Bruno Elpis
Grazie per aver accettato questa intervista doppia, stile Iene. Come ricordi l’inizio della vostra amicizia?
Marco: Nasce nel 2005, con l’incontro per curare un progetto scolastico nella scuola di Tombolo dove io, allora, insegnavo.
Dino: Siamo nel 2005 quando, appena chiusa la mia carriera, rientro a Tombolo, il paese nel quale sono nato e vissuto. Mi telefona Marco che mi chiede la disponibilità a passare un po’ di tempo a scuola con i ragazzi per affrontare un progetto dedicato agli sportivi eccellenti tombolani. Incontro Marco, stabiliamo il piano di lavoro. Inizia così la nostra amicizia.
Qual è stato l’impulso principale che ti ha indotto a scrivere “Gocce”?
Marco: L’amore per il calcio e per la verità che, unitamente alla mia curiosità per ciò che l’”Azienda Calcio” produce con i suoi effetti mediatici sul sociale, mi ha spinto a chiedere a Dino il grande sforzo di raccontarMI, raccontarSI e raccontaRE il suo vissuto di calciatore. (ndr. mi piace giocare con il Mi, con il Si e con il Re, intese come note musicali…vedi risposta seguente)
Dino: Il piacere di raccontare la mia carriera e di far conoscere la mia verità, il motivo per cui ho smesso così presto di giocare. Tutti continuavano a chiedermi perché avevo chiuso ancora abbastanza giovane con il calcio. Mi è venuta così voglia di raccontarmi: avevo bisogno, vista la mia indole riservata, di un amico e non di un giornalista al quale parlare. Volevo che la mia vita raccontata fosse trattata senza toni scandalistici, ma contenesse tutti i passaggi utili ad ogni ragazzo che ama il calcio per carpire i significati più nascosti della mia vita.
Com’è stato lavorare “a quattro mani”?
Marco e Dino
Marco: Un po’ come scrivere uno spartito musicale dove le “note” (parole) dovevano aumentare sempre più la carica emozionale per me che scrivevo, per Dino che raccontava e per chi, in futuro, avrebbe letto.
Dino: Il primo sforzo è stato quello di ricordare quasi trent’anni di calcio, cercando di marcare gli aspetti più importanti dal punto di vista educativo agli inizi della carriera. Con la vita da Campione, invece, ho voluto trasmettere un messaggio di speranza per i giovani, cercando di cogliere tra i momenti della mia carriera i fatti che hanno determinato gli inizi della mia vita da “campione”. Infine, il capitolo finale “L’ho pagata cara”: qui ho dovuto veramente fare fatica a rimanere freddo nel leggere i fatti che mi sono accaduti e che ancora oggi fatico a riconoscere come gli eventi che, invece, hanno condizionato la fine della mia carriera.
Come stai vivendo la fase della presentazione del romanzo “Gocce”?
Marco: Con grande emozione! Ogni evento, sono molti ed altri ancora sono già organizzati, mi fa riflettere sull’importanza mediatica che Dino ancora oggi ha. La sua storia calcistica, semplice e complicata al tempo stesso, cattura ad ogni presentazione centinaia (si va, mediamente, dalle 200 alle oltre 400 unità) di persone che, anche grazie all’assidua presenza del grande Pizzul (è già al 4° evento con noi!…e non è finita!…), rivivono le emozioni dalla straordinaria voce del “cantore” Bruno e dalla presenza dal vivo di quel grande Campione che è stato Dino.
Dino: Molto bene, visto il successo che il libro sta avendo …purtroppo mi manca tutto il tempo che vorrei avere per curare ancora di più le serate di presentazione….momenti per me molto belli, che mi fanno ancora sentire abbracciato da tante persone che mi vogliono bene.
Qual è stato il più bel complimento che hai ricevuto?
Marco: Nonostante tutte le recensioni fino ad oggi positive (speriamo che duri così!, tocco ferro..), devo confessarti che quella che mi ha colpito di più è stata di un gruppo di ragazzi della scuola di Tombolo i quali, al termine della presentazione in anteprima del libro, hanno scritto sul sito della scuola un articolo veramente emozionante. Ad onor del vero, devo però mettere al primo posto il complimento più bello per il nostro libro: il tuo invito (nella recensione scritta a 4 mani con D’Agostino) a farlo leggere ai giovani affinché possano così avvicinarsi alla lettura!!. A questo, fa seguito quello di una ragazza che mi ha scritto in privato dicendo che dovrebbe essere inserito nell’elenco dei libri da adottare nelle scuole. Per me, che faccio di professione il docente, puoi ben capire che non esistono complimenti più graditi!
