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Intervista a Nicky Persico

Creato il 25 febbraio 2014 da Temperamente

persicoL’autore di Spaghetti Paradiso ci ha rilasciato un’intervista, in cui parla di sé, del suo romanzo più famoso, del suo mal di Puglia e delle sue ricette, editoriali e non…

Per tua stessa ammissione, fino a poco tempo fa, conoscevi a malapena il mondo editoriale; qualche breve racconto, che ha riscosso ottimo successo (da Starlet a Thomas Rei e Pembaca) e nel 2010 arriva il fortunato romanzo Spaghetti Paradiso, un giallo pubblicato con Baldin&Castoldi, una grossa casa editrice neanche pugliese. Improvvisamente un giorno ti sei svegliato scrittore?

E’ praticamente così, nel senso che scrivevo, si, ma prevalentemente atti afferenti la attività forense oppure articoli giornalistici con una quindicinale, attraverso i quali ho potuto poi iscrivermi all’Ordine come pubblicista, oppure pezzi comici o discorsi vari come ‘ghostwriter’. Ma non mi ritenevo particolarmente incline: lo facevo perché occorreva, o comunque per diletto. Non avevo mai scritto qualcosa basato esclusivamente sulla fantasia narrativa in sé. E’ iniziato tutto con Starlet. Quando mi dicevano che quel che avevo scritto suscitava interesse, emozione, riflessioni o cose simili restavo stupito. Mi succede ancora adesso. Se ho un talento, era nascosto. E ai miei occhi resterà tale per sempre, perché non ho nessuna intenzione considerarmi capace: scrivo per amore di farlo.

Il tuo libro ha un titolo che non dice nulla della trama ne suggerisce nulla riguardo al tipo di romanzo che è. Da cosa nasce?

Nasce esattamente dal desiderio di non dare una idea errata sul contenuto. Ero dell’opinione che, per poter essere efficace in termini di prevenzione, un testo che tenta di raccontare e decifrare un fenomeno come la manipolazione e le sfumature della persecuzione dovesse raggiungere persone non colpite dal problema, in quanto spesso destinatarie di richieste di aiuto a volte formulate in modo flebile da chi è in difficoltà. Per far questo si è ritenuto necessario evitare il rischio di ‘etichettare’ il testo come un testo che parlava solo ed esclusivamente di stalking, ma restituendogli intatta la struttura di romanzo. Quel titolo, quindi, è sembrato adatto a’non dire’, ma nel contempo a suscitare interesse, curiosità. E questa domanda conferma che forse l’obiettivo è stato raggiunto.

Quanto del giovane praticante Nicky Persico c’è nel giovane praticante Alessandro Flachi?
Nulla. Lo ripeto sempre a chi in continuazione mi dice che sembro proprio io, che ci somigliamo, che gli sembra di vedere me: è solo una coincidenza. Prendendo a prestito una famosa frase pronunciata da Roberto Benigniin “Johnny Stecchino”, anche io posso affermare: “non mi somiglia penniente!” In realtà il personaggio è ispirato a Nino Ghiro, avvocato accorsato del Foro di Bari, per il quale nutro una stima professionale ed umana senza limiti.

Perché hai scelto di parlare di stalking?
Per provare a raccontare le dinamiche, apprese durante gli anni, di questo fenomeno. Per fornire delle chiavi di lettura che potessero contribuire a decriptarne i meccanismi e aumentare le possibilità di contrasto attraverso la riconoscibilità dei sintomi, e soprattutto degli indicatori di pericolo che a volte sono quasi impercettibili. Volevo anche offrire una visuale incoraggiante del percorso di uscita, che potesse aiutare a lasciare anche un messaggio positivo: si può riuscire ad uscirne. Il consiglio più frequente, come noto, è quello di denunciare. Io ho voluto anche fornire, senza appesantire il thriller, elementi ulteriori onde poter affrontare con maggiore cognizione il percorso. Sono estremamente felice dei numerosi ritorni positivi ricevuti in questo senso.

