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Intervista a Stefano Serri, vincitore di NarrantiErranti

Creato il 25 febbraio 2012 da Temperamente

narrantierrantiCiao Stefano, e complimenti: il tuo racconto breve è stato selezionato dalla Redazione di Temperamente nell’ottava settimana di NarrantiErranti, quella in collaborazione con il nostro sito.

Il tuo racconto è parte di una serie di scritti che rispettano tutti i vincoli del concorso, ma che sono collegati fra di loro: come se tu avessi ‘visto’ le regole e ‘rilanciato’: si direbbe che tu concepisca la letteratura come una cosa molto seria ma non per questo meno divertente…

La parodia ha un’enorme portata ermeneutica. La variazione di una regola è alla base dell’arte, soprattutto musicale. Nel primo pezzo scritto per il blog curato da Diego Fontana avevo inserito, oltre ai termini in gara, anche narranti ed erranti. Per rilanciare, rispondo alle vostre domande senza superare le quattrocento battute, come da regolamento.

Sei anche autore di un libro di poesie: Rumore a sinistra (Incontri Editrice): l’attitudine alla scrittura di poesie ti ha agevolato nel rispettare le regole imposte dal concorso?

Ho scritto poesie di dieci pagine e racconti di tre righe: non è la lunghezza a qualificare la scrittura in versi, quanto la volontà di rendere compiuta ogni linea (ogni viaggio della mano), fino al sacrificio dell’a capo, lasciando molto inutile spazio bianco: si spreca carta, ma risparmi inchiostro. La poesia insegna le pause, a respirare.

Credi che l’orizzontalità della Rete premi sempre i più meritevoli o che aumenti la confusione fra letteratura e ‘fuffa’?

Orizzontalità non evoca piazze e democrazia, al massimo letti o tombe… Si banalizzano etica ed estetica con l’abuso dei termini amici, o mi piace (quel dito in su mi ricorda Nerone). Ma anche senza la Rete (vedi concorsi, festival, salotti) avere amici che dicono mi piace favorisce i riconoscimenti. In questo senso, pubblicità e giornalisti sono i più pericolosi.

Nel tuo racconto scrivi che «La lettura, e non la letteratura, è il respiratore che tiene in vita anche quello che è finito per sempre»: credi che i lettori, qualunque cosa leggano, contribuiscano alla persistenza della letteratura?

Preferirei un mio libro su un comodino che in cento scaffali.

In tutti i tuoi racconti parli della teoria di Walter Benjamin: la Rete è il corrispettivo contemporaneo della narrazione intorno al fuoco?

La Rete agevola lo scambio d’informazioni, ma non amplifica la riflessione né la contemplazione. E se l’informazione serve a persuadere e rispondere, la narrazione serve a incantare e interrogare. Non c’è neppure più il fuoco, nelle nostre comunità: bisogna rubarlo di nuovo agli dei.

Grazie!


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