Quest’oggi chiacchieriamo con l’attore e regista Michele Santeramo, pugliese, che ha debuttato – involontariamente, possiamo dire! – nel mondo della letteratura con il romanzo La rivincita, edito da Baldini&Castoldi, che abbiamo qui recensito qualche giorno fa.
1) Cosa ti ha spinto a debuttare nel mondo della letteratura?
Non avevo un romanzo nel cassetto, e quando l’editore, dopo aver visto lo spettacolo a teatro (La rivincita è stato prima uno spettacolo teatrale), mi ha chiesto se avessi avuto voglia di metterlo in forma di romanzo, l’idea mi è piaciuta subito perché avrei potuto raccontare altre sfaccettature di questa vicenda, che per tanti motivi, soprattutto legati al ritmo del teatro, non avevano potuto trovare spazio nello spettacolo.
2) Quali sono le potenzialità di un testo letterario rispetto a uno teatrale (o viceversa)?
Mi sembra, ma questa è ovviamente solo la mia esperienza, che il testo teatrale abbia qualcosa a che vedere con un implosione, e il romanzo con una esplosione. Mi spiego meglio: nella battuta o nell’azione che si scrive per il teatro, è contenuto tutto quello che invece nel romanzo è descrizione, respiro più ampio. In teatro lo sguardo su un paesaggio deve finire dentro una battuta, dentro una maniera di voltarsi o di stare fermi, la sorpresa non ha il tempo di essere scoperta con le parole ma deve essere tratteggiata nelle azioni.
3) Cosa significa fare teatro o scrivere un libro per chi è del Sud?
Io dico sempre che chi scrive lo fa per una forma di ribellione rispetto a quel che vede e non sopporta, o almeno a me capita così. Se uno scrive, alla base sente il bisogno di costruire mondi che siano diversi da quello dentro cui deve vivere la vita. Scrivere è un atto di presunzione, proprio perché chi lo fa inventa mondi, personaggi, reazioni, che sono lo specchio di quel che succede davvero.
4) Le rivincite nella vita arrivano o ce le dobbiamo prendere?
Prendere, senza dubbio. Ci sono tanti modi per farlo, anche stare fermi può essere un modo, ma ci vuole determinazione e testardaggine.
5) Cosa vuoi dire ai vari Vincenzi, Sabini, Marte e Angele che vivono la porca miseria nel quotidiano?
Quello che mi hanno raccontato i veri Vincenzo che ho intervistato: che fino a quando puoi farti ancora una risata, la partita non è persa. Che bisogna avere una stupida determinazione a non rassegnarsi, mai. Perché le cose che succedono sono soltanto cose che succedono, tutto qua.
Bene Michele, ti ringraziamo per l’intervista. Buon proseguimento per la tua attività teatrale e – perché no, ormai? – per quella letteraria. Alla prossima!
Susanna M. de Candia