Dino: La frase di un ragazzo di terza Media: “solo leggendo il libro ho capito gli sforzi e i sacrifici necessari per arrivare a certi risultati, a scuola, nel calcio, nella vita”. Con poche parole quel ragazzino ha riassunto l’essenza del libro! Inoltre, qualche giorno fa, un ragazzino di quattordici anni mi ha chiesto se può portare il libro “Gocce” all’esame di licenza media, così come Lorenzo (ndr: il figlio di Marco Aluigi) porterà l’opera addirittura all’esame di maturità liceale del giugno prossimo. Questi attestati di stima sono il complimento più bello.
Dino Baggio "rincorre" Marcio Santos
Tra i romanzi che trattano un argomento ‘affine’ a quello di ‘Gocce’, vi è il best seller di Giorgio Faletti, “Tre atti e due tempi”. L’hai letto? In caso affermativo, cosa ne pensi?
Marco: Lo riconosco attuale dato il tema “partite truccate”. E’ un racconto e come tale presenta sfumature non sempre reali. Il mondo del calcio, nel suo insieme, mi sembra utilizzato come “elemento intermedio” per raccontare la storia scritta, come Faletti sa fare, in modo superbo. Il nostro libro, biografico seppur scritto in modo raccontato, non lascia invece spazio alla fantasia dell’autore che deve solo cogliere le sfumature di una vicenda umana e sportiva che mette al centro un Uomo, un calciatore, un campione: Dino Baggio.
Dino: Confesso di non averlo letto.
Qual è l’ultimo libro che hai letto? Quali sono i tuoi autori o il tuo genere preferito?
Marco: “Il quinto Vangelo” (Carlo Santi) e “Tre atti e due tempi” (Giorgio Faletti).
L’autore che preferisco è il Ken Follett de “I pilastri della Terra”, l’unico libro che mi ha coinvolto al punto da passare notti intere a leggere. In seguito, lo stesso Follett non mi ha più trasmesso quelle emozioni.
Dino: “il pianeta degli dei” di Z. Sictchin.
“L’altra genesi”, “Gli dei dalle lacrime d’oro”, “Il dodicesimo pianeta”, “Gli architetti del Tempo”, Il codice del cosmo”, “Il libro perduto del dio Enki” genere storico (rivisitazione: l’altra faccia della Genesi) fanno capire il mio genere preferito e l’Autore (Z. Sictchin)
Cosa ne pensi degli ‘stipendi’ dei calciatori?
Marco: Penso che siano sicuramente esagerati se rapportati agli stipendi di lavoratori che, per giunta, rischiano ogni giorno di perdere il lavoro stesso. Se però penso al cachet di attori di mezza tacca (vedi “Cinepanettoni”), pseudo cantanti, opinionisti improvvisati (Sanremo docet!), politici e parlamentari (che, tra l’altro, pago pure io) … allora mi sembrano molto meno esagerati. Il calciatore produce uno spettacolo che crea indotto e fa economia. Semmai, al calciatore rinfaccio non tanto il fatto di percepire lauto ingaggio, quanto di fare, spesso, cattiva educazione con comportamenti sbagliati. Non dimentichiamo, infine, che i grandi ingaggi sono di pochi: in serie B e anche in serie A troviamo calciatori con contratti da 40/50 mila Euro: stipendi non certo da fame, ma neppure da nababbi!
Dino: Considerato che il mondo del calcio fa vivere tutto lo sport italiano, che i contratti di pubblicità creano business, che le tv vivono di calcio sette giorni la settimana, penso che lo stipendio sia adeguato (salvo casi eccezionali per eccesso) all’interesse che suscita a livello mediatico. Quello che discuto è il gap tra gli stipendi che hanno una forbice troppo larga. Si va dai trentamila euro ai trenta (e oltre) milioni … decisamente uno squilibrio e una spalmatura eccessiva.
