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Intervista corale: tre autori, un editore e “Una buona ragione per restare”

Creato il 11 aprile 2014 da Lundici @lundici_it
Una ragione per restare cover

All’inizio di aprile è uscito “Una ragione per restare”, un libro scritto a 8 mani, edito da Fernandel, la casa editrice di Giorgio Pozzi. Si tratta del frutto del laboratorio di scrittura collettiva Raccontare Ravenna.Due dei quattro autori, Carlotta Santini e Virginia Irali- conosciuta dai nostri lettori come Jeany Zen, scrivono anche per L’Undici. L’editore, Giorgio, è stato intervistato insieme allo scrittore bolognese Gianluca Morozzi. Subito mi è venuto voglia di fare un’intervista corale, per conoscere gli altri componenti del gruppo, Elisa Ghizzardi e Filippo Caroli. Soprattutto per capire come si sviluppa e come si ottiene una buona opera di narrativa che intreccia quattro e voci e cinque personalità. Purtroppo non è stato possibile coinvolgere Filippo, ma ognuno degli intervistati ci regala un quadro molto interessante dell’esperienza di scrittura e promozione collettiva.

Ecco le undici domande.

1) Virginia, sei alla tua prima esperienza di scrittura collettiva e sei molto giovane, visto che frequenti il liceo: com’è stato per te scrivere a 8 mani?

Virginia Irali, in arte Jeany Zen.

Virginia Irali, in arte Jeany Zen.

Virginia. Scrivere in quattro è complicato, innegabilmente complicato. Ma è anche sorprendentemente bello! Decidere una trama in 4, unendo le varie idee e discutendo dei vari personaggi e delle relative storie è molto interessante, è una sfida molto appassionante. Io poi sono la più giovane, e devo ammettere che quando le mie idee venivano apprezzate dagli altri mi sentivo molto soddisfatta! Per me, quella di lavorare con gente così più grande di me è stata una grandissima opportunità e sono felice di averla colta e di averne tratto più insegnamenti possibile. E anche un bel po’ di soddisfazione personale, pensando che presto ci sarà nelle librerie un libro col mio nome in copertina, e io non ho neanche diciotto anni! È stato davvero bellissimo. Ci siamo divisi i capitoli, e un po’ anche i personaggi: ognuno ha scritto di quelli che gli erano più affini, ma alla fine tutti hanno qualcosa di ognuno di noi.

2) Carlotta, tu invece hai avuto altre esperienze di scrittura collettiva?
Carlotta. Ho già partecipato al laboratorio di scrittura collettiva Raccontare Ravenna nel 2010, sempre con la casa editrice Fernandel. Ne nacque Per pagare Caronte, un romanzo noir, genere in realtà atipico per questa casa editrice. Ricordo però che in quell’occasione le vicende narrate si intersecavano perfettamente, col passare del tempo, alla dimensione spazio-temporale di una Ravenna immortale, per poi sfociare nella risoluzione di quesiti rimasti insoluti per secoli. Ci siamo ritrovati quindi per le mani un romanzo che si è tinto di noir man mano che lo scrivevamo. Questo libro è in grado di donare al lettore una visuale sia diacronica sulla città e su alcuni eventi, sia attuale per quanto riguarda le abitudini e gli approcci alle problematiche dei ravennati.

Nel 2012, invece, ho scritto a quattro mani con Enrico Cirelli, Haram-Intrigo mediterraneo (ed. Terra, 2012), http://www.lundici.it/2013/11/lorco/ romanzo noir di denuncia, ambientato tra Algeria e Libia nel periodo della cosiddetta primavera araba. Questo romanzo affronta tematiche sociali molto forti, come le conflittualità che nelle terre del Nord Africa sono sfociate nelle ribellioni del 2011, il terrorismo islamico, il mercato degli schiavi provenienti da molte parti dell’Africa e imbarcati alla volta del Mediterraneo come merce. Proprio per le sue tematiche, Haram-Intrigo mediterraneo è stato adottato come libro di narrativa in una classe dell’Istituto tecnico commerciale “Ginanni” di Ravenna. Devo dire che in entrambi i casi la soddisfazione è stata tanta. Al momento sto scrivendo un libro sulla scuola, in collaborazione con mio marito, insegnante alle medie come me.

Elisa Ghizzardi

Elisa Ghizzardi

3) Elisa, tu che non sei originaria di Ravenna, ma ci vivi ormai da tanto, ci racconti cosa ti ha spinto a partecipare al laboratorio Raccontare Ravenna?
Elisa. Mi hanno spinta un sogno nel cassetto, ovvero quello di vedere il mio nome sulla copertina di un libro e un amico , Pierpaolo Zoffoli (lui partecipò alla prima edizione del laboratorio da cui uscì il libro “Ravenna, finalmente!”) che, sapendo della mia passione per la scrittura, mi parlò di questo laboratorio convincendomi a mandare un racconto a Fernandel. Nel propormi ho pensato che il mio punto di vista di “forestiera” potesse dare un contributo diverso per raccontare Ravenna.

