Potente. Questo il primo commento che viene da fare dopo aver goduto di “Desktop”, nuovo micro film del regista veneto Michele Pastrello.
Il regista Michele Pastrello
Interpretato dagli attori Viviana Leoni e Stefano Negrelli, il corto in poco meno di 4 minuti, senza dialoghi, sembra voler raccontare la storia di due anime solitarie, (quelle due precise o altre) che forse inconsapevolmente si cercano. Gli incontri sono casuali? E’ una delle domande che ci si pone riflettendo sull’ultimo lavoro del regista che ha esordito nel mondo degli short movie nel 2006 con il thriller “Nella mia mente”. Con “32” Pastrello vince il ToHorror, poi arrivano “Ultracorpo” e nel 2012 l’action “In Human Resources”. Con i suoi lavori Michele Pastrello ha partecipato al Pifan (SouthKorea), NoirFest, ArcipelagoFest, IschiaFilmFestival, LagoFest, FantaFestival, Taranto Film Festival, WhoLikeShortShorts (USA), NiHilist (USA), Scinema (AU), OffCourts (France), Serbian Fantastic Fest (RS) e al TiranaFilmFest (Albania). “Desktop” ha già raggiunto più di quindicimila visualizzazioni tra YouTube ed altri siti.
Quando nasce la passione per la regia?
Risposta secca: Ridley Scott. E’ la verità. “Blade Runner”, “Thelma e Louise” e “1492 The Conquest Of Paradise” sono stati film che mi hanno toccato. La mia passione per il cinema nasce da lì, anche se, già da bambino, ammetto, immaginavo e fantasticavo molto. Mi ero persino inventato una TV privata in cui immaginavo i programmi televisivi, cartoni animati e cose così.
Hai girato molti Festival, nazionali e internazionali, ma fai parte del cosiddetto circuito indipendente del cinema italiano. Quali sono gli aspetti negativi e quali i positivi?
Beh, il circuito indipendente in Italia è quello di quelli che si auto producono e distribuiscono, in sostanza. Non c’è (purtroppo) un movimento alla base, diciamo. E’ una realtà vasta che contiene sia registi di feature films che di shorts. Gli aspetti positivi sono la libertà da certi vincoli cine-culturali italiani; gli aspetti negativi sono di fatto la fatica a trovare i finanziamenti (e quindi a fare un prodotto degnamente confezionato) e, soprattutto, la distribuzione. Ma è vecchia storia qui nel nostro Paese.
(© photo Michele Pastrello)
“Desktop”, si allontana abbastanza dalle tue opere precedenti, non è certamente un horror ne un thriller. In pochissimi ma potenti minuti racconta il sentimento della solitudine. Com’è nato il progetto?
Il progetto è nato un po’ per caso e anche per logica professionale. Ho pensato che non ero più interessato ad impegnarmi mesi in un cortometraggio per girare una ventina di Festival che, in genere, contengono una platea di spettatori molto limitata. E sovente sono scevri di figure professionali che ruotano attorno al mondo della produzione cinematografica. Desktop tra YouTube ed altri siti ha raccolto intorno ai 18.000 play fino ad oggi. Una platea che nessun Festival ti può garantire. Certo, nessun produttore si è fatto avanti, ma mica me l’aspettavo. Difficilmente succede anche ai Festival questo. A me interessa il contatto con lo spettatore e in tal senso “Desktop” è stato molto gratificante.
Quanto conta nel tuo cinema la fotografia?
Nei limiti di quello che posso permettermi, molto. Per me la confezione di un prodotto, passami il termine, è importante quanto il contenuto. So che un video, un film, vivono di idee, sono d’accordo. Ma ritengo anche che bisogna saperle raccontare. E saperle raccontare significa avere una propria personale calligrafia, espressa dal proprio gusto fotografico.
Hai scelto come incipit la frase di Coelho: credi seriamente che le anime sappiano scegliersi quasi autonomamente?
Non lo so, sai? In parte lo credo più che possibile. Almeno, le anime credo conoscano la rotta dove vogliono andare, le idee e la mente invece si aggrappano ad altro, e difendono, talvolta abilmente, anche la tua sofferenza. Diceva un tale: “Ciò che abbatte, ciò che travolge, ciò che distrugge irrimediabilmente le anime, è la mediocrità del dolore e della gioia, la sofferenza egoista e meschina.” Io personalmente sono un difensore della spontaneità, di ciò che accade nonostante tutto, dell’energia che ci porta in un posto o a fare una cosa e che ti fa immaginare “nuovi paesaggi”. Secondo me là c’è della verità. Rammento quindi un pensiero di Adorno: “L’amore è la capacità di avvertire il simile nel dissimile.” Chissà. Certo, comunque, il mio video può essere visto come una metafora. Tuttavia lo scrittore Danilo Arona, parlando di “Desktop” ha tratto una riflessione interessante che ti riporto e che sento di poter sottoscrivere: “Mi piace pensare che, nella mente di Pastrello, ci stiamo muovendo anche nel multiverso, in quell’insieme di universi coesistenti e alternativi al di fuori del nostro spazio-tempo, che la letteratura e il cinema di fantascienza hanno divulgato come dimensioni parallele. Fisica quantistica, insomma. Nella quale universi per definizioni non comunicanti possono per frazioni infinitesimali di tempo aprirsi e provocare un transito di informazioni dall’una all’altra parte e viceversa. E persino influenzarsi reciprocamente. Sono teorie sulle quali da anni la scienza sta discutendo e portando anche prove a sostegno su un piano un po’ più che teorico. Il fatto è che la stessa differenza dimensionale tra i due personaggi del corto sembra indicare contenuti che vanno un po’ oltre il concetto di metafora.”.
Come ti sei trovato con gli attori? Come hai lavorato con loro?
Due persone squisite, sia Viviana Leoni che Stefano Negrelli. E due veri professionisti. Viviana Leoni arriva dall’Accademia Teatrale Veneta, lavora a teatro e ha varie esperienze in spot pubblicitari. Stefano Negrelli è parte della compagnia teatrale Cantieri d’Ottobre. Oggi non riesco più ad immaginare Desktop prima di loro. Mi piace pensare a tutte quelle 18.000 persone che, magari solo per un attimo, si sono immedesimati con i loro personaggi e sono contento di come Viviana e Stefano siano riusciti a dar volto e corpo a ciò che avevo nella testa. Sul set sono due persone molto gentili, quanto al contempo competenti a dare una mano al regista a condurli. Se c’è qualche collega regista che sta leggendo, li consiglio vivamente di contattarli.
Quando un lungometraggio?
Questa domanda mi spaventa, perché mi è già stata posta in passato e non ho mai saputo rispondere. Sinceramente non lo so, non decido (solo) io. Chissà, anche in questo caso è questione di incontri.