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Intervista con Lo Bianco e Stassi: Bau & Woof, il Giornalino e i fumetti per bambini

Creato il 29 giugno 2011 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
Questo articolo è la parte 4 di 5 dello speciale: Bambini che leggono fumetti

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Fabrizio Lo Bianco e Claudio Stassi realizzano insieme un fumetto particolare, Bau & Woof, pubblicato mensilmente su Il Giornalino delle ed. Paoline. Si tratta di brevi racconti muti, per bambini piccoli, che giocano sull’immaginario e i rapporti semplici, casuali, preziosi che nascono negli incontri tra bambini. L’intervista che vi presentiamo è un’occasione per parlare del fumetto per bambini, delle sue caratteristiche e del suo stato di salute.

Ciao Fabrizio, ciao Claudio. Iniziamo da una definizione. Come definireste il fumetto per bambini? Quali caratteristiche dovrebbe avere secondo voi? Di quale età stiamo parlando?

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CLAUDIO: Parlare oggi di target per bambini non è assolutamente facile. Le nuove generazioni sono diverse dalle nostre, più smaliziate, più ricettive. Attorno a loro è un continuo bombardamento di media e nuovi prodotti che si rinnovano continuamente. Credo che ancora oggi però, il fumetto per bambini possa dare quelle stesse sensazioni che noi avevamo quando leggevamo le storie di Geppo, di Soldino o di Tiramolla. Mondi immaginari dove si correva con la fantasia, con la curiosità, l’allegria e soprattutto con tanta tanta ingenuità.
FABRIZIO: Il fumetto per bambini è come quello per adulti (in fondo utilizza gli stessi codici) ma lo devi scrivere e disegnare in ginocchio. Non per penitenza, ma per metterti all’altezza dei più piccoli, vedere il mondo con la loro prospettiva. Uno dei pochi casi in cui abbassarsi è sinonimo di elevarsi. È un fumetto nel quale non devi dare nulla per scontato. Nella narrazione, le immagini hanno un valore preponderante e tutto quello che viene detto nel testo – sempre che ce ne sia uno – necessita di essere mostrato. Riguardo all’età, io per fumetto per bambini intendo quello che si rivolge sia ai più piccoli (3-5 anni) sia a quello successivo, dai 6 agli 8 anni. Nel primo caso devi cercare di costruire le storie in modo che siano comprensibili anche senza testo. Nel secondo puoi osare di più e ricorrere anche all’ironia. Riguardo alle altre caratteristiche, io credo che dovrebbe essere un prodotto bambinocentrico e non adultocentrico. Spesso nel fumetto, ma anche nella narrativa per l’infanzia, si confeziona invece un prodotto sulla base di quello che vogliono (o si presume che vogliano) i genitori, che poi sono di fatto i consumatori, quelli che acquistano o meno il prodotto finito.

L’elemento educativo deve essere presente, secondo voi? Deve prevalere sugli altri? Come trovare il giusto equilibrio tra educazione, intrattenimento, emozione, innovazione…?
CLAUDIO: Il fumetto per bambini non credo debba essere necessariamente educativo, al massimo deve essere educato. Credo che un fumetto per bambini debba principalmente coinvolgere il lettore tanto da affezionarsi ai personaggi e alle storie che si raccontano sulle sue pagine. È sicuramente una forma d’intrattenimento che può e deve innovarsi perché parla a un pubblico diverso ogni volta.
FABRIZIO: Non so se ci sia un modo per trovare il giusto equilibrio. Di solito io scrivo il soggetto senza pormi troppi problemi. Poi mi domando che cosa sto comunicando con quella storia, se c’è un tema morale e quanto possa essere mediato. Cerco di evitare di essere didascalico o di fare prediche. Se voglio fare una storia sul bullismo a scuola, evito di dire in un balloon o in una didascalia “Ragazzi, il bullismo fa schifo”: cerco piuttosto di mostrarlo attraverso gli eventi di una storia che tratta questo argomento. L’intrattenimento e l’emozione sono fondamentali per tenere desta l’attenzione del lettore.

