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Intervista a Paolo Fresu (Medimex 2014)

Creato il 04 novembre 2014 da Filippo Maria Caggiani @FilippoCaggiani

Intervista a Paolo Fresu (Medimex 2014)

Anche quest’anno si è tenuto a Bari il Medimex, la fiera dell’innovazione musicale che dal 30 ottobre al 1° novembre ha premesso agli operatori del settore musicale di incontrarsi tra stand, presentazioni di novità discografiche, showcase e dibattiti su argomenti musicali.

All’interno di questa fiera si è svolto il 30 ottobre un incontro sul tema Festival di jazz, turismo, sostenibilità ambientale, a cui ha partecipato, tra gli altri invitati, anche Paolo Fresu. Alla fine del dibattito ho avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con lui su quanto detto a proposito di questo tema, e quella che segue è l’intervista che ne è scaturita.

Oggi Parole di musica è al Medimex di Bari, e abbiamo il piacere di essere con Paolo Fresu. Paolo Fresu oggi ha partecipato all’incontro su Festival di jazz, turismo, sostenibilità ambientale. Quali sono le tue impressioni alla fine di questo incontro?

«Mi sembra buone: è stato un incontro partecipato, con interventi molto interessanti e molto giusti, su tematiche diverse, ovviamente, che mettono insieme musica (soprattutto jazz) con turismo e sostenibilità ambientale, quindi a questo punto trarremo un po’ di somme e vediamo un po’ che percorso prendere. Una parte del percorso ovviamente è già stata fatta, ma c’è ancora molto da fare. C’è molta buona volontà, c’è molto interesse, è un argomento estremamente nuovo – almeno per il jazz – importante e contemporaneo, per cui non ci fermeremo alle parole, ovviamente».

Secondo te qual è – se esiste – una specificità del rapporto tra jazz e turismo in Italia, e com’è la differenza rispetto ad altre situazioni all’estero?

«Il jazz è comunque una musica di qualità, è una musica che prevede un gusto estetico elevato. Questo secondo me è ciò che caratterizza anche il viaggiatore – visto che stamattina qualcuno ha detto che non si chiama più turista ma viaggiatore – di una fascia medio-alta, per cui credo che il jazz sia sinonimo comunque del senso del buon vivere, di qualità, sinonimo anche di incontri, di relazioni, di scoperte. Quindi io credo che il jazz si presti particolarmente per questo. In Italia forse, rispetto ad alcuni altri paesi, siamo partiti leggermente in ritardo, però abbiamo dalla nostra parte un paese straordinario che forse ha una ricchezza dal punto di vista ambientale, architettonico e storico che non ha eguali nel mondo, per cui questo ci serve per riflettere a fondo sulla necessità di sposare realmente queste ricchezze che il nostro paese ha, e che sono veramente fondamentali. Fare musica significa in qualche modo investire sui territori e sulla realtà locale. Il jazz, appunto, come dicevamo prima, è una musica che molto si presta in questo senso, quindi credo che la responsabilità degli organizzatori e delle manifestazioni – al di là dei problemi oggettivi di questo momento storico che conosciamo bene – sia quella non solamente di fare della grande musica, ma di renderla ancora più grande proprio nel legame con il territorio».

Hai avuto modo di fare un giro per gli stand? Qual è la tua impressione su questa manifestazione, in generale?

«Io in genere non amo molto le fiere, perché poi è sempre tutto difficile, ci sono troppe cose intorno, e in questo caso essendo una fiera di musica c’è troppo suono, e quindi questo non invita comunque alla riflessione, però è una fiera importante – l’ho detto stamattina in un’altra intervista – ben venga il Medimex quando permette alla gente di incontrarsi per discutere e dialogare su temi comuni. Il nostro Paese è lungo, e quindi alcune volte una fiera di questo tipo permette realmente quello che altrimenti sarebbe quasi impossibile o estremamente dispendioso durante l’altra parte dell’anno. Mi sembra una fiera molto interessante, io l’ho vissuta già lo scorso anno, e non ho avuto ancora modo di girarla, devo dire, ma lo farò magari questo pomeriggio».


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