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Questa settimana facciamo uno strappo alla regola e le interviste sono due: oltre a quella che ci ha fatto Qype abbiamo il piacere di pubblicare un "last minute" d'eccezione, l'intervista a SONE, uno dei 20 artisti che darà vita a "20keiTH", il progetto espositivo tributo al genio di Keith Haring che si aprirà sabato 11 settembre, a partire dalle ore 18, presso la galleria Ex Roma Club Monti di via Baccina 66 (www.20keith.tk), ma bando alle ciance a voi SONE
Chi è Sone?
- Sone nasce a Rimini, cresce in Sicilia, a Messina, sino all'età di 21 anni, studia advertising e graphic design a Roma dove attualmente vive e lavora ormai da 13 anni.i suoi lavori evidenziano l'attidudine a esplorare concetti standardizzati per trovare nuovi modi di costruire messaggi. Che sia su muro, su tela, su carta o su una maglietta il punto di partenza e sempre un pensiero, laterale rispetto alla superficie, per ribaltare il significato apparente delle cose cambiandone il senso o la percezione. I suoi soggetti, caratterizzati dall'uso prevalentemente grafico del bianco del grigio e del nero, traggono ispirazione dalla società e dalle sue contraddizioni.
Cosa significa per te la strada?
- La strada è un punto di partenza, è patrimonio della condizione umana contemporanea è la cultura di un popolo, è il palco dove ogni giorno va in scena la vita,è il luogo e la misura di quello che avviene alla società.
Qual'è il tuo rapporto con la città di Roma?
- Roma è come un bella fica senza cervello, ti annoia a morte ma non puoi fare a meno di innamorarti di lei. Come spesso capita agli amanti, nel corso del tempo il nostro rapporto è più volte mutato, in principio molto sesso, l'ho amata alla follia, poi ci siamo annoiati, ci siamo allontanati, mi ha tradito, l'ho tradita, mi ha chiamato, sono tornato con lei.Ancora oggi non riesco a lasciarla.
Spiegaci perché perdi tempo ad attaccare fantasmi giganti e neri per le strade
- Se do un pennarello a mia figlia, non mi chiede dove può disegnare, lo fa dove il suo istinto le dice di farlo, esprime la propria libentà, si appropria di uno spazio adatto alla sua comunicazione. Penso che il presupposto sia questo, istintivo, primordiale, va ricercato alle origini della comunicazione come necessità di lasciare una traccia della propria vita, della propria storia, della propria cultura relazionandosi così la società, sentire di avere un ruolo d divenendo patrimonio dell 'immaginario urbano. In questa ottica la strada è un luogo dove espimersi, confrontarsi, negare.Una firma diventa la testimonianza di un passaggio, di una esistenza, le pareti diventano uno spazio di pubblica opinione raccontando lo scorrere del tempo. Non esiste una spiegazione ma un bisogno.
Qual'è il tuo rapporto con il cibo.
- Adoro il cibo, mangio molto e ingrasso poco per ora.il gusto non dovrebbe mai mancare nella vita.
Situazione tipo "ti trovi a roma e tra un poster e l'altro ti viene una fame chimica" dove vai a rifugiarti per mangiare o bere qualcosa di buono?"
- senza pensarci troppo greco al pigneto, ottima qualità, giusto prezzo situazione molto gradevole.
E se invece ti trovi in un altra città?
- Ultimamente sono stato in colombia di roba buona ne ho mangiata tanta, se vi dovestetrovare "per caso" sull'isola di barù chiedete di arturo, in assoluto il miglior ceviche della costa.
Dacci un paio di validi motivi per farti attaccare un poster sulla facciata del condominio.
- Credo vi debba necessariamente piacere quello che faccio.
Piccolo spazio pubblicità: hai un progetto o un qualcosa che vuoi promuovere?
- Da non perdere questa settimana sabato 11 settembre "20keiTH", a partire dalle ore 19,alla Galleria Ex Roma Club Monti
Lasciaci una dritta su qualcosa di buono da mangiare e/o da bere (un piatto, una ricetta o anche un posto dove andare)
- A proposito di Colombia visto che sono appena tornato vi suggerisco un piatto parecchio saporito e nutriente come da tradizione colombina LA BANDEJA PAISA.
Viene da Antioquia, una regione montagnosa del Nord, ed è un mix di diverse ricette tipiche servito su una “bandeja”, un vassoio capiente.Fijoles con una porzione di hogao - una salsa al pomodoro, riso bianco scottato, carne macinata, i chicharrón - pezzi di cotenna fritta, la morcilla - una trippa di sangue e carne di maiale con piselli, i patacones - dischi di platano verde fritti, un uovo fritto, e aguacate - le frittelline di mais e formaggio.
Non è un menu di pranzo nuziale per stomaci forti e capienti, ma tutto quello che vi portano in tavola se, in Colombia, ordinate una bandeja paisa, piatto tipico della regione di Antioquia, nel nord del Paese.
I fijoles sono fagioli rossi stufati, preparati tenendoli a mollo per un giorno (ma solo se sono colombiani, se li prendete in Italia basta mezz’ora), e poi bolliti nella stessa acqua per tre ore assieme ad una zampa di maiale, carote, platani (una verdura simile ad una banana – ma simile perché, appunto, è una verdura e il gusto è diverso: trovarli da noi è abbastanza proibitivo) e hogao, una salsa di pomodoro e cipolla preparata come un soffritto. Quando sono cotti abbastanza si aggiunge olio, sale e cumino fino alla densità voluta.
Nella bandeja ci va anche del riso scottato (soffritto di cipolla, tre pugni di riso bianco e tre bicchieri d’acqua: coprire il tutto e aspettare che l’acqua evapori completamente. Il riso deve fare la crosticina sul fondo della pentola, la cosidetta “pega”, che per molti è una prelibatezza), delle fette di cotenna tostate in padella, delle frittelline di farina di mais impastate con il formaggio, un uovo fritto, dischi di platano verde fritti (ma ribadisco la difficoltà di trovarne in questo periodo in Italia) e un pugno di carne macinata fatta soffriggere con la cipolla.
Infine, ultimo ma non per ultimo, la morcilla. Per preparare questo piatto forte (in tutti i sensi) a base di carne di maiale, vendutissimo nelle “fritanguerías” delle città, servono due litri di sangue, al quale va aggiunto sale o aceto perché non coaguli, carne di varia pezzatura e le trippe. Si frigge il sangue e si lascia macerare la carne nel succo di arancia amara. Una volta pronti, si mescolano assieme e si inseriscono nelle trippe assieme ad un trito di cipolla. La salsiccia così ottenuta viene poi chiusa con ramoscelli d’arancio e cucinata per due ore.
A questo punto basta comporre nel vassoio tutti i piatti preparati e la bandeja paisa è pronta. Buon appetito - o, se preferite, ¡que te aproveche! A roma potete mangiarla dal colombiano sulla prenestina prima dell SNIA.
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