(pubblicato su Develop.med dell’Istituto Paralleli)
Continua l’inchiesta di DevelopMed sull’internazionalizzazione in tempo di crisi. In questo numero ospitiamo l’intervista alla Pirelli, in Turchia dal 1960, oggi con la fabbrica più grande del gruppo in un’area che considera “strategica”.
Nel 2011, l’interscambio tra l’Italia e la Turchia ha segnato un significativo balzo in avanti: 21,3 miliardi di dollari in totale e 28% in più rispetto al 2010 (export: 13,45 miliardi, +32,6%; import: 7,85 miliardi, +20,7%), con la conferma del quarto posto tra i partner commerciali di Ankara. Gli investimenti sono in costante aumento (110 milioni di dollari nel primo semestre del 2012, +189% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente), le imprese attive in Turchia sono ormai quasi mille; l’ufficio commerciale della nostra rappresentanza diplomatica sta realizzando un’indispensabile mappatura della presenza italiana in Turchia, i cui contorni al momento non sono sufficientemente chiari: le cifre periodicamente fornite dalle istituzioni italiane e turche, infatti, non sempre concordano.
Per dar conto di questa variegata presenza, abbiamo pensato di realizzare una serie di interviste con alcune aziende del nord-ovest: sia alcune che da più decenni operano in Turchia, sia altre appena arrivate; sia grandi colossi industriali, sia piccole e medie imprese. L’obiettivo è di mostrare come le imprese internazionalizzate – ma non senza difficoltà – resistono meglio alla crisi: come la Pirelli, impiantata a Izmit (sul mare di Marmara non lontano da Istanbul, l’antica Nicomedia) dal 1960, il cui Chief Commercial Officer – Andrea Pirondini – ha gentilmente risposto alle nostre domande.
In un periodo difficile come questo, qual è la strategia di un’azienda internazionale come Pirelli per resistere alla crisi?
Sono due le strade che Pirelli ha percorso – già da tempo – per essere competitiva sui mercati mondiali, anche in uno scenario di difficoltà: da un lato, rafforzare la presenza industriale nelle economie a rapido sviluppo seguendo una logica “local for local” che adegua la produzione alla tipologia della domanda della regione, beneficiando inoltre di minori costi logistici, assenza di dazi doganali e oscillazioni valutarie; dall’altro la focalizzazione del prodotto sul segmento alto di gamma e a elevato contenuto tecnologico. Una strategia che ha già dato importanti risultati – nel 2011 Pirelli ha registrato ricavi pari a 5.654,8 milioni di euro, in crescita del 16,6% rispetto al 2010 – e che ha posto le basi per la conquista della leadership mondiale nel “segmento Premium” (pneumatici ad alta performance per le autovetture di fascia alta) entro il 2015.
In quali paesi Pirelli ha deciso di investire?
Il piano di sviluppo internazionale di Pirelli prevede la focalizzazione nei paesi ad alto potenziale di crescita, soprattutto nel segmento Premium. È in questa direzione che si inseriscono i progetti di espansione in Russia, in Messico e in Indonesia. In Russia Pirelli ha già investito 222 milioni e altri 200 sono previsti entro il 2014 per il miglioramento dei siti produttivi e lo sviluppo del business. In Messico, paese sbocco per tutto il mercato dell’area Nafta, ha inaugurato una delle fabbriche del gruppo tecnologicamente più avanzate, con un investimento complessivo di 400 milioni di dollari al 2017. In Indonesia, inoltre, saranno investiti 90 milioni di dollari per una fabbrica di pneumatici moto da 7 milioni di pezzi l’anno a regime.
Parliamo della Turchia. Da quanto tempo siete presenti nel paese?
Pirelli è presente in Turchia dal 1960, a Izmit, con uno stabilimento industriale che produce otto milioni di pezzi l’anno. Oggi è la fabbrica più grande del gruppo, nonché quella che dal 2011 realizza circa 50mila pneumatici per la Formula uno, oltre che una linea per pneumatici truck e una auto. Il polo industriale, che comprende uno stabilimento steel-cord (cordicelle d’acciaio per pneumatici), è attivo da oltre venticinque anni e si estende su una superficie di 340 mila metri quadrati, impiegando 1.800 persone.
Perché Pirelli ha deciso di investire in Turchia?
Per Pirelli la Turchia rappresenta un’area strategica. Il gruppo, nell’ultimo decennio, vi ha infatti investito circa 170 milioni di euro: e la produzione della fabbrica di Izmit rifornisce i principali mercati europei e il Medio Oriente.
Quali sono gli obiettivi di Pirelli in Turchia?
L’obiettivo di Pirelli è di continuare ad avere una presenza forte nel Paese e la scelta di produrre a Izmit i pneumatici per la Formula 1 ne è la dimostrazione: un lavoro svolto in sinergia con il centro preparazione gomme sportive Pirelli di Burton on Trent, nel Regno Unito.
E i risultati?
Nell’area Mea (Medio Oriente e Africa), cui appartiene lo stabilimento turco, Pirelli punta a variare la capacità produttiva a favore del “segmento replacement” (la sostituzione degli pneumatici delle vetture già in circolazione), a migliorare il mix produttivo e a rafforzare la vendita retail. Al 2014 Pirelli prevedere ricavi nell’area pari a circa 600 milioni di euro dai 530 del 2011, con una crescita media annua pari al 4%.
Quali sono i benefici e gli svantaggi dell’operare in Turchia?
La posizione geografica vantaggiosa, uno snodo tra i paesi del Mediterraneo, la Russia e l’Asia centrale, è certamente un elemento importante da considerare. A rendere attraente il Paese sono anche le misure recenti avviate dal governo per attrarre gli investimenti stranieri come zone franche, assenza totale di tassazione sui redditi societari e personali, dazi azzerati, la creazione di distretti industriali destinati alla produzione di prodotti ad alto contenuto tecnologico. Un rischio è sicuramente quello dell’oscillazione valutaria: nell’ultimo periodo l’inflazione è stata alimentata dalla svalutazione della lira turca che ha causato un’impennata dei prezzi dell’energia, pagata in dollari.
Come valuta l’andamento dell’economia turca?
La Turchia è un paese che sta vivendo un rapido processo di modernizzazione, con una economia effervescente che nel 2011 ha registrato una crescita dell’8,5% – una delle più alte al mondo – e nel 2012, secondo le previsioni del Fmi, dovrebbe continuare a crescere con un tasso intorno al 3%, nonostante il momento difficile.
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