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Remo Girone, figlio di emigranti in Eritrea, nasce il 01 dicembre 1948 ad Asmara, ove
trascorre parte dell’infanzia e partecipa ai suoi primi spettacoli teatrali recitando brani e poesie.
Successivamente si trasferisce a Roma e dopo aver completato gli studi superiori, si iscrive
all’università che poi abbandonerà (poco prima di conseguire la Laurea in Economia e Commercio)
per frequentare l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, diplomandosi in recitazione.
Da allora numerosi saranno i suoi impegni teatrali, cinematografici e televisivi.
Ma la sua popolarità si afferma a livello internazionale con la partecipazione alla fortunata
produzione televisiva La Piovra, di cui diventa personaggio fisso dalla terza alla decima serie, nel
celebre ruolo del freddo, intelligente e cinico Tano Cariddi.
Ho il piacere di incontrare l’attore Remo Girone nella sua casa a due passi dai Fori Imperiali.
Che sensazione hai provato quando sei arrivato in Italia per la prima volta?
La cosa che mi è rimasta più impressa è stata la mancanza di spazio: tutti mi dicevano: “Guarda
che bella questa campagna!” . ”Sì è bella” rispondevo io, ma sembrava un giardinetto rispetto
all’enorme estensione dell’Africa! Basti pensare che l’Etiopia e l’Eritrea hanno una superficie di
circa sei volte l’Italia ed all’epoca non erano per niente popolate: si potevano fare con la
macchina anche 100 km senza incontrare anima viva ed era una cosa impressionante.
Remo Girone attore nasce proprio in Africa…
Sì, ho iniziato dal collegio. Ad Asmara c’era un collegio che si chiamava La Salle, tenuto dai
Fratelli Cristiani, dove ho fatto la 5^ elementare e le 3 medie.
E lì appunto alle medie davano le medaglie. In condotta magari non avevo quella d’oro, ma
ogni volta che si facevano delle rappresentazioni, soprattutto di operette, prendevo sempre la
medaglia d’oro in recitazione! Successivamente ho frequentato la compagnia filodrammatica del
circolo universitario…e così è cominciata questa passione!
Qual è stata ad oggi la tua più grande soddisfazione artistica?
A dire il vero sono tante! La più recente è stata quando un paio di anni fa ho fatto una commedia in
teatro, “Fiori di cactus”, dove facevo ridere molto il pubblico.
Diciamo la verità, da me la gente non se l’aspettava e questa, in ordine di tempo, è stata una
grande soddisfazione!
Poi ora c’è questo film in lavorazione (Il Gioiellino, ndr) in cui interpreto la figura di Calisto
Tanzi, ma con un altro nome, e nella quale conto molto.
E presto uscirà sul primo canale nazionale tedesco una fiction in cui vesto i panni di Pio XII,
Papa Pacelli. Sono soprattutto delle belle sfide perché sono personaggi di un certo spessore.
Cinema, televisione o teatro?
Va bene tutto, l’importante è che siano cose interessanti da fare e che abbiano una consistenza,
ed in quel caso sono importanti i copioni. Di certo con il teatro è più facile non sbagliare perché
si tratta di copioni consolidati. Invece con la televisione è un po’ più rischioso, anche perché
copioni veramente belli non ce ne sono molti al giorno d’oggi: spesso si vedono personaggi fatti
a clichè, che non cambiano. I personaggi invece sono interessanti quando hanno un’evoluzione.
Nel tuo percorso artistico hai mai avuto un momento di difficoltà?
Ne ho avuti molti, soprattutto ebbi un momento di crisi molto forte quando dall’Accademia
Silvio D’Amico di Roma sono entrato nel mondo professionale: pensavo di non essere adatto a
fare questo mestiere. E quindi ho avuto una specie di esaurimento nervoso che mi sono trascinato
per qualche anno. Ma è stato superato e tutto è andato bene.
Insomma, il mondo professionale è molto diverso dal mondo della scuola. E’ più duro, più
competitivo, più difficile e quindi ho avuto qualche problema. Poi dopo ho conosciuto mia
moglie, è arrivato il successo con la Piovra e pertanto le cose si sono aggiustate da sé.
Però ci sono stati dei periodi in cui pensavo di aver sbagliato tutto e quindi...è stata molto dura sì!
Adesso parliamo della Piovra: come iniziò quest’avventura?
La casting mi chiamò dopo avermi visto in teatro e mi propose il ruolo di Tano Cariddi.
Iniziai a leggere qualche scena e scoprii che il personaggio non moriva.
Il regista però non fu subito convinto della scelta e pertanto mi fece 2 provini: il primo su Tano
Cariddi ed il secondo su un altro banchiere, interpretato poi da Adalberto Maria Merli.
Alla fine del provino su Tano Cariddi, il regista mi disse: “Guarda forse sei un po’ troppo grande
per la parte di Tano”. Ma finito il secondo, mi chiese quale ruolo avrei voluto interpretare.
Io gli risposi che avrei preferito fare Tano Cariddi perché non moriva, a differenza dell’altro.
E così fu.
I tuoi incontri più belli, nella vita e nel lavoro?
Mia moglie! Si può considerare il riassuntivo di tutti e due perché ci siamo incontrati nella stessa
agenzia per attori ed ora sono oltre 30 anni che stiamo insieme. Poi ci sono stati, per quello che
riguarda il lavoro, incontri importanti con registi importanti con cui ho lavorato, da ognuno ho
imparato qualcosa. Ed anche da qualche attore.
Qualche nome?
Per esempio Corrado Pani, che era un amico. Nel nostro mestiere non si finisce mai di imparare,
sia dai registi e sia dai colleghi, quando i colleghi sono bravi. Si cerca di capire come affrontano i
personaggi e quindi si ruba un po’ qui e un po’ lì, anche inconsciamente.
Un anno feci uno spettacolo con Albertazzi e ad un certo punto mi accorsi che certe cose di
Albertazzi le facevo anche io!
Nel mondo di oggi ti senti un cittadino sicuro?
Posso dire che non mi sento un cittadino insicuro!
Una curiosità sulla Piovra?
Sì, una curiosità con i poliziotti! Stavamo girando a Palermo la scena in cui mia sorella deve
mettere la bomba nella stazione di Palermo. Ad un certo punto mentre eravamo in mezzo alla
folla, c’erano dei poliziotti che si erano messi in fila per chiedermi l’autografo. Allora chiamai il
fotografo di scena e gli dissi: “Guarda che questa è una foto meravigliosa! Scatta questa foto con
tutti i poliziotti che vengono a prendere l’autografo da me!”. Poi purtroppo la foto non fu fatta
perché il fotografo poteva solamente scattare fotografie di scena…sarebbe stata una foto bellissima!
Un’altra curiosità simpatica fu quando dovevo andare ad una trasmissione di Pippo Baudo. In quel
periodo si doveva fare una dichiarazione all’anagrafe di non appartenenza alla mafia per poter
andare in Rai. Come se un mafioso dicesse: “Io non appartengo alla mafia!”.
Erano ancora gli anni de La Piovra e allora non potei non andare all’anagrafe con il fotografo,
che scattò la foto ed uscì dappertutto!
E poi quasi tutti i poliziotti che ho incontrato e che sono stati a contatto con quelle persone, mi
hanno sempre detto:” No guardi, lei è perfetto! Come lo faceva lei era proprio perfetto!”