Intervista al Dott Andrea Cellino, ex team leader della missione di vigilanza speciale in Ucraina per l’OSCE.
Andrea Cellino è un ex membro della missione di vigilanza speciale in Ucraina per l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dove ha lavorato da aprile 2014 al settembre 2015. Attualmente sta lavorando come capo della scrivania del Nord Africa al Centro di Ginevra per il Controllo Democratico delle Forze Armate (DCAF).
Le opinioni espresse dal Sig. Cellino in questa intervista non riflettono quelle di dell’OSCE o DCAF, ma sono del tutto personali.
La missione di vigilanza speciale OSCE in Ucraina ha il compito di contribuire a ridurre le tensioni e promuovere la pace, la stabilità e la sicurezza. Vorrei chiederle, signor Cellino, nella pratica come opera la missione dell’OSCE sul campo e quali sono le sfide principali per il suo lavoro?
![Intervista esclusiva al Dott. Andrea Cellino, ex membro della missione di vigilanza speciale in Ucraina per l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Dott Andrea Cellino © Linkedin](http://m2.paperblog.com/i/302/3022622/intervista-esclusiva-al-dott-andrea-cellino-e-L-8NXFkf.jpeg)
Dott Andrea Cellino © Linkedin
La missione, come tutte le missioni OSCE, è stata avviata su invito del paese ospitante, in questo caso da parte del governo ucraino, e in seguito ad un’ulteriore delibera a Vienna da parte di tutti i 57 Stati partecipanti all’OSCE alla fine di marzo 2014. Abbiamo subito istituito una struttura molto ambiziosa: avevamo 10 squadre situate nelle principali regioni di tutto il paese, e soprattutto nell’Ucraina orientale. Dall’inizio dell’Aprile 2014 ho diretto una squadra nella città di Lugansk, nella regione più orientale del paese, che si trova in una delle due aree chiave del conflitto.
Il mandato della missione era di monitorare la sicurezza della situazione in Ucraina e i suoi sviluppi, a nome della comunità internazionale e dei 57 Stati partecipanti dell’OSC; ma anche di stabilire “gli occhi e le orecchie” della comunità internazionale sulla crisi ucraina.
Da quello che ha potuto osservare, qual era la condizione dei civili colpiti dalla guerra nell’Ucraina orientale? Qual era il loro accesso a beni di prima necessità come acqua, cibo e riscaldamento?
La situazione quando sono arrivato era inizialmente “quasi normale”, ma le difficoltà sono emerse subito dopo il periodo iniziale della crisi. Come ho già detto, quando sono arrivato, il governo ucraino era ancora in carica a Donetsk e Lugansk, dove si trovava la sede del governo regionale. Quando è scoppiata, la crisi è degenerata rapidamente dall’occupazione di un edificio pubblico nella città, da parte dei cosiddetti separatisti o pro-russi, ad una occupazione di tutta la città. Hanno usato e stanno ancora utilizzando quello che era l’edificio regionale dell’amministrazione precedente come loro quartier generale del nuovo “governo”. Questo è accaduto in meno di due mesi: verso fine giugno stavamo già vivendo in una situazione di conflitto.
Quindi è stata un’occupazione violenta?
La violenza non si è manifestata durante l’occupazione iniziale perché la maggior parte della popolazione non si è opposta, o ha addirittura favorito, l’avanzata dei separatisti. La violenza è iniziata quando le forze armate ucraine hanno cercato, legittimamente, di riprendere il controllo di queste zone. Naturalmente, l’esercito di Kiev ha dovuto scontrarsi contro l’opposizione dei separatisti, che erano anche sostenuti da altre forze esterne provenienti dalla Federazione russa. Questo ci era chiaro sin dall’inizio, anche se affermavano di essere soldati autonomi.
Che cosa intende con “il sostegno di altre forze”? Sta parlando di sostegno economico, militare o politico?
Intendo tutti e tre. Abbiamo chiaramente potuto osservare il supporto materiale dei russi in termini di armi. In diversi casi abbiamo anche visto soldati stranieri. Questa però è la parte difficile: non avremmo potuto, e i miei ex colleghi ancora non possono, identificare questi soldati chiaramente come russi. Abbiamo ovviamente riportato la presenza di “combattenti non locali” nelle relazioni di monitoraggio – che sono tutte disponibili on-line. Tuttavia, non abbiamo potuto esplicitamente identificare questi militari come russi, né abbiamo potuto dire che erano incaricati da Mosca, anche perché la Russia è uno dei paesi membri dell’OSCE. Nonostante questo però, abbiamo potuto segnalare la presenza di armi provenienti dal confine con la Russia e anche la presenza di uomini, che non erano chiaramente locali. Ufficialmente però, la segnalazione dell’OSCE si ferma lì.
Considerando il suo forte sospetto della presenza delle truppe russe regolari in Ucraina orientale, vorrei chiederle di commentare una dichiarazione fatta dal presidente ucraino in occasione della Conferenza sulla sicurezza di Monaco a febbraio. Petro Poroshenko ha affermato che “La questione ucraina rimarrà irrisolta fino a quando l’Occidente non fornirà supporto per rafforzare l’indipendenza dell’Ucraina politicamente ed economicamente, e anche militarmente.” Pensa che l’aumento della difesa militare ucraina possa essere la strategia più efficace per una soluzione a lungo termine?
Personalmente, sono assolutamente contrario a questa strategia. Credo che fornire armi al governo ucraino per rafforzare le sue forze armate sarebbe un errore e non farebbe che protrarre il conflitto. Sarebbe quasi come combattere una guerra indiretta contro la Russia, che non è ciò che, a mio avviso, l’Europa e l’Occidente dovrebbe fare.
