Eccoci ancora una volta in compagnia di Alessandro Gallo, giovane scrittore napoletano, attore e autore di testi teatrali, curatore editoriale della casa editrice Caracò, da lui stesso fondata, e tanto altro ancora. Di recente abbiamo recensito il suo ultimo romanzo Andrea torna a settembre, uscito per i tipi di Navarra Editore.
1) La prima curiosità, quando ho ricevuto il tuo libro è stata: perché pubblicare con una casa editrice diversa dalla propria, anche se la prima che ha segnato, per te, il debutto nella scrittura letteraria? Ti hanno spinto motivi affettivi, legati al tuo primo romanzo?
Preferisco sempre non far scontrare la mia attività di editore con quella da scrittore.
Con la Navarra Editore ho un profondo legame e credo sia giusto dare il 100% come autore, senza distrazioni. Caracò nasce per sostenere altri scrittori, sposare altri progetti che non siano personali.
2) Come già accennavo nella recensione, mi ha colpito il nome della protagonista. Andrea è un nome unisex, anche se in Italia è prevalentemente maschile: scelta strategica?
Vi svelo un retroscena: fino a metà romanzo Andrea non aveva sesso (per questo il nome unisex). Ho scelto il sesso solo quando ne ho sentito l’esigenza.
3) Continuo a credere che la scrittura dei tuoi romanzi sia fortemente influenzata dal “mestiere teatrale”. Sembra che i tuoi personaggi siano su un palco, più che su pagine di un libro e questo rende tutto più conciso e in un certo senso di maggior impatto…
É cosi. Io dico sempre che mi sento più un narratore che uno scrittore.
4) Andrea, per buona parte del romanzo, non ha alcun interesse per quanto accade attorno e, a volte, anche verso se stessa, quasi accettasse ineffabilmente il “destino” di certe zone geografiche e l’agire consolidato che le caratterizza. Cosa può fare allora un libro?
Un libro è uno strumento utile a far riemergere racconti e fatti di cronaca ormai cancellati dall’opinione pubblica. Può e deve esercitare memorie con lo scopo che il presente sarà diverso dal passato. Andrea credo sia tutti noi: il non volere ammettere gli errori fatti e in non voler prendersi le proprie responsabilità.
5) Anche tu sei andato via dalla tua terra, ma continui a mantenere legami significativi e ad occupartene, a distanza. Che cosa dire, invece, a chi resta?
Napoli è presente in quel che scrivo a teatro e il quel che scrivo nei libri. Seppur lontano fisicamente, la mia anima è li, tra quei vicoli. Scappare implica convivere con la sofferenza di non ritornare più, io ci ritorno sempre, settimane al mese lavoro nei quartieri più disagiati e, se non fosse così, la mia scrittura servirebbe anche a questo: ad essere, seppur distante, presente.
Che dire a chi resta? Non vergognarsi delle proprie paure, siamo uomini. Se non si ha il coraggio di lottare almeno fate il possibile per dare gli strumenti giusti a chi può farlo per voi.
Ringraziamo Alessandro, che in questi giorni è in giro per l’Italia con Andrea e non solo.
Alla prossima!