Intervista con Lo Bianco e Stassi: Bau & Woof, il Giornalino e i fumetti per bambini> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="164" width="207" alt="Intervista con Lo Bianco e Stassi: Bau & Woof, il Giornalino e i fumetti per bambini >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-31270" />Perché un autore di fumetti dovrebbe fare fumetti per bambini. Qual è il gusto particolare che si può trovare in questo tipo di laboratori artistici?
CLAUDIO: I fumetti che ho fatto finora, anche se di differente stile grafico, sono tutti indirizzati anche a un pubblico giovanile. In Per questo mi chiamo Giovanni ad esempio un padre spiega ad un bambino di dieci anni cosa è la mafia attraverso la vita del Giudice Falcone. Molti ragazzini hanno letto questo fumetto e dalle loro lettere ho capito che quel libro gli è stato d’aiuto.
Con Bau & Woof sono io il primo a divertirmi. Quando devo disegnare una scena faccio le facce allo specchio per capire come esprimerla o mimo una posa buffa per capire come muovere un personaggio. Visto da fuori posso sembrare abbastanza fuori di testa, in realtà mi diverto un sacco.
FABRIZIO: Scrivere questo genere di fumetti è divertente. Ti dà modo di ripescare le emozioni che provavi leggendo i primi fumetti e i libri illustrati. È bello provare a ricreare quelle sensazioni e proporle ai bambini di oggi. Forse il gusto particolare sta nel fatto che ti confronti con un mondo in cui esiste ancora il senso della meraviglia: i bambini sono lettori attenti, competenti e, per fortuna, mancano ancora del cinismo degli adulti.

Bau & Woof è una tavola umoristica che compare regolarmente sul Giornalino. Come avete avviato la collaborazione con questa storica rivista per bambini?
CLAUDIO: Avevo disegnato dei personaggi buffi come protagonisti dei bigliettini d’auguri che realizzavo per la mia compagna (Natale, compleanno, etc.). Cominciai a disegnarne altri nei ritagli di tempo. Era rilassante e stranamente uscivano spontaneamente, chissà, forse una reminiscenza della mia infanzia.
Un giorno, ad Angouleme mostrai i miei disegni a Fabrizio, e mi propose di realizzare un progetto assieme, eravamo d’accordo soprattutto sul fatto che realizzassimo tavole mute (una bella sfida). Da lì nacquero Bau & Woof. Adesso è da un anno che appaiono sulle pagine del Giornalino, una rivista che leggevo da ragazzo e che amavo. È stata una bellissima emozione vedermi su quelle pagine.
FABRIZIO: Io pubblicavo già col Giornalino le tavole di Paky (un personaggio creato con Bruno Olivieri) e, su G Baby, Bruno (ideato con mia moglie Cinzia (Cuncu, ndr.) e disegnato da Luca Usai), per cui mi è sembrato naturale proporre Bau & Woof ai Periodici San Paolo.

Raccontate ai lettori de LoSpazioBianco.it qual è l’idea di Bau & Woof?

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CLAUDIO: Si tratta di singole tavole autoconclusive o. nella migliore delle ipotesi, piccole storie da 2/5 tavole. La storia è molto semplice: in una fattoria vivono un cane con una macchia bianca sull’occhio e un lupacchiotto dal naso gigante. Non parlano, il loro unico modo per esprimersi è con gesti e simboli che dentro la vignetta sintetizzano un discorso. Inoltre (da lì il nome della serie) il cagnolino si esprime con un’unica parola: BAU! E il lupacchiotto con il suo WOOF!
FABRIZIO: Aggiungo solo che il fatto che non possano usare le parole è un’idea che ci costringe a soluzioni creative e, spero, divertenti. Un’altra caratteristica delle storie è la vena surrealista, che ci dà modo di ricorrere a espedienti un po’ eccentrici. Per esempio, c’è un episodio di una sola tavola in cui Bau & Woof si contendono una coperta mentre guardano la tv sul divano. Bau ha la meglio e sottrae la coperta all’amico. A questo punto, Woof afferra la pagina del fumetto fuori dalla vignetta e la strappa per coprirsi con la carta.

Artisticamente, da dove nasce Bau & Woof? Come avete elaborato il progetto e quali riferimenti artistici avete tenuto presente?
CLAUDIO: Nasce da entrambi. Dalle chiacchierate su Skype, al telefono, davanti a un caffé nelle fiere. Abbiamo buttato giù delle idee per dei soggetti, poi abbiamo sviluppato un paio di storie, abbiamo affidato a Elena Sanjust il colore della serie che ha creduto quanto noi in questo progetto, poi quando avevamo pronto il book di presentazione, l’abbiamo mostrato a Stefano Gorla e a Roberto Rinaldi che ci hanno dato l’OK e abbiamo iniziato subito a fare delle altre storie.
FABRIZIO: L’idea di partenza è comunque di Claudio. Insieme abbiamo poi definito meglio i caratteri dei protagonisti e dei comprimari (Truf e Track, due animali un po’ cialtroni e Cecilia, una micia che del quintetto di personaggi è quella che ha la testa sulle spalle). Abbiamo cercato di tenere a mente alcuni elementi che secondo noi continuano a interessare i bambini di oggi come quelli di ieri: i giochi all’aria aperta, il “facciamo che” (i giochi di ruolo), l’avventura. Aggiungerei che i protagonisti, come molti bambini, hanno un’abilità straordinaria nel cacciarsi in situazioni assurde e, talvolta, potenzialmente pericolose. Come riferimenti, quando ho bisogno di ricaricare il bagaglio di idee (ri)leggo Calvin & Hobbes, Pogo (anche se è un po’ adulto rispetto al nostro genere), Mafalda e un volumetto della Disney che raccoglie le prime, eccezionali, storie di Paperino Paperotto. Di recente ho scoperto Ernest & Rebecca e per me è diventato un altro interessante punto di riferimento.

