> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="155" width="163" alt="Intervista a Paolo Castaldi: Maradona e gli undici tocchi magici... >> LoSpazioBianco" class="alignright wp-image-61953" />Autore di fumetto, illustratore classe 1982. Nuvole Rapide (Edizioni Voilier 2009,2010) ed Etenesh, l’odissea di una migrante (BeccoGiallo, 2011) che viene tradotto in inglese per la rivista americana di letteratura internazionale Words Whitout Boarders. Premio Boscarato nel 2011 come Autore Rivelazione dell’Anno. L’ultima opera fino ad ora pubblicata è Diego Armando Maradona (BeccoGiallo, 2012). Varie storie brevi tra le quali San Vittore per E, il mensile di Emergency e Sui Generis per la rivista d’arte InPensiero. Sparsi qua e là illustrazioni per cd musicali, manifesti ed i live painting allo Sherwood Festival durante il concerto di Caparezza e su Radio2 ospite della trasmissione RaiTunes di Alessio Bertallot.
(Dal suo sito)
Quando e come è nata l’idea di raccontare Maradona attraverso un fumetto?
L’idea di fare un libro a fumetti su Maradona l’ho sempre avuta. E’ una di quelle cose che mi ero segnato nella lista “libri da fare prima di morire”.
Averlo pubblicato con BeccoGiallo invece, così presto per giunta, è stata una inaspettata soddisfazione.
Il tutto è nato un po’ per caso. Una sera a Padova, dopo la presentazione di Etenesh alla Carovana Antimafia. Si discuteva con Guido Ostanel su quale potesse essere un buon titolo per una seconda opera. Io ovviamente avevo voglia di iniziare subito un nuovo libro ma non avevo ancora in mano nessuna storia valida da proporre. Lui mi confidò che da un po’ di tempo stavano cercando un soggetto su Maradona, ma senza successo.
Mi sono illuminato. Il giorno dopo praticamente ci stavo già lavorando.
Puoi raccontarci quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato nel realizzare l’opera? Considerando l’epopea calcistica e fenomenologica di Maradona hai ovviamente fatto un grande lavoro di taglio. La parte “post” carriera calcistica e anche tanti altri aspetti della vita di Maradona non sono stati considerati. Tuttavia sono presenti momenti narrativi onirici o autobiografici. Ci racconti il perché di questa scelta? E adesso qualche domanda tecnica. Tu sei un autore completo. Qual è il tuo metodo di lavoro? Scrivi prima la sceneggiatura per passare successivamente ai disegni, oppure le due cose procedono di pari passo attraverso la realizzazione diretta di uno storyboard? Qui la nostra recensione al volume Abbiamo parlato di: Etichette associate: Puoi leggere anche: Condividi:
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Soprattutto se non vivi a Napoli ma a Milano come me, non è facile capire quale riscatto sociale abbia rappresentato Maradona per una città messa ai margini, persino dal suo stesso Stato. E anche per l’Argentina.
La mia famiglia è di Napoli ed io sono pure tifoso degli azzurri. Questo libro l’ho “sentito” molto.
Dovevo farlo.
Ho avuto le maggiori difficoltà in fase di scrittura. La direzione da seguire l’avevo chiara in testa fin da subito, così come l’idea degli “undici tocchi”, ma volevo fare un grande lavoro che potesse piacere a mio padre e a mia nonna così come a tutti gli altri napoletani che amano Diego.
L’ansia di mettere le mani su un vero e proprio mito mi ha fatto tentennare spesso. Ci sono voluti sei mesi e una decina di riletture per mettere a punto la sceneggiatura definitiva. Quasi ogni giorno mi sentivo via mail o al telefono con Guido che mi ha dato una grossa mano nel filtrare il materiale, ripulirlo, correggerlo. La parte del disegno invece è stata tutto sommato divertente e priva di particolari ostacoli. Tutti i dubbi sono stati chiariti prima di iniziare quindi sono andato via liscio, tavola dopo tavola. L’unica accortezza è stata quella di capire come utilizzare al meglio i grigi per evitare di scurire troppo le tavole in stampa come con Etenesh.
