Magazine Maternità
Ecco una parte dell'"intervista". Se volete leggerla tutta, cliccate qui
Ciao Serena, so che sei mamma dall’agosto 2009 e che vivi la maternità nel modo più consapevole e naturale possibile, ti va di condividere con noi le tappe che sinora hai toccato? Ti sei sentita subito e istintivamente una “mammacanguro” o hai dovuto affrontare un percorso interiore? La domanda sorge in considerazione del recupero dell’istintualità che molte devono affrontare (io per prima mi sono trovata di fronte a questa situazione)
Hai detto bene: CERCO di vivere la maternità nel modo più consapevole possibile!
Si il mio bimbo è nato ad agosto 2009. Pensa che fino a qualche mese prima mi vedevo solo nel ruolo di zia (mio fratello ha due bimbi) e mai avrei pensato a quello di mamma!
In effetti si tratta propio di un percorso a tappe cominciato durante la gravidanza: ho iniziato a leggere e ad informarmi mossa dalla voglia di farmi una mia opinione in merito all’accudimentoo del bimbo che aspettavo.
Spinta dal timore non avere latte, ho iniziato a leggere un libro dopo l’altro: ogni lettura era una scoperta nuova che sfatava ciò a cui ero abituata a pensare e a sentire, non solo in merito all’accudimento del neonato, ma anche riferito al parto, alla nascita, alle vaccinazioni, ai pannolini lavabili, etc, etc.
Tutti questi temi per me nuovi, hanno cominciato ad appassionarmi e la voglia di approfondire è mano a mano aumentata.
Per quanto riguarda il portare, per me è stato, in parte, una cosa istintiva e in parte il frutto di un processo. Sono sempre stata attratta, anche quando non pensavo certo alla maternità, dalle donne che portano i loro bimbi, sopratutto di altre culture. In particolare ricordo un viaggio in Africa.
Pensavo fosse un’ottimo modo di prendersi cura del bambino pur mantenedo la propria libertà di movimento. Portare, e la gravidanza più in generale, è stato un processo di ricerca interiore: un’occasione per recuperare il rapporto con mia mamma, elaborare alcuni vissuti.
Sicuramente per arrivare a portare mio figlio, considerando questo modo non solo un’alternativa al mezzo di trasporto, ma nel suo significato più profondo, ho duovuto fare tabula rasa dei consigli che vengono elargiti, dei pregiudizi in merito al “viziare”.
Ho dovuto in qualche modo recuperare quell’istintualità, falsata da errate aspettative in merito ai bisogni dei neonati, condizionata dai pregiudizi e da decenni di stili di cura a basso contatto
- So che sei rientrata al lavoro da poco, come avete vissuto questo cambiamento?
Si sono rientrata al lavoro da circa tre mesi. Non è stato facile e non lo è tutt’ora, non tanto per la separazione, per il ditacco, quanto piuttosto per la consapevolezza di perdere e non godersi quei piccoli progressi di tutti i giorni, i sorrisi, i pianti di tuo figlio e dover concentrare tutto nelle poche ore serali.
La separazione non è stata traumatica e questo, sono convinta, sia dovuto al fatto che solo se esiste un legame forte può avvenire una buona separazione
Certo non è facile conciliare : l’organizzazione del lavoro non mette nelle condizioni una neomamma di potersi gestire, di avere orari flessibili, di essere valutata effettivamente sui risultati raggiunti e non sulle ore che passa in ufficio.
A volte anche la “scelta” del part time o, meglio, concessione, non arriva. Ci vorrebbero davvero più donne e mamme ai vertici aziendali con una sensibilità e progettualità diverse.
L'intervista continua sul blog di MAMMOLE
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