Intervista con Lo Bianco e Stassi: Bau & Woof, il Giornalino e i fumetti per bambini> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="353" width="250" alt="Intervista con Lo Bianco e Stassi: Bau & Woof, il Giornalino e i fumetti per bambini >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-31267" />Il tratto di Claudio, oltre alla lunga tradizione dei funny animals Disney sembra rifarsi in parte anche alla tradizione delle strisce umoristiche statunitensi classiche. È corretto? Esiste piuttosto una scuola italiana di fumetti per bambini a cui fare riferimento?
CLAUDIO: Ho sempre amato le strisce degli anni ’30 (ne ho anche qualcuna nella mia collezione). In particolare adoro il segno morbido di Chester Gould, la sintesi di Verne Green e la narrazione di Schulz. Non so esattamente se mi hanno ispirato nell’elaborazione di Bau & Woof, ma sono delle straordinarie guide per chi vuole realizzare graficamente un fumetto per bambini.

Torniamo all’educazione. Dividerei due canali educativi: quello in senso stretto riferito alle cose del mondo; quello specifico di educazione alla lettura del fumetto. Nel primo caso, come sviluppate l’idea di educare i bambini alle cose del mondo? Sollecitando esperienze comuni (le costruzioni, le lettere, i numeri, le relazioni di gioco, …) o veicolando anche qualche specifico messaggio valoriale?
CLAUDIO: Ripeto, non realizzo le storie di Bau & Woof con l’intento di dare un’educazione. Questo credo sia un lavoro che spetti alle famiglie e alla società scolastica. A me piace pensare che con le nostre storie il bambino si emozioni, si diverta, si arrabbi magari ma, soprattutto, che s’incuriosisca. La curiosità è il fulcro dell’ingegno e oggi giorno credo sia bene tenerlo vivo.
FABRIZIO: In questi giorni sto scrivendo un fumetto per bambini dichiaratamente educativo: in questo caso è il committente – una ONG – che mi chiede una storia che spieghi i valori del committente stesso ai lettori più piccoli. In questo caso lo sforzo consiste nel veicolare quei valori attraverso un’avventura il più possibile coinvolgente e appassionante, in modo da non confezionare un mattone didascalico e illeggibile. Però, a parte questo caso particolare, non mi pongo l’obiettivo di educare quando scrivo fumetti per bambini. Al limite, in fase di bozza del soggetto mi domando se nella storia sta emergendo un tema morale e se è rispettoso dei bambini. Nel caso di Bau & Woof, il tema morale è la crescita attraverso l’amicizia tra i due protagonisti. Sono capaci di litigare perfino sulle stelle (nel senso che le raggiungono e riescono a litigare anche lì), ma poi sono profondamente legati tra loro. Per rappresentare questa amicizia così conflittuale attingiamo da piccole sfide quotidiane comuni a tanti bambini: chi corre più veloce, chi costruisce il castello di sabbia più bello, chi resiste a leggere un racconto dell’orrore… tutto diventa spunto per sviluppare delle gag che mettano in luce i caratteri dei protagonisti.

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Quindi è possibile pensare a un fumetto per bambini che sia oltre qualunque contenuto educativo? La redazione del Giornalino non vi ha posto alcun vincolo in questo senso? L’orientamento cattolico della rivista delle Edizioni Paoline influisce in qualche modo sulle vostre scelte? Come Vincolo? Possibilità? Mono-culturalità? Pluralità di approccio?
CLAUDIO: Con le storie su Il Giornalino ho la possibilità di investigare nuove soluzioni grafiche. Non mi è successo di avere censure o limiti da parte della redazione. Padre Stefano Gorla è una persona molto competente. Conosce molto bene il mondo del fumetto e questo ti permette di lavorare con professionalità a stretto contatto con la redazione.
FABRIZIO: Non so se possa esistere un fumetto per bambini che vada oltre qualunque contenuto educativo perché nessuna opera di narrazione è mai neutra. C’è sempre una morale. Al limite, ci si potrebbe chiedere se possano esistere storie per bambini dai contenuti diseducativi. Purtroppo penso di sì.
Nel rapporto con Il Giornalino, non ho mai avuto vincoli, anzi. Pur essendo una testata confessionale, è in questo assolutamente laica. D’altronde è il settimanale che pubblicava le storie del Commissario Spada, fumetti che parlavano – per esempio – di terrorismo in pieni anni di piombo.

