Ciao Mirko e benvenuto nel nostro blog. Prima di iniziare l’intervista, vuoi presentarti al nostro pubblico?
Ciao Laura! Intanto grazie per l’opportunità di quest’intervista. Sarò breve, dato che preferisco sempre parlare più dei miei libri che non di me. Ho quasi 26 anni e vivo vicino a Roma. Sono appassionato di musica, cinema e letteratura. Tutti argomenti che cerco di trattare nel miglior modo possibile tramite diverse collaborazioni con blog e testate online. Prima di “Pappagalli, favole e tanti guai”, appena pubblicato dalla Butterfly Edizioni, avevo già pubblicato “Poker di cuori” con la Leone Editore, nel 2009.
“Pappagalli, favole e tanti guai” un titolo che da solo incuriosisce molto. Come l’hai scelto?
Sì è trattato più di una somma degli elementi più bizzarri all’interno del romanzo. Onestamente non avevo in mente alcun titolo per il libro (è sempre uno dei miei problemi!) e assieme allo staff della Butterfly abbiamo messo su carta tutte le parole che ci venivano in mente, ripensando alla storia. E abbiamo formato il titolo, accostando quelli più significativi e quelli che creavano un effetto più bizzarro. La bizzarria è un tratto molto forte del romanzo, quindi ci stava bene come cosa.
Quale la storia raccontata nel tuo romanzo e da dov’è arrivata l’ispirazione?
“Pappagalli, favole e tanti guai” parla di uno scrittore che deve portare a termine un romanzo, per esigenze contrattuali e si ritrova, suo malgrado, circondato da persone, amici e non, che finiscono per coinvolgerlo dentro i propri problemi, facendolo finire in altrettanti guai. La storia è nata soprattutto da un mio personale tentativo di affrontare tematiche seriose, attraverso la stesura di una storia divertente (almeno lo spero!) e leggera. Fino a quel momento, avevo notato di come i temi trattati nei miei manoscritti influenzassero anche le mie trame, cioè: tema serio – storia cupa, tema leggero – storia allegra. Quindi con “Pappagalli, favole e tanti guai” ho voluto ribaltare questa mia tendenza.
Il tuo incontro con la Butterfly com’è avvenuto? Cosa puoi dirci di questa esperienza editoriale?
Cercavo un editore e, oltre internet, sondavo anche i canali “social”. Proprio su Facebook ho avuto modo di entrare in contatto con questa casa editrice, che mi aveva già incuriosito per alcune sue iniziative davvero interessanti. E da lì in poi il mio giudizio sulla Butterfly è rimasto sempre molto positivo, basato soprattutto sull’atteggiamento con il quale la casa editrice affronta il mondo editoriale, da un lato cordiale e capace di coinvolgere anche l’autore nel processo di pubblicazione, e dall’altro professionale, con la preparazione adatta per risultare competitivi nel campo editoriale che, come si sa, è molto difficile.
Non sei alla prima pubblicazione. Vuoi darci un accenno sui tuoi lavori precedenti?
Sì, prima di quest’ultimo libro, avevo già scritto altri tre manoscritti e “Poker di cuori” era già andato alle stampe nel 2009. Per certi aspetti anche quel romanzo affronta delle questioni nei rapporti interpersonali, quindi dei collegamenti esistono con “Pappagalli, favole e tanti guai”, ma il tono della storia è decisamente più cupa e noir. La storia segue le vicende di un donnaiolo impenitente, che sembra mettere la testa a posto, salvo venire investito da un colpo di scena spiazzante, che lo metterà di fronte al dover ragionare su quanto possano essere fragili i sentimenti umani, che è un po’ il tema del romanzo stesso.
Cos’è per te la scrittura? E che tipo di scrittore sei?
La scrittura è soprattutto due cose per me: una valvola di sfogo, per poter affrontare argomenti di cui non parlerei in discorsi “normali”, per così dire, e la possibilità concreta di avere fra le mani una storia, un intero piccolo mondo che dipende unicamente dalle tue mani, anzi dita! Una sorta di desiderio di potere e manipolazione, credo. Questo spiega anche che tipo di scrittore poi io sia. Per quanto dia spazio anche all’ispirazione e all’improvvisazione, nella scrittura, sono anche un tipo che ci tiene molto a sapere dove “sta andando” o dove lo porta il proprio romanzo. Dopo l’incipit, il finale è la prima cosa che ho in mente. Può subire delle modifiche, ma non cambia di molto fino alla fine della stesura. Questo avviene soprattutto per la mia esigenza di poter affrontare un tema, una morale, un messaggio finale nel romanzo.
Quanto spazio dai agli emergenti fra le tue letture?
Cerco di leggere un emergente ogni 1-2 libri più famosi, dando quindi uno spazio importante anche agli emergenti. Sono sempre stato dell’idea che non è il successo a rendere un libro valido o meritevole di essere letto. E credo che gli esempi su questo argomento si sprechino… al contrario, ho avuto modo di leggere alcuni emergenti che mi hanno davvero convinto, come ad esempio Bianca Cataldi con il suo “Waiting Room”.
Se il tuo romanzo potesse parlare, come convincerebbe gli ipotetici acquirenti a sceglierlo?
