persone a crearsi un modus vivendi coerente con quello degli altri.

Intervista a Massimo D’Angelo (Presidente Ecolab)

C’è chi, entrando qui, si crea delle aspettative per il futuro?

Si, è quasi normale soprattutto per quelle persone che hanno un alto feeling con la tipologia del lavoro. Le aspettative, si creano col tempo e spesso trovano una soddisfazione. Noi ad esempio, abbiamo avuto delle persone detenute che sono rimaste con noi per più anni rispetto a quelli preventivati, persone rimaste legate alla tipologia di lavoro.

Ci sono delle fasi. Quando arrivano qui, inizialmente, le aspettative sono elevatissime su tutto, non solo per il lavoro, ma per qualsiasi cosa una persona possa comunque fare. Dopodiché c’è un attenuazione dell’entusiamo e dell’aspettativa. Ci si rapporta la realtà come tale. Una realtà difficile: una persona esce dal carcere per andare a lavorare e poi torna in carcere. Una situazione non completamente paradisiaca.

Nel momento in cui si accetta tutto il sistema, si passa alla seconda fase dove, alcune persone pensano di poter trovare una relazione diversa con l’esterno attraverso il lavoro della cooperativa. Questo lo si realizza soprattutto quando passano da una misura di benefici di legge ad un’altra. In quel momento percepiscono il loro sacrificio in parte, riconosciuto dalla legge, in parte dal punto di vista lavorativo.

Le persone, infatti, quando nella fase formativa passano da una borsa lavoro, ad un contratto a tempo indeterminato, incominciano a vedere che il loro lavoro viene assolutamente riconosciuto economicamente.

… continua

Marina Angelo
Montaggio: Giovanni Mercadante


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