Come agisce lo star system sulla psicologia di un campione dello sport? Recentemente mi ha molto colpito il caso del ragazzo cinese, Jeremy Lin, che in NBA – avendo casualmente sostituito Carmelo Anthony in una partita dei New York Knicks – è diventato improvvisamente la star del momento … Tutti ne parlano, è l’eroe del basket mondiale. Da sconosciuto che era. In una notte!
Marco: …”Se non ci sei non esisti”… mi piace partire dalla citazione contenuta nel film di R. B. Wide, dove un giovane aspirante critico cinematografico inglese è chiamato a New York dal più potente gruppo editoriale di riviste di comunicazione glamour. La sua diventerà una lotta per adattarsi e non farsi “schiacciare”. Credo non sia così semplice, come sembra, diventare all’improvviso personaggio noto e famoso, soprattutto quando si tratta di vivere nel mondo del calcio. Diventarne star significa diventare “stella di un sistema” e, come nell’universo cosmico, ci sono stelle che brillano di luce propria (poche) e altre di luce riflessa (molte). Il mondo del pallone “è abitato” da troppi personaggi che vivono di “notorietà parassitaria”: lo definisco un sistema tentacolare che cerca di avvolgere calciatori, spesso giovani, che si sono “conquistati” quel palcoscenico verde con sacrifici, fatica, abnegazione. Diventano così, spesso, prede di un sistema che li fagocita. Non dimentichiamo, però, che “se non ci sei non esisti”. Insomma, meglio esserci e rimanere il più possibile se stessi per capitalizzare tutto ciò che di bello il calcio, anche se solo per pochi anni, ti dà!
Dino: Darò una risposta che potrebbe apparire strana ma, nel caso mio, non è assolutamente cambiato nulla … non sono personaggio, non lo sono mai stato e non lo diventerò mai. Ho vissuto le diverse fasi della mia vita, fino alla celebrità, con assoluta serenità, con una sorta di distacco che mi ha permesso di rimanere me stesso e non mi ha mai condizionato.
All’uomo della strada sembra incredibile che un calciatore acclamato, realizzato e ben remunerato possa cedere alle tentazioni della corruzione. Perché succede questo, nel modo del calcio, ad ondate cicliche?
Marco: In parte ho già risposto con la domanda precedente. Mi riallaccio a un sistema che fa business, che crea ricchezza per tanti (troppi!) personaggi che col calcio giocato non hanno nulla da condividere. Una moralizzazione del mondo del calcio dovrebbe partire proprio “dall’indotto”: quella piovra tentacolare (che è il potere del denaro), ben descritta nel nostro libro, allunga la sua ombra oscurando quello che per molti è ancora il gioco più bello del mondo! Estirpando un po’ di quell’erba infestante, maleodorante e marcia, sicuramente il prato verde tornerebbe ad essere l’unico palcoscenico, finalmente pulito.
Dino: Se prendiamo gli ultimi casi riportati dalla stampa, possiamo scorrere i nomi e chiederci quanti ne conoscevamo: sicuramente ben pochi! Salvo qualche sporadico caso di giocatori noti (ma qui si cade nella patologia del vizio da gioco), possiamo pensare che la maggior parte di calciatori coinvolti apparteneva al mondo sommerso del gioco del calcio. Spesso calciatori che trentamila euro li guadagnavano, forse!, in una stagione, erano le “vittime” più appetibili della malavita che sta ai margini del gioco del calcio. Non si può sicuramente assolvere un calciatore che si “vende”, ma quel calciatore diventa vittima di un ingranaggio che lo rende sempre più vulnerabile. Diventa quasi una vittima nelle mani di chi gioca sporco per davvero!
Cosa ne pensi degli sport ‘figli di un dio minore’, ossia di quegli sport ove la fatica è tanta e la retribuzione scarsa?
