Libri del cuore e cuori di libri è lieto di ospitare oggi l'autrice Veronica Elisa Conti, dalla cui penna ha preso vita il thriller-noir "Il serpente dorato", di cui spero di riuscire a proporvi presto la recensione! Lascio subito la parola alla mia ospite!
Per chi ancora non ti conoscesse: che cosa ci dici di te? Sono una lettrice compulsiva che un giorno ha provato a mettere su carta la sua immaginazione fatta di segreti e zone oscure. Amo molto viaggiare e scoprire, e reputo “casa” il luogo che raccoglie mio marito, il nostro gatto e me. Il primo ascolta in esclusiva tutte le mie storie, il secondo mi accompagna soffice nella terra dei sogni. Mi rilasso coltivando enormi bonsai.Dimenticavo, sono una ragazza ansia e sapone.
Forse è una domanda scontata, ma questo non significa che non sia importante: che cosa ti ha spinto ad avvicinarti alla scrittura?Ho sempre sentito il fascio della figura di Sherazad, non quanto donna desiderabile, ma come narratrice di storie.Così ho iniziato a concretizzare in un corpus logico e organico le “immagini” archiviate nella mia testa e sono nate le “storie”. Le ho raccontate, classificandole in appunti, a Daniele, mio marito, sera dopo sera finché ho capito che volevo provare a condividerle con più persone. Ho letto, letto, letto e cominciato a scrivere inizialmente per me stessa. Perché, anche se vuoi che la storia raggiunga più persone, scrivere per te e per il tuo divertimento è il seme di tutto.
Parlaci un po’ dei tuoi libri: di che cosa trattano, qual è il genere, come sono nati… siamo lettori molto curiosi!I miei libri nascono, come ho già scritto, dalle “storie” da me inventate e narrate a mio marito. Sono figli di letture svariate, spesso quasi ossessive, omogenee o schizofreniche. I testi che ho pubblicato sono “Le nebbie di Vraibourg” e “Il serpente dorato”, sono due thriller, ma in chiavi diverse: il primo psicologico, mentre il secondo esoterico. “Le nebbie di Vraiborug” è una storia di vendetta senza redenzione, “Il serpente dorato” abbraccia tutti i cliché del noir in un percorso verso un salto di fede.Amo il noir, la parte oscura della Luna. Senza dimenticare che l’Ironia è la grande burattinaia che manovra, coi suoi fili d’argento, i miei personaggi e il loro piccolo mondo.
Quali sono i tuoi modelli ispiratori, quali sono state le letture che più di tutte ti hanno formata?Ho esplorato con i libri, il mondo. La Francia di Flaubert, Zola e Maupassant, l’immensa Russia di Tolstoj, Dostoesky, Cechov e Puskin, il Sudamerica magico di Allende e Marquez, l’Inghilterra decadente di Wilde.Ho amato tutti questi libri, anche quelli ostici, però, nello scrivere, cerco di tenere a mente soprattutto la sinteticità cinica e onesta di William Somerset Maugham, la profondità prospettica di Irène Némirovsky e il mistero attraente e terrificante di Poe. Senza dimenticare di attingere alle poesie di Francois Villon ed Emily Dickinson, perché loro è il sapere e il suono puro della parola.
Nella tua esperienza editoriale, quali sono quegli aspetti che ti hanno soddisfatta e cosa, al contrario, cambieresti?Nella mia esperienza sono rimasta soddisfatta innanzitutto per l’attenzione e la cura che le due case editrici MUP e Pegasus hanno dato alle mie opere, al lavoro prezioso che hanno svolto nella revisione e nella resa grafica dei libri.Cosa cambierei? Non so.L’unica cosa che mi può mettere a disagio è revisionare, su richiesta, alcune parti dello scritto che, secondo me, non necessiterebbero di altri ritocchi. Questa però è una visione molto soggettiva, quasi “materna” di una madre che vede i suoi figli d’inchiostro sempre perfetti.
A questo punto ti chiedo, che cosa ne pensi in generale dell’editoria italiana nelle sue diverse forme? E’ molto bello che tante case Editrici propongano concorsi per aprire le porte anche agli esordienti, mentre è veramente difficile raggiungere in modo semplice i grandi nomi dell’editoria.
Il consiglio che non daresti a nessuno scrittore alle prime armi?Scrivere per puro esercizio intellettuale, scrivere senza divertirsi. Lo scrittore riesce a toccare il lettore solo se prima la sua stessa scrittura lo ha fatto piangere, ridere, spaventare o altro. In primis si scrive per se stessi.
Se dovessi scrivere una storia in cui il protagonista è un animale, che animale sarebbe? Perché?
Lo confesso: sono una gattara. Senza nulla togliere al mondo animale, i gatti sono le creature che amo di più. E da un punto di vista letterario e costruttivo, sono affascinanti: sono un tramite, un traghettatore che, con i loro occhi liquidi, vedono altri mondi senza paura.Poi hanno nove vite! La pacchia per uno scrittore
Ti viene data la possibilità di compiere un lungo viaggio a tua scelta: dove ti piacerebbe andare e per quale motivo? Vorrei esplorare tutte le realtà della Russia: l’europea San Pietroburgo, la più classica Mosca, i paesi minuscoli e miseri, spesso collegati tra loro dai Bettelli-Chiesa, la tundra gelata popolata da Rusalke.E’ una nazione controversa, incoerente e multipla, con una storia ricca e agghiacciante, è questo l’aspetto che mi attira: è una sfida.
Per finire, hai attualmente altri progetti nel cassetto, libri da pubblicare, storie da raccontare, cose da dire?
Ho nel cassetto della mia mente molti libri ancora da scrivere (e molti da leggere!). Adesso sto lavorando a quello che io definisco “il mio Romanzo Russo”: un diario di memorie ambientato nella Pietroburgo del 1870 circa. E, proprio come la tradizione letteraria russa vuole, sento che sta diventando lungo…Spero non mi sfugga di mano!
Grazie Veronica per questa chiacchierata!