Classe 1983, Luca Azzolini è uno degli autori più interessanti del panorama fantasy italiano.
Alla sua giovane penna si devono, infatti, diversi romanzi e parecchi racconti che si segnalano per originalità e freschezza.
Già dall’esordio, avvenuto nel 2009, il pubblico degli appassionati ha potuto che apprezzare la sua scrittura agile e briosa, che troverà una conferma di gradimento nei suoi lavori successivi, tutti coronati da un rimarchevole successo di pubblico e critica. La sua produzione incentrata sul genere fantasy presenta titoli di grande interesse:
Ricordare i cieli (Giovane Holden Editore, 2007), Il Fuoco della Fenice (La Corte Editore, 2009), Sanctuary (Asengard Editore, 2009), Evelyn Starr – Il Diario delle Due Lune con Francesco Falconi (Piemme Edizioni, ottobre 2011), Evelyn Starr – La Regina dei Senzastelle – con Francesco Falconi (Piemme Edizioni, maggio 2012).
All’attività di romanziere, questo giovane talento, nel corso degli anni ha affiancato, e sempre con risultati lusinghieri, quella di: editor, curatore editoriale e collaboratore di diverse riviste specializzate. Ma chi è veramente il creatore delle fantastiche storie di EvelinStarr? E, ancora, qual è il segreto che si nasconde dietro la sua incredibile abilità narrativa, che come d’incanto trasporta i lettori in mondi fatati?
Per dare risposta a questi interrogativi, abbiamo deciso di incontrare di persona Luca Azzolini, il golden boy dell’urban fantasy all’italiana.
D) Ciao Luca, i nostri lettori amando il genere fantasy in ogni sua declinazione andranno matti per uno come te. Per cominciare, puoi raccontarci qualcosa delle tue prime esperienze di scrittore?R) Ho iniziato a scrivere molto presto, attorno ai dieci anni, per gioco. Mi divertivo a inventare racconti gialli, fantastici e horror, e lo preferivo a qualsiasi altro “gioco” (calcio compreso). Poi, attorno ai diciassette anni, mi sono detto che volevo scrivere seriamente, e da lì è iniziato tutto. Ho pubblicato il primo racconto a diciotto anni, e da allora non mi sono più fermato.
D) Perché hai scelto proprio il genere fantasy?R) È stata una decisione naturale, facile per certi versi. Ho sempre amato i film fantastici e da ragazzino rimasi folgorato dal ciclo di Darkover, di Marion Zimmer Bradley, l’autrice che amo spassionatamente. Credo che a un certo punto siano i libri a scegliere te. Per me è stato così e, in tutta onesta, è stato il genere fantasy che ha scelto me, non il contrario…
D) La saga Evelyn Starr, ti vede coautore assieme a Francesco Falconi: com’è lavorare ad un libro a quattro mani?R) È stimolante, ma anche complesso. Scrivere a quattro mani richiede tanta concentrazione, unione d’intenti, e spesso non sono mancati gli scontri, ma sempre per il bene del romanzo. Questa è stata un’esperienza che mi ha arricchito molto, mi ha calato in un’ottica diversa e in un modo di lavorare nuovo, ma che apprezzo molto.
D) Parlaci un po’ dell’urban fantasy.R) L’urban fantasy che amo è quello che si pone delle domande, e che le affronta a testa alta. È l’urban delle città post-apocalittiche, è l’urban degli amori difficili e sofferti, forse impossibili, ma che lascia sempre aperto uno spiraglio di speranza per il futuro. È l’urban che cambia i personaggi che attraversano le sue pagine, i lettori che leggono le loro gesta, e lo scrittore che parla attraverso le loro voci. È un genere con grandi potenzialità, non c’è che dire, e credo che non abbia ancora raccontato tutto. C’è molto altro da dire.
D) Dacci una tua definizione di fantasy.
R) Se fosse una parola, sarebbe: libertà. È un genere che, a mio avviso, permette più di altri di sondare la realtà che ci circonda, attraverso metafore e immagini anche molto forti. Il fantasy parla a tutti, non fa distinzioni di sesso, età, razza, estrazione sociale. Non punta il dito contro nessuno, ma alza questioni e pone domande, regalando spesso risposte di un certo qual peso. È un genere fresco, giovane, a volte leggero, a volte impegnato, con più volti e voci.
D) Quale tra questi autori è il tuo/a preferito:
J. R. R. Tolkien
R. E. Howard
J. K. Rowling
S. Meyer
R) Li ho letti tutti e quattro, e credo di sentirmi più vicino a J. K. Rowling per quel senso del meraviglioso che ha saputo creare. Apprezzo anche la complessità di un grande autore come Tolkien, capace di creare una vera e propria mitologia che ha superato i decenni, conquistando estimatori in tutto il mondo. Howard e Meyer, invece, hanno dato, secondo il mio modesto avviso, uno spaccato del tempo in cui hanno scritto i loro lavori. Sono interessanti anche per questo.