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Il secondo tema educativo è quello riferito all’alfabetizzazione fumettistica, ovvero all’educazione alla lettura di fumetti, come forma di comunicazione. Il linguaggio di Bau & Woof è particolare, gioca per lo più sul disegno, essendo i testi quasi assenti. Comunicazione non verbale, messa in scena dei personaggi, linguaggio iconico. Un approccio pienamente fumettistico, direi.
FABRIZIO: Totalmente fumettistico. Devo dire, anche in questo caso, che la scelta del linguaggio è nata quasi per caso, dalle chiacchierate tra me e Claudio. Il ricorso al linguaggio iconico, se usato in modo inappropriato, complica la lettura e rischia di alterare il senso di una scena. Devi quindi cercare di essere il più possibile pulito nei passaggi logici. Dal punto di vista della sceneggiatura, scrivere tavole di questo tipo è più difficile di quelle tradizionali in cui puoi spiegare un concetto attraverso un balloon o una didascalia.

Per i lettori, quali sono le richieste principali che rivolgete loro nella decodifica e interpretazione del vostro lavoro? Per esempio, ritenete che la mediazione di un adulto sia utile, necessaria? Fino a che età?
FABRIZIO: Un minimo di educazione all’immagine è richiesta. D’altronde, chi non ce l’ha difficilmente è interessato al fumetto. Bau & Woof può interessare sia i lettori di fascia prescolastica, per la preponderanza pressoché totale dell’immagine sul testo (e in questo caso la mediazione dell’adulto può aiutare), sia i bambini dai 6 agli 8 anni, che cominciano a coglierne il lato surreale.

Intervista con Lo Bianco e Stassi: Bau & Woof, il Giornalino e i fumetti per bambini> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="173" width="221" alt="Intervista con Lo Bianco e Stassi: Bau & Woof, il Giornalino e i fumetti per bambini >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-31264" />Allarghiamo il campo. Come vi sembra la scena propria del fumetto per bambini? La tradizione italiana, per molti anni ricca e varia, appare oggi molto contratta, quasi assente, escluse alcune serie storiche (come Topolino o appunto il Giornalino). Perché? Perché per esempio, a differenza di altri paesi, si fatica a sfruttare il traino commerciale del merchandising multimediale derivante dai cartoni animati o da altri prodotti simili?
CLAUDIO: Credo che il fumetto per bambini sia stato per anni uno dei più importanti nel mercato italiano. Poco tempo fa ci sono state delle bellissime serie a fumetti che avrebbero potuto portare nuovi lettori al mercato, penso ad esempio a Monster Allergy soppresso proprio quando in tv stava iniziando la serie animata, penso a Wondercity interessantissima serie chiusa preventivamente. Oggi il mercato si limita a quei titoli che tu citavi (Topolino, Il Giornalino e G Baby). Certo c’è anche Linus che ha sempre avuto come Rat-Man un pubblico a largo spettro.
Ma non basta.
Ci vorrebbe un po’ più di coraggio da parte degli editori italiani e arrivare a quel pubblico che oggi è più complicato raggiungere, appunto i ragazzi, ma che sono anche i lettori di domani. Sembra una frase fatta, ma è così.
FABRIZIO: La Rainbow mi sembra che riesca a sfruttare bene il traino commerciale di cui parli. Lo ha fatto con le Winx e adesso lo sta facendo con le PopPixie. Certo, è la classica eccezione che conferma la regola.
Non so perché le cose non vanno come dovrebbero. Vedo comunque che, nonostante le difficoltà del mercato dell’editoria, la crisi, ecc., Il Giornalino non solo non sta perdendo lettori ma – proprio in un periodo come questo – ne ha acquisiti di nuovi. Ed esce in Italia. Se posso azzardare un’ipotesi sulla base di questa esperienza, direi che molto dipende dal coraggio di innovare, mettere alla prova nuovi autori, rischiare. Leggendo Ernest & Rebecca mi sono chiesto quanti e quali editori italiani avrebbero creduto in una storia in cui un microbo untore è il migliore amico della protagonista e una delle sottotrame principali è la separazione tra i suoi genitori.