4) Per gli autori – Qual è per voi un buon motivo per restare a Ravenna?
Elisa: Il motivo mi accomuna a Costanza, la protagonista del romanzo. Sono venuta a Ravenna per lavoro convinta che l’avventura romagnola sarebbe terminata allo scadere del mio contratto a progetto e invece, inaspettatamente, ho trovato un buon motivo per restare.
Virginia: Tra i buoni motivi che ho per restare a Ravenna, oltre alla famiglia e agli affetti, ce n’è uno che ho voluto assolutamente mettere anche nel libro, il mio posto speciale. Quello dove vado più spesso, da sola o in compagnia, che sia per fare due passi o per pensare un po’. È un posto così bello che non ho potuto fare a meno di citarlo anche nel libro.
Carlotta: Il mio buon motivo per restare a Ravenna? Corrisponde decisamente a quello che Costanza, la protagonista del romanzo, dice riguardo a Procida, isola da cui proviene: “Procida è Procida, casa mia”. Per me Ravenna è Ravenna, casa mia. Sono lontana da Ravenna più o meno dal 2007 ed è proprio ora di tornarci, per restare. Ecco il mio ottimo motivo.

5) Per gli autori: e invece uno per andarsene?
Elisa: Non riesco a immaginarmi tutta la vita in una stessa città, per cui, un buon motivo per andarmene potrebbe essere la voglia di cambiamento. Prima o poi spero ci sia un’altra bella città come Ravenna, pronta a offrirmi un’occasione lavorativa interessante e una nuova esperienza di vita. Per fortuna anche il mio compagno condivide questo ideale di vita errante e spesso ci divertiamo a immaginare dove saremo tra qualche anno, insieme.
Virginia: Un motivo per andarsene è, purtroppo, la chiusura dell’ambiente. Ravenna non è piccola, ma non è neanche abbastanza grande: a poco a poco, tutti conoscono tutti, e la privacy non si sa più dove stia di casa. Ciononostante, vorrei non andarmene mai da qui, o al massimo andarmene per poi tornare. Non sono una che si stacca facilmente dalle sue radici.
Carlotta. Il mio buon motivo per andarmene è più complicato. Me ne sono andata da Ravenna anni fa, e ho avuto un buon motivo per farlo. Quello che oggi è mio marito all’epoca lavorava all’università di Ancona e io scelsi di frequentare la specializzazione per l’insegnamento a Macerata anziché a Bologna, così da poterci continuare a vedere. Non mi fu difficile immaginare la vita in un posto nuovo, purché accanto a lui. Ci sposammo, ci stabilimmo nelle Marche e gli anni passarono. Adesso però, che molte cose sono cambiate sul piano lavorativo, abbiamo preso la grande decisione di tornare a Ravenna. E torniamo in tre, per restare.

Giorgio Pozzi

Giorgio Pozzi

6) Per Giorgio, l’editore. Cosa significa per te Ravenna, la città in cui hai deciso di restare?
Giorgio. Ravenna è una città in cui ci si può mimetizzare con facilità, fino a scomparire completamente. E’ una città in cui se non vai a cercare le persone, le persone non verranno a cercarti. Se uno vuole stare solo, pur vivendo in città, questo mi sembra un buon motivo per restare.  Certo, guardandolo da un’altra prospettiva, il buon motivo per restare è anche un ottimo motivo per andarsene, alla ricerca di popolazioni più espansive e meno diffidenti dei ravennati.

7) Sempre per Giorgio: come si gestiscono 4 modi di scrivere e 4 personalità diverse? 
Giorgio. Come dico tutti gli anni all’apertura di un nuovo laboratorio, per condurre felicemente in porto quest’esperienza è necessario che i partecipanti abbiano un certo spirito di collaborazione e siano capaci di mettersi alla prova e di affrontare la scrittura collettiva con umiltà. E’ importante che le persone che fanno parte del gruppo non cerchino di primeggiare gli uni sugli altri, ma capiscano che il narcisismo di ognuno deve lasciar posto alla necessità del gruppo di esprimersi. Perché il gruppo è una cosa diversa dalla somma delle singole voci. Una volta che si è compreso questo concetto, diventa tutto più facile…

8) Come verrà promosso il libro? Tutti insieme?
Giorgio. Faremo una presentazione alla libreria Liberamente di via Alberti, a Ravenna, martedì 20 maggio alle 18,30. Poi ci sarà una cerimonia di premiazione in Comune, ai primi di giugno, con una conferenza stampa a cui parteciperanno le istituzioni e i giornalisti.

9) Per gli autori. Qual è stata, se c’è stata, per ognuno, la massima difficoltà?
Elisa. Per me è stato un po’ difficile iniziare, più che altro dovevo capire come funzionava “questa storia di scrivere a più mani”. Una volta ingranata la marcia giusta, è stato fluido e divertente andare avanti nel percorso. Mi sono trovata bene col gruppo e dall’esperienza ho imparato molto.
Virginia. La parte più difficile, personalmente parlando, è stata la correzione dei capitoli. Quando si tratta dei capitoli degli altri è facile riconoscere gli errori, proporre dei cambiamenti, ma quando è il tuo capitolo quello sotto i ferri la questione cambia eccome. A nessuno piace sentirsi sbandierare in faccia i propri errori, no?

Carlotta Santini

Carlotta Santini

Carlotta. Non mi sembra ci siano state grandi difficoltà: il gruppo era piccolo e formato da persone molto simpatiche e gioviali. Quando nei lavori di gruppo il clima è sereno, generalmente non trovo difficoltà eccessive.


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