Marco: Fin che si parla solo di sport, credo non esista differenza tra il bimbo che gioca a calcio, piuttosto che a pallavolo, a tennis, a basket … Lo sport è sport e basta: non ci sono “figli di un Dio minore”. Cambia il mio ragionamento quando si parla di lavoro: possiamo forse considerare figli di un dio minore attività come il baseball, il basket, l’atletica (in USA) oppure il tennis piuttosto che l’automobilismo o il motociclismo? In Italia, tanto per dire, lo sportivo che guadagna di più (secondo Forbes) è V. Rossi e non un calciatore così come i primi 5 sportivi al mondo più pagati sono T. Woods (golf), K. Bryant (basket), Le Bron James (basket), R. Federer (tennis) e P.Mickelson (golf). Ciò non vuol dire che non ci siano calciatori che guadagnano cifre elevate, ci mancherebbe altro! Però non vorrei che passasse solo lo stereotipo calcio-denaro: è vero, il calciatore è un professionista che lavora nel mondo dello spettacolo, né più né meno come tanti altri personaggi. Sicuramente il loro è un lavoro ben retribuito che li porta spesso a fare scelte che penalizzano la famiglia, gli studi, le amicizie. Un calciatore vive alla ribalta magari anche quindici anni, ma quando termina la carriera, spesso, ha poco più di trent’anni e una vita ancora davanti. A pochissimi (vedi i vari Messi, C. Ronaldo, Beckham) sono sufficienti i soldi guadagnati durante l’attività: la maggior parte di loro, come tutti noi del resto, deve inventarsi un lavoro.
Dino: E’ questione di business, pubblicità e visibilità che rendono il calcio uno sport unico.
Dino Baggio - Ronaldo - Paolo Maldini
Qual è il più bel goal di Dino?
Marco: Sicuramente il gol fatto al Genoa nel suo primo anno di serie A (parlo da sampdoriano…). Parlando seriamente, il gran gol in rovesciata in Milan – Parma … un capolavoro!
Dino: Quella rovesciata contro Milan la considero il mio gol più bello.
E il goal più importante?
Marco: Nessun dubbio, quello contro la Norvegia ad USA ’94.
Dino: Norvegia, ma anche quello contro la Spagna, sempre ad USA ’94.
Programmi letterari o sportivi per il futuro: ne hai?
Marco: è possibile un’appendice (con Dino) al libro “Gocce”, un romanzo sul mondo del calcio con sfumature fuori dall’ordinario (spero di ultimarlo a breve), poi l’impegno, in qualità di Direttore Generale con la mia Società (collegata al Chievo Verona).
Dino: Patentino a Corverciano e futuro nel mondo del calcio (non so ancora a quale livello) e seconda stesura, integrata da parti tecniche, di “Gocce”
Se dovessi definire la carriera sportiva di Dino, diresti che …
Marco: … è stato uno splendido sogno che neppure loschi figuri sono riusciti a far diventare un incubo…..
Dino: … a volte credo che la vita da me vissuta sia solo un sogno durato trent’anni. Rileggendo il libro, ancora oggi, fatico a credere che quella è la mia vita!
Se dovessi definire il tuo amico diresti …
Marco: “ … che Dino è … umile, sincero, riservato.”
Dino: “… che Marco è … preciso, serio, professionale.”
Che musica ascolti?
Marco: Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori e Roberto Vecchioni tra gli italiani, America, Jetro Tull, Doors e i mitici Pink Floyd nel mondo.
Dino: U2, Renato Zero, anni 80 in genere.
Che consiglio daresti a un ragazzo che dimostra talento per il calcio?
Marco: curare molto la tecnica personale, oggi optional a vantaggio del fisico, sacrificio, rispetto delle regole di vita, voglia di divertirsi e una grande capacità di sognare.
Dino: tecnica, pensare di non essere mai arrivato, ascoltare l’allenatore ma, in campo, mai il genitore. Inoltre, non dimenticare mai che si può arrivare solo dopo molti sacrifici. Arrivare è molto più semplice che restare.
Sono solito chiudere le mie domande alla Marzullo. Fatti una domanda a piacere e rispondi …
Marco: “Nella prossima vita, credendo per un attimo nella metempsicosi, quale animale ti piacerebbe essere?”
Sogno spesso di essere un gabbiano, si, il gabbiano Jonathan Livingstone: amo troppo il mare per non sognare di poterlo sorvolare libero da pregiudizi, libero di pensare, libero di amare!
Dino: “Se non avessi fatto il calciatore, cosa avresti fatto?”
Avrei voluto fare la carriera in Marina. Mi piace vivere rispettando regole, amo la disciplina, l’autorità, l’ordine: questi “ingredienti” mi hanno permesso di raggiungere i risultati sportivi. Ho sempre vissuto la mia vita rispettando quei principi che ne sono diventati i veri pilastri.
Ringrazio Marco Aluigi e Dino Baggio: hanno sottratto tempo prezioso ai loro impegni, sportivi e letterari, per rispondere alla domande di …