Classe 1986, dopo il diploma alla scuola Internazionale di Comics di Firenze, Alessandro Bacchetta ha pubblicato vari racconti per Bookmaker Comics Magazine, illustrato un libro su Pinocchio esposto anche a Tiferno Comics 2010 ed è stato finalista e vincitore di vari concorsi nazionali, tra cui Lanciano nel Fumetto e Lucca Project Contest. Lo abbiamo intervistato via e-mail, in occasione dell’uscita del suo primo graphic novel, “Una stanza tutta per tre”, una storia su Virginia Woolf edita da Nuova Prhomos Edizioni, presentata in anteprima con una mostra a tema all’edizione 2013 di Tiferno Comics. Due parole su di lui, sul fumetto e, naturalmente, sul suo libro, che abbiamo appena recensito.
Innanzitutto, una domanda su di te: qual è stato il percorso che ti ha portato a decidere di esprimerti con questo mezzo?
Il mese scorso per curiosità ho ricercato dei vecchi disegni di quando ero bambino, e in un quaderno ho trovato un tema in cui avevo scritto che avrei voluto fare il fumettista, e non il pittore, distinzione che mi ha reso felice. Sono sempre stato bravo a scrivere e disegnare, perciò il fumetto rappresenta la mia meta ideale, perché mi permette di non lasciare da parte nessuno dei due percorsi e, anzi, li fa interagire. A fine liceo, adorando la letteratura, ho un po’ vacillato verso la sola scrittura: per fortuna poi alla Scuola Internazionale di Comics sono entrato in contatto con fumetti e fumettisti di grande caratura, che mi hanno tolto ogni dubbio.
Passiamo alla scelta del testo: come mai la Woolf, per il tuo primo graphic novel?
È stato abbastanza casuale. Ho frequentato un corso di drammaturgia, alla fine del quale dovevo produrre un testo teatrale, e la scelta è ricaduta su di lei, perché volevo creare una tragedia che ricordasse la classicità per tono e impostazione, ma proponesse una figura moderna. E Virginia Woolf mi è sembrata perfetta. Una volta finito il testo, di cui ero soddisfatto, mi è venuto naturale adattarlo a fumetti.
Quali sono i tuoi altri riferimenti? Non solo letterari…
Ogni volta che trovo un’opera d’arte che mi piace o interessa tento di capire il perché, provo a comprenderne la forma, la composizione e il ritmo. Non importa che sia musica o letteratura, se mi piace provo a farla mia, a rubare qualcosa. Sicuramente i miei principali riferimenti sono scrittori, Eschilo, Wallace, Eggers, Camus, Murakami… ma pure la stessa Rowling, con cui sono cresciuto e grazie alla quale non sottovaluterò mai la potenza di un intreccio ben fatto. Amo Schiele, le sue dita nodose. Potrei continuare a fare elenchi per due pagine, ma non so quanto possa essere interessante! Chiudo coi Radiohead, perché non posso non citarli, la mia propensione e cambiare stile in base alla storia da raccontare credo derivi da loro.
Come hai approcciato questo primo lavoro? Prima la sceneggiatura e poi il disegno, viceversa, o..?
Come ho detto prima è nato come testo teatrale, quindi è venuta prima la sceneggiatura, per quanto diversa da una fumettistica… era composta da un insieme di dialoghi, con solo qualche breve cenno all’azione. Ci tengo a precisare, però, che è stata un’eccezione, pur essendo un’opera prima. Io di solito lavoro direttamente su una bozza di storyboard; per me il fumetto sono immagini che scrivono e parole che disegnano: separare le cose è contronatura, pur essendo comodo da un punto di vista seriale. L’insegnante più importante che ho avuto è stato Paul Karasik, che teneva il corso di storytelling a Firenze, e lui ha cementificato questa tendenza che avevo già dentro di me. I fumetti non vanno scritti, ma composti.
I fantasmi della Woolf hanno la forma di un pennino. Tu quale tecnica hai utilizzato e come mai la scelta è ricaduta sul bianco e nero?
Ho usato un pennello per le linee principali, passato in maniera selvaggia, delle pennine per i tratti più sottili e una matita molto grassa, quasi un carboncino, per le ombreggiature. Ho optato per il bianco e nero, pur abituato a usare i colori, perché mi sembrava adatto alla storia. Il bilanciamento tra bianchi, grigi e neri, e soprattutto il loro evolversi durante la storia, credo sia una delle chiavi del libro.
