La situazione economico-finanziaria attuale sembra fatta apposta per scatenare nel cittadino medio una sindrome ansioso-depressivo-paranoidea, con la conseguenza di fargli perdere la lucidità necessaria per analizzare un problema così complesso. La paura non è mai buona consigliera e, soprattutto in Rete, in questi giorni siamo sottoposti ad un overloading di informazioni le più diverse tra loro, tra teorie della cospirazione, analisi troppo complesse oppure improntate alla faciloneria, fino alla propagazione incontrollata di vere e proprie sciocchezze. Tutto ciò non fa altro che aumentare l’ansia e la confusione di chi legge.
Giorni fa, cercando informazioni un po’ più specialistiche di quelle da fast-food mainstream sulla situazione economica, sono capitata su Voci dall’estero, un blog che nel giro di pochi mesi ha conquistato molte letture e le prime pagine di Google. L’autrice, Carmenthesister, economista social oriented, traduce dall’inglese articoli di economisti, bloggers, commentatori e, allargando la visuale, cerca di dare delle risposte alle molte domande che la gente si pone sulla crisi attuale.
E’ nata così l’idea di un’intervista, di una conversazione tra bloggers che, scambiandosi opinioni ed osservazioni, sperano di contribuire, senza censure e condizionamenti, ad aumentare il livello di informazione dei propri lettori.L’intervista, per la sua lunghezza e per comodità di lettura, viene proposta in due parti.***In questi giorni siamo terrorizzati a mezzo stampa e TV da una parola sola: default. Penso che nessuno di noi abbia idea di cosa succederebbe esattamente se un paese intero fallisse. Si parla di banche che, dopo il fallimento, sprangherebbero le porte e sigillerebbero i bancomat sequestrando di fatto i nostri soldi; di perdite secche di tutti i nostri risparmi investiti in titoli – a parte forse i primi centomila euro coperti dal fondo interbancario. Cosette così, insomma. E’ un gran brutto film, leggende metropolitane o tutto ciò è credibile e probabile? O c’è addirittura di peggio all’orizzonte?
“La prospettiva del default, o, come si dice con termine meno drastico, di una ristrutturazione del debito, è semplicemente nei numeri. Esistono in economia dei campanelli d’allarme ben precisi che indicano che un debito è inesorabilmente in aumento, e quando un debito grosso come il nostro aumenta, vuol dire che diventa insostenibile. Ebbene, questi campanelli adesso sono tutti accesi e lampeggianti. Il primo è il tasso di interesse che ci troviamo costretti a pagare sul debito, troppo alto rispetto alla crescita del paese. Questo significa che la nuova ricchezza creata in un anno non basta a pagare gli interessi. In queste condizioni, solo il “risparmio” del paese, il famoso “avanzo primario”, può coprire questa differenza. Adesso l’avanzo primario è di gran lunga troppo basso, e quindi questo è il secondo campanello che sta suonando. Quando le due spie sono accese contemporaneamente, la situazione si definisce insostenibile. Noi ci troviamo in questa situazione. Il governo Monti deve arrivare a un avanzo primario tale da coprire la spesa per interessi e stabilizzare il debito. Ma c’è un problema. Possiamo anche stringere la cinghia, ma c’è la certezza di mandare il paese in recessione. E così questa politica di austerità rischia di assomigliare ad una fatica di Sisifo, del tutto inutile perché alla fine il debito aumenta in percentuale del Pil, che intanto diminuisce. Senza una modifica delle regole europee, sinceramente io non vedo come evitare il default.“Se la situazione è grave, ci sono manovre pratiche di autodifesa che il piccolo e medio risparmiatore può adottare contro l’ipotesi più infausta, ossia il default? Se ne sentono di tutti i tipi. C’è chi consiglia di portare i soldi legalmente in Svizzera, di investire in oro, di ritirare il contante dalla banca ed affidarlo al caro vecchio materasso, di investire in dollari, di comperare casa sull’Unter den Linden a Berlino. Cosa ne pensi? Secondo te chi sarebbe la persona più adatta – e possibilmente privo di conflitti d’interesse come, ad esempio, le banche – a consigliare un risparmiatore in questo frangente? “Intendiamoci, è possibile che alla fine il default non ci sarà, perché nell’emergenza più nera i politici si muoveranno, saranno costretti a farlo, ma, come si dice, fidarsi è bene… quindi sì all’autodifesa preventiva, calibrata sulla situazione di ognuno.