E’ stata una scelta ben precisa, netta, che ho chiarito con l’editore già nelle primissime fasi.
Ero certo di non voler fare un libro a fumetti sulla vita di Maradona, ne una biografia che evidenziasse l’ascesa ed il declino come tanti hanno già fatto. Avrei semplicemente proposto l’ennesimo titolo sul Pibe.
Io invece ho voluto fin da subito lavorare per realizzare un libro per il Pibe. Un libro di parte.
Io volevo spiegare il perché Diego è tanto amato da una città e da una nazione ad esempio.
Possibile che in così pochi invece hanno voglia di scoprire anche questo lato umano , sociale e rivoluzionario del personaggio piuttosto che concentrarsi su aspetti di debolezza personale come la dipendenza da cocaina? Sapete quanti fanno uso di cocaina? Magari sono gli stessi che lo attaccano quando è citato in un articolo di giornale. C’è molta ipocrisia sul personaggio di Diego.
Io sono un maradoniano quindi volevo fare un libro che rendesse giustizia a Diego, che svelasse cose di lui che in molti fanno ancora finta di non vedere. D’altronde dove è scritto che un graphic novel deve essere oggettivo? Non sono un giornalista, racconto storie, anche se tutte le vicende a cui faccio riferimento nel libro sono documentate e vere, tranne ovviamente le parti surreali.
Ovviamente per chi volesse approfondire anche gli aspetti legati alla vita di Diego dopo il ritiro dal calcio, il doping, l’evasione fiscale e via dicendo, abbiamo inserito un lungo articolo di Fabio Taffurelli, molto preciso. Fa luce su tutti gli aspetti che non vengono trattati nel racconto a fumetti.
E’ la prima volta che qualcuno me lo fa notare, io stesso non ci avevo mai pensato.
Probabilmente non si tratta di una casualità. Mi hanno sempre affascinato quei personaggi che grazie alla loro vicenda personale sono riusciti a diventare emblema di un riscatto più grande. Maradona a suo modo è riuscito ad essere il “riscatto” di una città intera. Il libro verte soprattutto su questo aspetto.
a questa mia vena narrativa basata sull’impegno civile. E’ una cosa in cui credo molto. Credo che il fumetto deve fare la sua, deve prendersi delle responsabilità. Anche noi autori facciamo parte di questo Paese, di questa società. Per quanto poco numeroso rispetto ad altri media, abbiamo la possibilità di parlare ad un pubblico ed è un dovere veicolare alcuni messaggi e mantenere viva la Memoria. Soprattutto per aiutare i più giovani a capire meglio il Paese in cui vivono. Questo non significa che poi non realizzerò mai un noir, un horror o un fumetto di fantascienza. Anzi, di sicuro proverò a lavorare anche su storie di genere. Una cosa non esclude l’altra.
Prima scrivo tutta la storia come fosse un testo teatrale. Dialoghi, didascalie e pochi accenni essenziali alla scena, agli ambienti e ai cambi pagina. Nessun riferimento a campi, piani narrativi, al numero di vignette. Non si tratta quindi di una vera e propria sceneggiatura. Molti dettagli visivi li disegno “in testa” e lì rimangono fino alla stesura della tavola.
Dopo aver completato questa fase di scrittura inizio direttamente con e tavole definitive. A volte scarabocchio qualche piccolo storyboard dove capita, solo per fugare qualche dubbio e per verificare che siano corretti i cambi pagina. Essendo sceneggiatore di me stesso non ho bisogno di molti passaggi lavorativi per avere le idee chiare su come mettere giù le tavole. E’ un bel risparmio di tempo.
Anche. Ma non è l’unico motivo. Mi spiego meglio.
Di sicuro non sono un autore interessato alla tecnica pura. Alla ricerca stilistica casomai, che è ben diverso.