D) Viviamo in una società ipertecnologica, eppure la gente ama moltissimo questo genere: come mai?
R) Credo per i valori che porta con sé. Per quell’aura di mistero che la tecnologia e i social stanno togliendo dalle nostre vite, giorno dopo giorno. In questo genere si respira ancora la speranza che la azioni di una persona possano fare la differenza. Ce lo ripete George R. R. Martin, ce lo ricorda la Zimmer Bradley, l’ha chiarito la Rowling. C’è speranza, qui.
D) Cosa non deve assolutamente mancare in una storia fantasy?
R) Un buon ritmo narrativo, personaggi che sappiano staccarsi dalla pagina, passione per la storia che stai raccontando. Ecco, una cosa che deve essere sempre ben presente, a mio modesto parere, è la voglia di scrivere la storia che si ha in testa non per il gusto di dire “io ho scritto” o “io sono uno scrittore”, ma perché si vuole trasmettere qualcosa di sé.
D) Vuoi dare qualche suggerimento a coloro che vorrebbero cimentarsi nella scrittura d’una storia di questo tipo?
R) Riprendo parte della risposta sopra: siate sinceri. Con voi, con chi vi leggerà. Non scrivete per dire “io sono uno scrittore”, parola oramai abusata (basta vedere quanti profili ci sono su Facebook con l’aggiunta “Autore” o “Autrice”). Ecco, fregatevene. Concentratevi sulla storia e su voi stessi, stendete una trama dall’inizio alla fine (particolareggiata, ma non troppo da tarparvi le ali durante la scrittura), e solo dopo iniziate a scrivere la vostra storia. E prima di ogni altra cosa, a caratteri cubitali, sarà scontato ma lo dico: LEGGETE. TANTO. DI TUTTO. SEMPRE.
D) Vi sono autori contemporanei che sembrano concentrarsi molto sulle scene d’azione, trascurando l’elemento magico: a tuo avviso in questi casi si può ancora parlare di fantasy vero e proprio?
R) Se pensiamo a George R. R. Martin, e alle sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, la magia è impalpabile, meno marcata che in altri autori, ma non per questo meno presente. Non lo trovo un difetto, anzi. La magia, se troppo facile, complica le cose e diventa ingestibile. Certo si rischia di essere meno “spettacolari”, ma a questo un buon autore fa seguire come risposta uno stile intrigante e una trama mozzafiato. Martin ne è un maestro indiscusso.
D) Che rapporto c’è tra questo tipo di narrativa e la mitologia classica?
R) Gli intenti non sono poi così diversi: c’è sempre la trasmissione di forti valori, sentimenti assoluti, grandi gesta. La narrativa fantastica e la mitologia classica percorrono due strade parallele, con qualche punto d’incontro nei secoli (penso a La storia vera, di Luciano di Samosata, scritto nel II secolo d.C.). La vera narrativa fantastica, così come la conosciamo, possiamo invece farla risalire al romanzo gotico di inizi ‘800.
D) Quanto hanno influenzato il genere personaggi come: Artù o Beowulf?
R) Le leggende, i miti, le culture dei vari popoli hanno creato un sostrato di ricco e affascinante, da cui attingere a piene mani. Basta pensare a quel capolavoro che è Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley in cui, l’assenza di un punto femminile nella saga arturiana, le ha permesso di immaginare una storia complessa e straordinaria.
D) Che rapporti vi sono a tuo giudizio tra la letteratura gotica e la fantasy?
R) Come accennavo sopra, la narrativa gotica è stata la fiamma principale di un fuoco che non si è più estinto. Mi basta citare tre nomi, la prima, una donna affascinante e complessa, Mary Shelley con il suo Fraknenstein, a seguire John Polidori con il racconto Il vampiro, e subito dopo Bram Stoker con Dracula. L’800 è stato il secolo del gotico, che ha creato una frattura col passato, negli intenti degli autori, nello scrivere. Il legame c’è, ed è indissolubile.
D) Una provocazione: chi è più fantasy, Le cronache di Narnia, o L’orlando Furioso?
R) Amo L’Orlando furioso di Ariosto, un poema cavalleresco cheha attraversato i secoli e che è godibilissimo, affascinante e profondo al tempo stesso. Ammetto di parteggiare spudoratamente per Ariosto. Le cronache di Narnia, in effetti, non hanno mai colpito eccessivamente il mio interesse. Ma sono sempre stato un lettore molto particolare.
