Proseguiamo il giro di interviste agli autori di Crisalide che vi suggerisco di mettere in valigia per le vostre vacanze. Anche questa volta incontrerete una donna. Si chiama Rossana Pessione ed è un’autrice che ha molta dimestichezza con le parole scritte in quanto la scrittura e la comunicazione a 360° sono il suo lavoro da sempre. Questo lo si capisce bene dalle sue risposte che ci rimandano un ritratto fedele della nostra realtà editoriale e culturale. Leggere per credere.
Il tuo commovente racconto è il ritratto di uno spaccato di vita nella quale regna Tutto l’ordine possibile fino alla fine. Un racconto così realistico ed ispirato da dove proviene?
Proviene dall’angoscia profonda derivata dalla lunga malattia e dalla morte di mia madre, avvenuta proprio nei giorni in cui stavo scrivendo questo racconto. Io ero, io sono, profondamente legata a mia madre: la persona che probabilmente mi ha amato di più al mondo. La persona che continuo a dare il buongiorno ogni mattina quando mi sveglio, cui mando il bacio della buona notte prima di dormire. Questo racconto proviene da un legame che va oltre il limite della vita.
La crisi economica che annulla sicurezza, creatività, speranze, sogni e che rende difficoltosa anche la malattia non ci fa smettere di lottare, come Stella, la tua protagonista con velleità letterarie: l’arte, la scrittura ci possono salvare?
Credo ci possano consolare, in un certo senso anche salvare, ma è l’azione che ci salva veramente. Proprio in questi giorni ho conosciuto un giovane scrittore siriano Shadi Hamadi, autore de La felicità araba. E’ un libro che denuncia la drammatica situazione in cui vive il popolo siriano dopo la rivolta al regime. Il suo è un libro a metà tra il saggio e la storia della sua famiglia: tre generazioni perseguitate dalla dittatura. Fa riflettere, fa emozionare, fa capire, fa vedere quello che noi Occidentali non abbiamo voglia di vedere, ma se poi non passi all’azione, se non cominci a raccogliere latte in polvere per i piccoli profughi, se non mandi bende, garze emostatiche, antibiotici, cibo, insomma se non passi all’azione, la situazione non cambia.
Perché hai deciso di partecipare alla pubblicazione di Crisalide?
Perché mi è piaciuta l’idea, nata casualmente in un giorno d’estate, chattando in facebook: una cosa nata lì per lì, sembrava uno scherzo, quasi un divertimento o poi invece…
Lo rifaresti?
Certo che sì, è stato bello mettere insieme la passione comune di tante persone che neppure si conoscevano e veder nascere qualche cosa di concreto è stato quasi stupefacente. Gli autori hanno fatto molto, ma chi ha fatto di più è stato l’editore. Ha rischiato pur sapendo che se c’è un libro che non si vende è proprio l’antologia di racconti. Grazie Alessandro.
Di che cosa si occupa Omnia Group, la tua Agenzia di Stampa?
Si occupa principalmente di servizi per l’editoria: vendiamo servizi giornalistici, grafici e fotografici ai giornali nazionali, soprattutto ai periodici. Ma abbiamo sviluppato altri rami d’azienda che si occupano di promozione e comunicazione anche, ma non solo, in campo letterario. Abbiamo stretto partnership con diversi agenti letterari, quindi, quando è possibile, appoggiamo gli autori nella loro scalata verso i grandi editori. E poi scriviamo libri, talvolta come ghost writer.
La scrittura giornalistica completa la scrittura narrativa (o viceversa)?
Sono due cose completamente diverse. A meno di scrivere un saggio, oppure un libro che in realtà è l’insieme di servizi di costume, di colore, un po’ come fa Beppe Severgnini o come faceva un tempo Luca Goldoni, lo stile giornalistico è tutt’altra cosa rispetto allo stile letterario. Devo dire però che scrivere per mestiere spoetizza parecchio tutta la faccenda. Non riesco a pensare alla scrittura come una valvola di sfogo, anzi, accade proprio il contrario. Sono più di trent’anni che scrivo per lavoro e, se devo sfogarmi vado a nuotare.
Spesso si pensa che i giornalisti abbiano maggiore facilità rispetto a pubblicare, in realtà non è proprio così. Ti faccio un esempio che la dice lunga: come ghost writer io e i miei colleghi pubblichiamo per Mondadori, Sperling & Kupfler, Touring Club. Ma se presentiamo un manoscritto agli stessi editori firmato con il nostro nome, lo leggono, ti ricevono, ti fanno anche i complimenti, ma non lo pubblicano…
Ami anche la poesia?
Non credo ci sia qualcuno che non ami la poesia, il punto che sono pochi i veri poeti, troppa gente si improvvisa. Ho la sensazione che molti autori pensino che comporre una poesia sia una cosa facile: in fondo basta buttare giù delle parole, senza metrica, spesso senza senso, tanto tutto rientra nella cosiddetta libertà poetica…troppo comodo. Così ho finito per diventare molto diffidente, ma non della poesia, dei poeti.
Come sei arrivata alla scrittura e cosa rappresenta nella tua vita?
Ci sono arrivata seguendo il mio istinto. Che cosa rappresenta? La sola cosa, insieme ai miei figli, rimaste costanti nella mia vita. Tutto il resto o si è trasformato o non c’è più.
Cosa hai pubblicato e perché?
Ho pubblicato una diecina di libri ma ne ho firmati solo tre: tutti romanzi. I primi due li ho pubblicati da molto giovane, l’ultimo nel 2011 si intitola Grani di Sale. Per me scrivere non è mai stato un hobby, quindi ho sempre scritto per pubblicare e vendere. Non è cinismo il mio: è mestiere.
Cosa pensi dell’editoria italiana?
Tutto il male possibile.
È difficile essere scrittori nella nostra epoca e nel nostro paese?
E’ difficilissimo, quasi senza speranze. Pochissimi riescono a trasformare il talento in una professione. Secondo me una persona può affermare di essere uno scrittore solo quando la sua passione si trasforma in un lavoro che gli permette di vivere. Uno non può dire di fare l’attore se ogni tanto lo chiamano per una particina in un film ma per sbarcare il lunario deve fare il cameriere. Un mio amico che quando gli chiedono che mestiere fa risponde: il musicista. E’ vero: suona benissimo, fa i concerti e pure cd, ma per campare insegna musica alle medie…
Immagina di vivere in un luogo ameno e isolato dal mondo dove puoi portare solo quattro libri (non tuoi): cosa scegli?
Ecco, appunto, i miei li lasciamo a casa…però lasciami usare uno stratagemma: chiederei a un editore di editare tutta la saga di Monsieur Malaussène di Daniel Pennac (sono almeno 4 libri, forse di più) e fare lo stesso per la meravigliosa, commovente storia di Agnes Brown dell’irlandese O’Carroll Brendan. E siamo a 2. Poi il Gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach e il libro che mi ha cambiato la vita: Siddharta di Hermann Hesse.
Sei pronta, come scrittrice, per un’editoria unicamente digitale?
Anche sì, basta che gli editori tornino a essere tali, non dico che debbano diventare dei mecenati, ma almeno degli imprenditori veri, che sappiano rischiare, investire su un prodotto in cui credono. I libri invece, di carta o di pixel, restano sempre libri…