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Intervista a Walter Lazzarin, aka SCRITTORE PER STRADA

Creato il 18 novembre 2015 da Temperamente

Una macchina da scrivere, un vestito un po’ sgualcito e un bel po’ di tenacia e sfrontatezza. Questo è Walter Lazzarin, lo scrittore per strada, che porta le sue storie in giro per le strade italiane, scrivendole seduto per terra, tra la gente che passsa, i turisti e i bambini incurositi.

Magari l’avete già beccato anche voi e chissà cosa ne avrete pensato – chi è quel folle? cos’è quest’idea? -; noi di Temperamente abbiamo deciso di incontrarlo, bando alle ciance e potere alla parola. 

La più scontata e iniziale di tutte le domande: come ti è venuta quest’idea di girovagare per le vie di Italia scrivendo?
Scrittore per strada nasce dall’idea per una storia. Avevo iniziato a progettare un romanzo in cui il protagonista fosse uno scrittore che andava in giro per l’Italia a vendere il proprio libro porta a porta. Poi, perché il racconto fosse credibile, mi sono informato sulle questioni economiche, fiscali e legali; quando ho capito che lo scrittore itinerante ce la poteva fare, mi sono chiesto: E se lo facessi davvero? Se lo facessi io, anziché delegare un personaggio?

Come hai costruito la tua mappa di incontri?
Ho scelto solo metropoli, perché altrimenti l’itinerario sarebbe risultato dispersivo e rischierei di perdere la possibilità che accada questo:

Giorno 1: Chi è il pirla che vende il libro per strada?
Giorno 3: Chi è il pirla che vende il libro per strada?
Giorno 21: Vado a conoscere il pirla che vende il libro per strada.

In ogni caso saranno mesi liquidi (per la gioia di Zygmunt), perciò l’itinerario potrà cambiare forma. Per esempio, se uno/a mi invitasse a casa sua per una settimana (promesso: mi laverò) o a parlare della mia “cosa” in un bar o sul tetto di una biblioteca, perché no?

Quanto durano le tue esibizioni? E soprattutto: non ti stanchi? 
Dipende. A volte sto in una piazza anche otto ore. Alcuni giorni invece mi è capitato di finire in un’ora e mezza le copie che avevo con me, e perciò ho lasciato il mio “ufficio” in largo anticipo. Stare ore, girare, portarsi appresso la valigia con la macchina da scrivere non è stancante: è spossante. Ma si è ripagati dal guadagno, e non parlo in termini economici. Sto raccogliendo storie, sorrisi, amicizie.

Qual è la cosa migliore e quella peggiore che ti sono accadute da quando hai iniziato a girare?
La cosa peggiore che mi è capitata finora è stata all’inizio; avevo la Olivetti fuori uso e ho provato a fare il W Cumprà (la W non è un errore). Mi sono avvicinato a dei ragazzi che mi hanno detto, senza giri di parole: Così non venderai una copia; è un approccio sgradevole, quando sei arrivato abbiamo pensato subito che eri un rompiscatole.
La cosa migliore? Tante. C’è chi è venuto a portarmi un dolcetto, chi un gelato, chi si è confidato. Una bambina mi ha regalato un disegno, una ragazza un bellissimo abbraccio.

Scusa la franchezza, ma… come fai a mantenerti?!
Coi libri! Ieri, per esempio, facendo la somma dei ricavi e togliendo la somma di spese di affitto, cibo (pizza e birra eh, non mi faccio mancare niente), eccetera, è pure saltato fuori un guadagno.

Da quanto tempo scrivi? chi sono i tuoi eroi della letteratura?
Scrivo dal 20 gennaio 2005. Non ho eroi, o idoli. Però ho un debole per Calvino.

Di cosa parla Il drago non si droga, il romanzo con cui è iniziata questa tua avventura?
È un romanzo di formazione ambientato a Rovigo, nell’estate 1990. La trama: Giacomo ha quasi otto anni, è arrabbiato con la mamma e decide di scappare di casa insieme al drago di peluche. Non ha paura di scoprire cosa succede di notte nei giardini pubblici, non ha paura dei drogati che incontra, non lo spaventa neppure che uno di loro conosca il suo nome e la data di nascita.
La mamma di Giacomo, invece, si spaventa parecchio quando si sveglia e si accorge che il figlio a casa non c’è.
Tra pianti e risate, fughe e inseguimenti, i protagonisti di questa storia (compreso il drago) capiranno qual è il sapore della libertà.

Com’era la tua vita prima di quest’avventura?
Era diventata una specie di giostra un po’ scontata: una routine panoramica. Insegnare mi piaceva parecchio, giocare a calcio nella mia squadra di sempre (di cui ero capitano) anche. Ma avevo bisogno di aria nuova. E di mettermi alla prova.

Cosa ti aspetti dal futuro?
Niente. Tutto.

Credi che ci sia davvero bisogno di azioni così forti per avvicinare la gente alla lettura?
Temo di sì. Almeno per quanto riguarda la lettura di narrativa.

Riesci a convincere i non lettori a leggerti, trasformandoli in lettori?
Sì, in questi giorni molti ex lettori hanno comprato il libro perché incuriositi e divertiti dal progetto. Poi, ovviamente, non so se continueranno a leggere dopo avere finito il mio. Mi piace sperare di sì.

Sembra incredibile, sembra un’assurdità e in parte lo è, ma Walter Lazzarin nel suo piccolo riesce in una piccola magia. Fa leggere qualcuno, avvicina i non lettori, va oltre la diffidenza. Che sia merito del suo drago? 


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