D) Se Tolkien rappresenta l’apogeo del fantasy colto e antimodernista, Howard si configura come il campione della fantasy eroica in stile pulp: qual è il tuo parere?
R) Tendo a evitare le classificazioni strette perché, come ho detto sopra, in fatto di letture ho gusti molto particolari. Tolkien è sicuramente uno dei tanti maestri indiscussi, ma per me non è “il” maestro indiscusso. Perché, semplicemente, amo avere più insegnanti da cui attingere il meglio, dove possibile. Stesso discorso per Howard, ha tracciato un solco profondo nella strada della letteratura fantastica, che molti hanno seguito, e che fa di lui uno dei tanti maestri manifesti.
D) Parliamo del mondo dell’immaginario: che differenze vi sono per te tra, fantasy, fantascienza e horror?
R) Bella domanda. Un tempo avrei risposto in maniera abbastanza decisa, anche solo 5 anni fa, oggi invece questi generi (per una tendenza generale dell’editoria, della narrativa, e dei lettori), si stanno mescolando sempre più strettamente. Se però mi soffermo su ogni genere, ecco che si aprono mille varianti. E non tutte nuove, anzi. Il fantasy, per esempio, può essere declinato in varie maniere. Per esempio, la science-fantasy, e penso a una saga come il Ciclo di Darkover (le cui prime stesure risalgono alla fine degli anni ’50), fondeva già fantasy e fantascienza. Come si sarà capito, sono uno che non ama molto le etichette. Forse amo la letteratura fantastica (che abbraccia tutti questi generi) proprio per questo. Non si parla solo di bianco e nero, ma di tante tonalità di grigio.
D) Il tuo romanzo preferito?
R) Troppi. Ma se devo pensare al libro che mi ha fatto dire “ecco, voglio scrivere anch’io”. Penso a La sfida degli Alton di Marion Zimmer Bradley, appartenente al ciclo di Darkover. È la serie che amo di più in assoluto. Per stile, tematiche, varietà, lucidità… Sarei felice , in futuro, di avere qualche lavoro mio altrettanto completo.
D) Il film che più hai amato?
R) Anche qui moltissimi. Se devo dirne uno solo, esco dal fantastico però e dico, Thelma & Louise. Lo dico per l’idea di estrema libertà contenuta nel film. Ultimamente, me ne rendo conto, è una tematica che rincorro. Chissà… Nel campo del fantastico, adoro in primis il ciclo degli X-Men, Star Wars, Il Signore degli Anelli, Harry Potter, Willow, LadyHawke, Stardust… Ne sto dimenando centinaia, ma sono davvero un patito del genere.
D) Hollywood s’è spesso occupata di questo genere fantastico: secondo te nelle trasposizioni cinematografiche, si tiene abbastanza conto della struttura narrativa originaria?
R) In certi casi non è proprio possibile, e un buon sceneggiatore a questo serve. Non necessariamente un film deve seguire pedissequamente il libro. Un film deve rendere l’atmosfera, il senso del gusto anche estetico, ma non solo. Deve catturare l’animo dei personaggi, deve trasmettere con un altro mezzo la stessa passione contenuta nel libro. Ci sono film superbi, altri molto meno. Un vero lettore, però, sa che la meraviglia racchiusa in un libro difficilmente si può replicare sullo schermo.
D) Quali credi sia il futuro del fantasy?
R) Un futuro roseo, mi auguro. Un futuro sempre più ricco e variegato, con molte nuove voci italiane a raccontarne. Un futuro pieno di sottogeneri nuovi, perché ogni autore deve avere la sua personalissima visione di questo genere. Sicuramente, il fantasy si avvia verso una nuova età che mescolerà sempre più i generi tra loro. Leggo sempre più spesso romanzi dal sapore orientale, esotico, profumo di spezie, bazar, segreti inconfessabili, tecnologia. Una bella strada, perché no?
D) Ci parli un po’ dei tuoi progetti?
R) Volentieri. Sto lavorando in questi giorni a due progetti che vedranno la luce nel 2014 con Piemme. Uno è un romanzo OneShot, dedicato al mondo dello sport, dal taglio fresco ed emozionante. Mi sono divertito tanto a scrivere questo romanzo (ebbi l’idea due anni fa, e fu amore a prima vista). L’altra è una serie fantasy avvincente, dal ritmo serrato e ricca di colpi di scena, proprio come piace a me. Sto anche lavorando ad altri progetti, ma di quelli non posso ancora parlare. Sono però cose un po’ diverse dai miei ultimi romanzi, diciamo delle sorprese…
Molto bene, non mi resta che ringraziarti anche a nome dei nostri lettori.
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