Da dove scaturisce l’intuizione dell’associazione (che può sembrare a prima vista azzardata per poi rivelarsi semplicemente arguta e azzeccata) tra mafia e stalking?
Dalla esperienza, e dalla fenomenologia fattuale che ho riscontrato. Nel libro faccio anche un ulteriore parallelismo con l’usura: lo stalking ha qualcosa in comune anche con questo odioso reato. E’ curioso che le dinamiche di un certo tipo di reati si somiglino, vero? Forse alcune forme e manifestazioni del male, si potrà scoprire, hanno qualcosa di comune tra loro. Io lo penso, e nei prossimi libri ne farò cenno. E’ una ipotesi, mi rendo conto, che può sembrare a prima vista azzardata…

Ho letto che hai svolto diversi mestieri e che hai cambiato lavoro spesso. Ma hai mai pensato di dedicarti solo alla scrittura, lasciando tutto il resto?

Si, ho fatto lo steward e poi l’avvocato, in sostanza. Fare lo scrittore a tempo pieno non saprei: però è una attività che al momento sta saturando il mio tempo. Vedremo nel prosieguo. Chissà…

Da un tuo racconto, Teresa Dondolava, è stato fatto un cortometraggio. Ha un tema abbastanza insolito e sensibile, ossia parla di una ragazza disabile…

Dei miei racconti hanno sempre detto che la componente principale è il sogno, insieme alla allegoria ed ai messaggi. Io ho una naturale inclinazione a raccontare gli ultimi, e le sfumature. Al contempo ci sono dei messaggi, sempre positivi, sotto forma di paradigma, o di paragone. Anche in Spaghetti Paradiso, tutto sommato, è così. E’ la mia cifra stilistica: sono un narratore. I piani della realtà e della fantasia si fondono, e a quanto pare travolgono il lettore. E’, come dire, il mio ‘marchio di fabbrica’, e ne sono felice.

La colonna sonora del corto è stata fatta dai Camillorè, gruppo barese: com’è nata questa collaborazione?

Magicamente, direi. Davide Ceddia è stato ‘provinato’ come interprete, e la sera ha letto il racconto. Se ne è innamorato, e di getto ha composto una canzone che ci ha fatto ascoltare in embrione: voce e chitarre. Siamo restati sbalorditi dalla bellezza che è riuscito a trasfondere. Lui ha poi interpretato magistralmente il boss Tano, e con i Camillorè ha composto la colonna sonora. Dico sempre che è stata una ‘catena d’amore’, dai risultati fantastici.Per me che ho scritto il racconto, un vero sogno. Non avrei potuto desiderare di meglio.

Hai aperto il Puglia Noir 2013, com’è stata questa esperienza e com’è nata?

Per l’occasione c’erano anche degli spaghetti “Paradiso” immagino buonissimi… Beh, vedere le ricette (quelle reali cucinate da Alessandro Flachi) diventare reali con la collaborazione di Slow Food è stato esaltante: lampascioni, sivoni, cicerchie e compagnia bella sono stati buonissimi. Gli spaghetti in realtà non si sono poi fatti, perché sarebbe stato troppo. Magari la prossima volta. E comunque “Spaghetti Paradiso” come ricetta la consiglio a tutti. Solo che, siccome nella preparazione ad un certo punto vanno via i vestiti, non è il caso di farli in posti aperti al pubblico: però provare sarà bellissimo, fidatevi sulla parola…

Oltre che produttore, sei anche un consumatore di smart thriller?

Grisham è uno dei miei autori preferiti, ma anche Steve Martini, Faletti, Connelly, Buffa. Si, insomma, li adoro e li divoro. Quando sono ben fatti te ne accorgi perchè ad un certo punto non sai più dove ti trovi: senti il freddo della canna della pistola, ti batte il cuore nel buio, gioisci per la salvezza. I libri, insomma. Un mondo bellissimo.


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