Naturalmente sono in molti in Occidente che la pensano diversamente, ma nella maggior parte dei paesi europei vi è un accordo generale che la soluzione a questo conflitto dovrebbe essere, e sarà, una soluzione diplomatica. Gli sforzi compiuti dall’Unione europea hanno sempre lasciato intendere chiaramente che il modo migliore per affrontare e cercare di risolvere questo conflitto è per via diplomatica.
Data l’attuale crisi in Ucraina, che è vicina al collasso economico, pensa che la comunità internazionale dovrebbe fare di più in termini di sostegno economico immediato?
Il rafforzamento dei legami economici e aiutare l’Ucraina a riformare la sua economia e il suo sistema sono sicuramente un elemento cruciale per la sua ripresa. Tuttavia, questo è fatto e deve essere fatto separatamente dalla risoluzione del conflitto. Credo che le riforme che dovrebbero andare di pari passo con la soluzione della crisi sono di natura politica, piuttosto che economica.
Non dobbiamo dimenticare che questa crisi non è stata solo la conseguenza di dinamiche internazionali, ma ha anche radici molto profonde nella situazione interna dell’Ucraina stessa. L’Ucraina è un paese diviso in molti modi: non solo tra Oriente e Occidente. Molti cittadini non hanno fiducia nel governo di Kiev e non solo a est. Come abbiamo visto a Maidan, e con tutto ciò che è accaduto prima dello scoppio della crisi, in Ucraina vi è un disperato bisogno di una riforma politica. È un paese vittima della corruzione di molti governi di colori diversi, che hanno gestito male la politica in molti modi e per molti anni. Per questo motivo, un paese che potrebbe essere molto ricco grazie alle sue risorse e alla sua forza lavoro, non ha mai raggiunto la prosperità a causa del malgoverno. Non dobbiamo dimenticare che questa è una delle principali cause del conflitto in corso. In conclusione, ciò che credo l’Europa dovrebbe fare, è aiutare l’attuale governo democraticamente eletto ad attuare le riforme politiche che sono necessarie per l’Ucraina.
Spostando per un attimo la nostra attenzione dalla guerra nell’Ucraina dell’est, vorrei farle una domanda più strettamente legata al suo lavoro attuale. Nelle ultime settimane abbiamo assistito a una drastica escalation del coinvolgimento militare di Putin in Siria, che a molti ha ricordato l’incursione in Ucraina orientale. Vede una somiglianza tra l’intervento della Russia in Siria e in Ucraina?
Vedo uno schema, sicuramente, che è la politica estera assertiva della Russia. L’assertività di Mosca sulla scena internazionale non è solo limitata all’Ucraina o al Medio Oriente, ma si manifesta anche in Asia centrale. Alcuni hanno notato, ad esempio, che mentre Putin annunciava le operazioni dell’esercito russo e le campagne aeree in Siria, l’esercito russo ha anche rafforzato le sue posizioni al confine con l’Afghanistan. In Tagikistan, dove avevano già una base militare, hanno fornito maggiori risorse per rafforzare la sicurezza del paese che è molto amichevole nei confronti della Federazione russa.
Come si può leggere tutto questo? Penso che sia l’effetto di una combinazione di strategie: in primo luogo, e abbastanza evidentemente, Mosca vuole rafforzare la propria posizione a livello internazionale. In secondo luogo, per una democrazia quasi autoritaria come la Russia, è importante mantenere il sostegno della gente e distrarre i suoi cittadini dagli attuali problemi interni, come la loro crisi economica. Pertanto, Putin sfrutta qualcosa che è molto caro a tutti i cittadini russi: il prestigio e la reputazione internazionale del paese. In terzo luogo, la Russia è anche un paese che in passato è stato pesantemente minacciato dal terrorismo islamico. Dunque penso che senta, sinceramente, che l’ISIS in Medio Oriente sia una minaccia per loro com’è una minaccia per noi. Credo che, in parte, Putin sia davvero convinto che questo intervento sia utile per l’intera comunità internazionale.
Tuttavia, è sembrato che i primi interventi russi in Siria non siano stati effettivamente mirati contro l’ISIS, ma contro i ribelli del regime.
Il motivo per cui questo intervento è importante per Putin è che si tratta di venire in soccorso di un leader autoritario, Bashar al-Assad, che per molti versi è uno specchio di ciò che la Russia potrebbe essere. Sappiamo, per esempio, che Russia e Cina sono stati i paesi più fortemente contrari a interventi ONU per rimuovere regimi autoritari. Questo, naturalmente, è perché temono che la stessa cosa possa accadere a loro.
È la stessa cosa quando si parla di Ucraina. Il successo della rivoluzione di Maidan è visto da Putin come una minaccia al suo potere in Russia, perché non può fare a meno di pensare che se questo accade ai suoi fratelli ucraini, questo potrebbe accadere anche in Russia uno giorno. Un timore non così lontano dalla realtà.
Come è accaduto in altre situazioni in cui Russia e Cina hanno difeso leader autoritari nell’arena delle Nazioni Unite, lo stesso sta accadendo con Bashar al-Assad. Pertanto, l’intervento in Siria è strumentale tanto per sostenere Assad come combattere per ISIS, che è probabilmente il motivo per cui si sono visti attacchi condotti dai russi contro tutti i nemici di Bashar al-Assad e non solo contro l’ISIS.