Se si hanno almeno centomila euro, può valere la pena di proteggere i risparmi aprendo legalmente un conto in Svizzera. Questo salverebbe dal rischio euro, forse dalla patrimoniale, dipende se si ricordano di tassare anche i conti all’estero. Si può anche investire nella casa a Berlino, sulla rete ci sono dei gruppi di acquisto a condizioni molto interessanti, o per chi è più intraprendente anche nei paesi del Sud America, per esempio. Il materasso (o la cassetta di sicurezza) rimane però sempre valido, secondo me, per chi magari ha di meno e vuole proteggersi almeno dal rischio della temporanea chiusura degli sportelli, se non addirittura di un eventuale fallimento bancario, o di patrimoniale spalmata anche sui meno ricchi. Se si conosce qualche consulente finanziario indipendente, magari un blogger che si dimostra accorto nelle analisi e nelle previsioni, sarebbe meglio non perdere tempo. Mai rivolgersi alle banche, però, che come dici bene sono in conclamato conflitto di interessi.” Una domanda provocatoria. Secondo te è possibile che la crisi globale venga amplificata con una buona dose di terrorismo psicologico al fine di ottenere da noi cittadini, già che ci siamo, qualcosa in ambito politico che in altre situazioni sarebbe improponibile? Questo qualcosa potrebbe essere l’imposizione di un livello più basso di democrazia necessario alla sopravvivenza di un sistema in crisi quasi irreversibile? Una volta che questo qualcosa venisse ottenuto, la crisi potrebbe scomparire dalle cronache, un po’ come è successo per la guerra al terrorismo?In fondo anche nel 2001 ci fu una crisi economica gravissima, poi l’11 settembre provvide a distrarci e a farci concentrare sulla guerra e per un po’ non si parlò più di problemi finanziari. Ciò implica infine che una nuova guerra potrebbe risolvere la questione, rimandandola per un po’? Insomma, ciò che tiene in piedi il tardo capitalismo è proprio la shock economy? “Qui fai venir fuori il mio lato “complottista”. Vedi, la crisi del debito sovrano è figlia degli squilibri covati per lunghi anni a causa del meccanismo dell’euro, che ha riunificato sotto regole comuni dei paesi con differenze strutturali abbastanza forti, privandoli dei meccanismi del mercato che di solito provvedono a riequilibrare dei deficit o dei surplus eccessivi, come il tasso di cambio o il tasso di interesse diversificato. Molti economisti, soprattutto economisti americani anche importanti, l’avevano già detto che l’euro non poteva funzionare…quindi, la mia conclusione non può essere altra che i padri dell’euro sapevano, avevano previsto che tutto questo sarebbe accaduto, e l’hanno voluto ugualmente. Perché?
Tutta la costruzione Europea è stata fatta col metodo dei “piccoli passi”, che significa in parole povere mettere il carro davanti ai buoi, arrivare pian piano nei fatti a cessioni di sovranità nazionali anche importanti senza dichiararlo apertamente, e quindi senza passare attraverso l’altrimenti inevitabile processo democratico di una costituente, con tutti i rischi connessi. Adesso penso che intendano forzare i paesi a una cessione di sovranità sul piano economico e fiscale, per indirizzarli verso un’austerità sociale e una riduzione dell’intervento pubblico che in altre circostanze sarebbe sembrata inaudita, mentre è ben difficile osare di dire no, davanti all’emergenza del default. Hai detto bene. E’ una shock economy formato europeo. Quando la vedi sugli altri non pensi mai che possa succedere anche al tuo paese, invece…” Mi vengono in mente tutte le polemiche attorno al Trattato di Lisbona, visto come il primo passo verso la perdita di sovranità dei paesi europei.