Nel tuo fumetto ci sono molte vignette mute: quanto possono parlare secondo te? Quale il giusto peso rispetto al dialogo?
Ce ne sono tante proprio per le origini teatrali del testo. È molto recitato, per cui in questo libro non sentivo l’esigenza di un narratore che dilatasse i silenzi. Volevo che la solitudine della scrittrice fosse amplificata in ogni modo possibile, che il silenzio diventasse quasi tangibile. Ma non esistono regole generali. Ci sono capolavori senza dialoghi, ce ne sono altri pieni di testo, l’importante è che siano pregevoli a livello estetico. Estetico, non visivo, eh. Personalmente valuto e agisco caso per caso.
Il tema di cui parli – la condizione femminile rispetto all’arte – è ancora attuale. Quali sono le tue considerazioni in merito?
Be’, sono cambiate diverse cose dai tempi della Woolf, almeno nel mondo occidentale, in piccola parte anche grazie a lei. E sono cambiate in meglio. Non credo che un uomo, oggi, abbia più possibilità di una donna di emergere in ambito artistico. Abbiamo grandi scrittrici, musiciste, pittrici… insomma, i tempi di “Una stanza tutta per sé” sono lontani, più lontani di quello che dicono gli anni. In generale sono molto più interessato alla qualità dell’arte che non all’artista, genere sessuale compreso, e credo che la questione femminile, anche nel nostro campo, sia principalmente politica. Le differenze di trattamento e gli eventuali veti provengono sempre dal contesto sociale e culturale, il tutto poi ha delle evidenti ricadute nell’arte, ma sono conseguenze appunto, non cause.
Quali obiettivi ti eri posto, scrivendo questa storia?
Di portarla a termine, cosa non scontata essendo alla mia prima esperienza sopra le 15 pagine. Di pubblicarla e di esordire con un libro di cui potessi non vergognarmi quando guarderò il mio curriculum tra qualche anno.
Quale ritieni essere oggi la funzione del fumetto biografico?
Non saprei! Per me l’arte, quando è valida, può parlare di qualsiasi cosa. Poco importa che il tema sia Virginia Woolf o uno scoiattolo volante. In questo senso le biografie possono essere più pericolose di altri racconti, perché facilmente sfociano nel pedante o nell’educativo, c’è sempre il rischio che il contenuto prevarichi sul resto. Bisogna stare attenti. Personalmente non considero il mio fumetto come una biografia, parla solo di un momento della Woolf, ed è a tutti gli effetti, a livello formale, una tragedia. Proprio per questo tra l’altro è stato rifiutato da uno dei più grossi editori francesi, senza fare nomi: l’editor, donna molto competente, mi ha scritto che era una storia troppo disperata, senza speranza, che non mostrava gli attimi di gioia del personaggio, cosa l’aveva resa felice in passato. Io le ho risposto che mi dispiaceva non pubblicare con loro (e vorrei anche vedere!), ma allo stesso tempo ero soddisfatto perché aveva percepito davvero quello che desideravo mostrare.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Racconti a parte, il mio prossimo grande progetto molto probabilmente sarà una graphic novel per Kleiner Flug. Sono anni che io e Alessio D’Uva cerchiamo qualcosa su cui collaborare, e l’occasione si è presentata da sola. Da quando ho scoperto che Raffaello è diventato “grande” proprio nella mia città, Città di Castello, ho desiderato realizzare una storia su di lui. Mi affascina che abbia respirato la mia stessa aria, che abbia camminato dove cammino io, che sia stato adolescente qui e che a due passi da casa mia abbia dipinto lo Sposalizio della Vergine. Alessio ha lanciato questa nuova, bella casa editrice, e il progetto calzava a pennello. Adesso sto lavorando allo storyboard. Ma, giuro, è solo un caso che mi occupi di due personaggi famosi in sequenza. Raffaello era in ballottaggio con un altro fumetto, al quale penso da diversi anni, di tutt’altro argomento. Sostanzialmente, senza saperlo, è stato Alessio a scegliere tra i due. Ma, presto o tardi, vedranno la luce entrambi.
Grazie, Alessandro.
Intervista realizzata via e-mail, dicembre 2013
Abbiamo parlato di:
Una stanza tutta per tre
Alessandro Bacchetta
Edizioni Nuova Prhomos, 2013
48 pagine, cartonato, bianco e nero – 12,90€
Isbn 9788897900993
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