Trattandosi di un romanzo che vive molto delle azioni (e reazioni) dei vari personaggi, credo che tenterebbe di convincerebbe il lettore in tutte le maniere possibili, a seconda del personaggio che lo anima in diverse parti della storia. Potrebbe essere pazzo come Francis, dolce come Judy, intelligente come Kate, calcolatore e freddo come Claire. Pensando a James, il protagonista scrittore, probabilmente si rivolgerebbe al possibile acquirente, dicendogli: “Hanno scritto un libro su dei casini che mi son capitati e non mi hanno né consultato, né dato un soldo. Fate un po’ come vi pare!”
Cosa ne pensi della promozione? Credi che interviste, presentazioni o quant’altro sia utile? E in che maniera tu promuovi i tuoi lavori?
Beh, indubbiamente parlare di qualcosa è sempre meglio che non parlarne, quindi la promozione è utile, ci mancherebbe. Bisogna sempre vedere che tipo di promozione si fa. E oggi come oggi resta anche difficile un tipo di promozione intelligente, con l’attenzione di tutti che è quasi sempre spinta più dallo scandalo, che non dai contenuti. Se io adesso uscissi e uccidessi una persona, i miei libri, sulla scia della notizia, farebbero un boom di vendite. Quindi ormai, per quanto la letteratura e il mondo editoriale resti sempre un mondo più “raffinato” (vabbé, forse sono io che ancora voglio sperarlo…) siamo forse un po’ meno schiavi del clamore, ma anche noi emergenti dobbiamo sottostare a certe “regole”. Regole di mercato che, alcune volte, ci fanno anche diventare poco credibili. Voglio dire: io che parlo bene del mio libro, ma quanto posso essere affidabile? Potrei mai dire che il mio libro fa schifo? Come un politico che ti chiede il voto prima delle elezioni… ma questo è il mercato. Per quanto mi riguarda, agisco soprattutto attraverso interviste su blog dove ci sono lettori interessati all’argomento, o soprattutto attraverso i vari social networks, molto utili da questo punto di vista. Se posso, evito altri tipi di interazioni più dirette e “live”: non mi sono mai considerato un grande oratore!
Quali sono, a tuo avviso, i requisiti che un romanzo dovrebbe possedere per essere considerato buono e non nella norma?
Per quanto mi riguarda, dovrebbe innanzitutto parlare di temi nuovi, trame inaspettate, colpi di scena imprevedibili, anche al limite del bizzarro. Trovo che le mode, diffuse anche in campo letterarie, siano la vera malattia che rende tutto il nostro settore una vera palude. Se poco poco un dato genere viene fuori e fa successo, a livello mondiale, anche solo con un’opera o un autore/autrice, tutti si fiondano su quel genere. Apprezzo coloro che lo fanno con un vera e sentita passione per il genere, ma se non siamo noi emergenti a cominciare a cambiare le cose e sottostiamo alle mode, chi lo farà? In questo modo, anche libri molto validi, finiscono per rientrare nella norma, come dici tu, Laura. Nell’anonimato del genere dove tutti si sono fiondati. Dovrebbero tutti domandarsi, prima di cominciare a scrivere: sto dicendo qualcosa di nuovo?
Gli autori che hanno influenzato il tuo stile?
Durante i primi passi di “avvicinamento” alla scrittura (16-17 anni) sicuramente autori come Kerouac e Bukowski, con i loro stili e tematiche molto “ribelli”. Poi negli anni seguenti sono subentrati soprattutto autori come Jonathan Coe, ad esempio, che mi hanno influenzato maggiormente con la loro ironia molto intelligente.
Hai un genere letterario preferito?
A dir la verità, no. Così come mi piace affrontare diversi generi nella scrittura, mi capita la stessa cosa nella lettura. Spazio dalla fantascienza all’horror, dalle commedie “british” ai romanzi rosa…
Secondo te uno scrittore dovrebbe soffermarsi su un genere particolare, quindi leggere e scrivere solo quello, oppure essere aperto a ogni cambiamento?
No, assolutamente spaziare molto. Intendiamoci: se uno scrittore continua a trovare degli stimoli (che non siano solo monetari!) sempre sullo stesso genere, buon per lui e non c’è nulla di male. Ma io credo che affrontare sempre nuovi generi arricchisca l’orizzonte di ogni lettore o scrittore. Per quanto mi riguarda, questo atteggiamento aiuta molto nell’elasticità mentale di ognuno di noi, saper prendere spunti da diverse prospettive o generi. È come un vero allenamento mentale.
Progetti futuri? Dove può seguirti il nostro pubblico?
Per ora sto correggendo uno dei manoscritti che ho da parte e che vorrei sottoporre all’attenzione di una casa editrice quanto prima. Poi sto raccogliendo del materiale per portare avanti un mio progetto legato ad un romanzo storico, ambientato nel ’900. Per seguirmi, basta cercare la pagina Pappagalli, favole e tanti guai su Facebook o anche semplicemente digitare il mio nome e mi si trova facilmente.
Ciao Mirko, grazie per aver partecipato a quest’intervista!
Grazie a te, Laura, per l’opportunità e tutti i lettori che leggeranno quest’intervista!