Eppure, se facciamo un confronto con le numerose e interessanti produzioni di racconti illustrati per l’infanzia, il fumetto ha oggi una visibilità e una produzione quasi invisibile. Dove sta principalmente il problema, secondo voi? Non c’è interesse da parte degli editori o non ci sono proposte interessanti da parte degli autori?
CLAUDIO: Non c’è conoscenza da parte dell’editore del mercato per ragazzi perché sono pochi i prodotti che arrivano a quel target. Fare un bonellide è già stata provato, funziona da sempre, è un prodotto che sai di poter piazzare e di poter vendere. Perché è già stato testato, apprezzato e ha il suo pubblico. Poi se la storia è forte (vedi John Doe) funziona e va avanti altrimenti chiude e si prova con qualcos’altro. Il fumetto per bambini è difficile anche soltanto da progettare, figuriamoci poi da distribuire o da promuovere. Ci vorrebbe dietro uno studio di marketing e un ufficio stampa che non tutte le case editrici hanno. Ci sono tante offerte da parte degli autori. Ho visto progetti bellissimi che però in Italia sarebbe impossibile piazzare proprio per il motivo che citavo sopra. Le idee non mancano, ci vorrebbero i capitali.

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Si dice spesso che il fumetto per l’infanzia potrebbe essere un volano per sviluppare nel futuro il fumetto come mezzo di comunicazione. È un’idea sensata secondo voi, o una parte marginale di quella che da decenni chiamiamo crisi del fumetto?
CLAUDIO: La crisi del fumetto è lo specchio della società in cui viviamo. Se la famiglia è in crisi taglia i beni secondari (fumetti, libri, musica, film…), e hanno anche ragione, come dargli torto.
La crisi del fumetto è data dal fatto che deve rinnovarsi. Deve prendere coscienza del fatto che il meccanismo editoriale che ha funzionato finora, adesso non funziona più. Ci sarebbe bisogno di una modifica nel sistema distributivo favorendo ad esempio le fumetterie con le rese, bisognerebbe ragionare su nuove forme di promozione del libro non limitandole semplicemente alle presentazioni nelle fiere, sarebbe opportuno portare nelle scuole il fumetto non solo con corsi sporadici ma con seminari e incontri periodici, al fine di sensibilizzare i bambini a questa forma di lettura.

State lavorando ad altri progetti per bambini? In quale direzione si muovono? Il taglio è sempre umoristico e cartoonesco? Quali vi sembrano ad oggi gli editori più interessati a questo tipo di progetti?
CLAUDIO: Io sto terminando il mio nuovo libro per Casterman su testi di Jacky Goupil per la collana Ecritures. Ad aprile uscirà in Francia. Ho poi in lavorazione un libro con Luca Enoch per Rizzoli-Lizard che uscirà a fine 2011.
Continuo a disegnare le storie di Bau & Woof che Fabrizio realizza tra il cambio di un pannolino e una poppata per i suoi splendidi bimbi.
Non ho altri progetti di libri per bambini, però mi piacerebbe fare l’adattamento a fumetti dei libri di Gianni Rodari, uno fra tutti Piccoli vagabondi. Un libro meraviglioso.
FABRIZIO: Oltre a Bau & Woof e Paky (sul Giornalino) e Bruno (su G Baby) sto lavorando a una storia lunga disegnata da Danilo Loizedda che parlerà di dinosauri e… bullismo. Tra i lavori per bambini, di recente ho lavorato tramite Red Whale alle sceneggiature dei cartoni animati delle PopPixie (uno spin off delle Winx, targato Rainbow), che attualmente vanno in onda in diversi paesi europei e che dovrebbero essere trasmessi a breve dalla Rai. Poi in cantiere ci sono diversi progetti, anche per novelle illustrate. Per quanto riguarda il fumetto, sto lavorando a vari progetti con Bruno Olivieri (Isadora e il Grande Tuby), con Paolo Campinoti (Camilla), con Lelio Bonaccorso (Il Prode Cavaliere). Anche qui, pur essendo progetti molto diversi tra loro, prevale il taglio umoristico e cartoonesco, con qualche elemento fantastico e di magia. Riguardo ai possibili editori, a parte i Periodici San Paolo, mi sembra che in Italia ReNoir e Bao Publishing abbiano un occhio attento a questo genere di fumetti. Ho visto che anche Lavieri si sta muovendo, anche se mi sembra prediliga la narrativa illustrata.

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Riferimenti:
Clausio Stassi, il sito: stassiclaudio.blogspot.com
Fabrizio Lo Bianco, il sito: fabriziolobianco.blogspot.com


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