E’ possibile che questa crisi sistemica sia provocata dalla trappola della crescita ad ogni costo? Da un sistema che si sta autoincaprettando nell’inseguirla? Esiste veramente, come ripetono a noia gli imprenditori, la possibilità di una crescita continua, praticamente esponenziale dell’economia, quando a noi profani pare che le risorse energetiche, e non solo, siano limitate? Questi imprenditori non staranno pensando solo alla crescita dei loro profitti? Quella che stiamo vivendo è solo una delle crisi periodiche del capitalismo o stavolta il caro vecchio sistema rischia proprio di fare il botto? “Da quel che ho capito io, questa necessità della crescita, che bada bene è una necessità reale – se un paese non cresce e ristagna o va in recessione c’è disoccupazione e crisi – è causata dal meccanismo del debito e dell’interesse. Siccome nell’economia di oggi la grande maggioranza della moneta esistente è moneta a debito, creata dal sistema bancario dando a credito ripetutamente i depositi dei clienti, l’attività economica è gravata dalla necessità di ripagare gli interessi, e questi vanno ripagati da un reddito che necessariamente deve crescere. Oggi abbiamo dappertutto nel mondo una quantità impressionante di debito, pubblico o privato che sia. Il circolante, la moneta non bancaria, è solo una piccola parte (circa 10%) della moneta totale. Immagina quindi quanto il debito schiaccia l’economia con un ossessivo quanto irrealizabile bisogno di crescita.” Cosa ne pensi di chi invoca un ritorno a Keynes ed alle politiche di ispirazione rooseveltiana per uscire dall’impasse attuale? E’ corretto il paragone tra questa crisi e quella del 1929 in un mondo completamente diverso, soprattutto tecnologicamente, da quello di allora? “La politica Keynesiana, che voleva realizzare un capitalismo illuminato dal volto umano, e per qualche decennio c’è riuscita, è stata messa in crisi dalla globalizzazione. Lo Stato non può più fare le sue scelte di politica economica in un contesto dove il grande capitale sfugge alle regole nazionali, dove la competizione per esportare e procurarsi le necessarie riserve valutarie costringe a controllare salari e prezzi scordandosi della domanda interna.In questo contesto, la politica Keynesiana, o è globale, o non è.Secondo me comunque occorre superare la contrapposizione stato/mercato con un’economia finalmente “civile”. Siamo noi, gli operatori economici, che non dobbiamo comportarci da “homo economicus” avulso dai sentimenti, dall’etica, dalla necessaria armonia con gli altri, che non dobbiamo perseguire il massimo profitto ad ogni costo. Delegare allo stato il problema della redistribuzione e dell’equità – e della domanda – è in fondo un modo per lavarsene le mani, accettando come altra faccia della medaglia un mercato selvaggio che da parte sua fa le brutture che vuole. Ci vorrà del tempo, ma bisogna sempre più pensare in questa direzione. In proposito, raccomando di leggere o ascoltare qualcosa di Stefano Zamagni, ad esempio qui.” Stiamo definitivamente dimostrando che il mercato non è vero che si autoregoli senza bisogno di controlli – come sostengono i liberisti – e che, anzi, ha più che mai bisogno di regole nel momento in cui si confronta con i rischi della speculazione? “Sono d’accordissimo, la deregolamentazione ha provocato disastri. A mio avviso in primo luogo bisognerebbe riportare le banche alla loro funzione creditizia tradizionale, con una netta separazione rispetto all’attività di investimento finanziario, che mette a rischio i depositi dei clienti, fa lavorare le banche in conflitto di interesse, e penalizza il credito alle imprese. La finanza speculativa e ultraspeculativa poi non dovrebbero proprio esistere. Io sono molto radicale in questo. Secondo me non bisogna poter vendere cose che non si posseggono, per esempio. Ma la difficoltà è che bisogna imporre le regole a livello globale, altrimenti è inutile.” Fine prima parte – Continua.