Il tecnicismo fine a se stesso lo trovo stucchevole, allunga troppo la lavorazione di un volume e credo renda difficoltosa la lettura e la comprensione della tavola. Il fumetto per me è sintesi. E anche istinto. La storia deve scorrere in mano al lettore, deve poter accelerare e rallentare. Una tavola di Alex Ross o di Riccardo Federici, entrambi eccelsi disegnatori e pittori, incredibili conoscitori della teoria del colore, delle luci e delle ombre, la trovo molto bella da guardare, da ammirare. Ma per me il fumetto è un’altra cosa. Quando c’è troppa roba disegnata, troppe informazioni visive, c’è anche troppa staticità della pagina.
Che poi questa è una cosa che tendo a traslare anche in altre forme artistiche di cui sono solo spettatore, come la musica. Non ho mai amato generi come il prog ed il metal che si basano molto sulle capacità tecniche del musicista, sulla difficoltà del brano, sulle continue variazioni di tempo.
A me piace il tratto sporco e la sintesi, l’imperfezione anche, le atmosfere. Preferisco dare al lettore qualcosa di più “sincero” e di meno filtrato, di meno calcolato.
Non mi interessa ammaliarlo. Preferisco coinvolgerlo.
Ho abbandonato la china per questo motivo. Il disegno risultava più freddo, “senza anima” dopo il ripasso con i neri.
Lo trovo invece interessante quando non è solo un “ricalco” di quel che c’è sotto ma quando diventa essa stesso il disegno, come per grandi disegnatori quali Muñoz, Zezelj, Pratt, Toppi e Battaglia.
Insomma, se c’è una vera ricercatezza del segno trovo abbia senso, altrimenti, come nel mio caso (non sono mai stato un buon chinatore) preferisco mostrare al lettore la matericità e la vitalità della matita, senza pulirla troppo.
Quel tipo di tratto a cui fai riferimento ha sempre fatto parte del mio modo di disegnare.
Lo si può ad esempio ritrovare in Nuvole Rapide, il mio primo graphic novel (2009,2010 Edizioni Voilier). Durante la lavorazione di Etenesh però mi accorsi di aver bisogno di di qualcosa che fosse più personale, meno accademico. Ho cercato di estremizzare le proporzioni e le anatomie di alcune parti del viso come i nasi, diventati a volte molto grandi, e gli occhi, che invece si sono rimpiccioliti molto.
I personaggi ne hanno guadagnato in personalità ed espressività. Ho adattato questo tipo di character anche ai personaggi di Maradona, ma non con la mia figura. Volevo rimanere comunque umano, volevo creare un distacco rispetto ad altri personaggi del libro come a voler dire “io sono solo il narratore, non c’entro nulla con tutto il resto”. Non volevo “intromettermi” troppo.
Per quanto riguarda i lavori futuri il mio obiettivo rimane sempre lo stesso. Continuare a ricercare un tratto sempre migliore, diverso anche dal precedente e sperimentare, rimanendo comunque riconoscibile al primo sguardo.
Nei prossimi mesi mi dedicherò quasi esclusivamente alla promozione di Maradona anche se ovviamente qualcosa già bolle in pentola. Non riesco a stare fermo per troppo tempo dopo la pubblicazione di un libro a fumetti, anche se cerco di non avere troppa fretta e di ponderare con attenzione il progetto successivo. Per quanto riguarda il mercato italiano credo non ci siano troppe novità in vista. Continuerò la mia collaborazione con BeccoGiallo provando a proporre un nuovo lavoro che sia differente da tutto ciò che la casa editrice ha pubblicato fino ad ora, soprattutto per quanto riguarda tecnica e stile narrativo, senza però tradire la filosofia che è alla base del loro progetto editoriale e anche del mio essere autore “di impegno civile”.
Parallelamente sto iniziando a propormi sul mercato estero. Penso di avere tra le mani delle buone storie e credo che, dopo quattro libri pubblicati qui in Italia, i tempi siano maturi per provare ad “espatriare”.
Staremo a vedere che succede…
Diego Armando Maradona
Paolo Castaldi
Becco Giallo, 2012
208 Pagine, Brossurato – 15.00 €
ISBN: 978-8897555544
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