In primo luogo abbiamo chiesto a Giuseppe dove sta la frattura tra gli utenti e i produttori di contenuti: a suo avviso è evidente che una frattura c'è in quanto l'industria culturale così come la conoscevamo funzionava sull'idea che i contenuti erano scarsi e che fosse necessario pagare per averli. In cambio si poteva avere un servizio: trovare libri in libreria e dischi nel negozio di musica, era possibile accedere alle informazioni che loro selezionavano.
Ora però è cambiata la grammatica culturale: i costi di produzione sono prossimi allo zero, tutti possono produrre e distribuire con agio i propri contenuti. Il gap è di educazione, non siamo socialmente educati a navigare bene l'abbondanza di notizie, libri e contenuti a disposizione, e non sappiamo riportare su di noi il dovere e la responsabilità di mediazione delegata in precedenza a quei pochi. Se il mondo cambia velocemente, nessuno ha il tempo di codificare il cambiamento, farlo capire e farlo diventare patrimonio culturale comune.
La previsione più ragionevole è di un editore indipendente newyorkese, che ragiona su un principio facile da intuire: sarà molto difficile nei prossimi anni fare soldi vendendo dei contenuti. Questo perché evidentemente se tutti possono produrre dei contenuti, allora diventa complicatissimo dar loro un prezzo.
La risposta è che il contenuto di qualità non eccellente diventa una pura commodity: nel futuro, dal punto di vista di chi lavora sui contenuti, si premierà di più il lavoro autoriale, una curation ben fatta, la capacità di raccontare un mondo mettendo insieme fonti diverse. Si può avere così una comprensione più alta, e risparmiare tempo. E il tempo del lettore ha un valore economico.
In questo periodo di grande transizione, gli editori cambiano il proprio ruolo, e una delle ipotesi possibili è che diventino loro stessi dei content curator. Il grande problema degli editori è capire come sopravvivere oggi: che cosa offre di più, come garantisce di riuscire a vendere più libri rispetto a qualcuno che pubblica in maniera indipendente? Negli States si dice che il vero nemico non è la pirateria, ma l'oscurità: il problema sta nel rendere visibili i propri contenuti in un mondo in cui tutti producono dei contenuti. Ed è questo il problema che gli editori devono imparare a risolvere.
La figura del curator ha già un ruolo importantissimo: se si tenta di ricostruire il quadro di un evento, da lettore, si può spendere anche un pomeriggio di studio e di ricerca. Se si trova invece qualcuno che ha già fatto questo lavoro, che costruisce una buona curation, non si limita a dare la notizia ma costruisce un quadro ampio, allora si scopre che si è guadagnato del tempo, che ha un valore enorme in quanto è la vera risorsa scarsa.
Abbiamo chiesto anche come evolveranno le piattaforme di curation: secondo Giuseppe il valore della curation non è nello strumento, ma nella capacità cognitiva, nei riferimenti culturali e nel metodo di chi la fa. La piattaforma è soltanto uno strumento, e per come la intende lui, una buona curation si può fare splendidamente in un blog.
Naturalmente invito tutti a visionare l'intervista integrale, ben più ricca di dettagli rispetto a questa mia breve sintesi.
Buona visione!
Maria Petrescu | @sednonsatiata
Intervistato.com | Giuseppe Granieri
We interviewed Giuseppe Granieri, who talked about publishing and new models, content curation and the new paradigms related to the production of content.
First of all we asked Giuseppe where the fracture between users and content producers lies: he believes it is obvious that there is a fracture, since the cultural industry as we know it functioned on the idea that content was scarce and that it was necessary to pay to have it. In exchange you got a service: finding books in the library and disks in the music store, it was possible to have access to the information they selected.
Now, however, the cultural grammatic has changed: the production costs are next to zero, everyone can produce and distribute their own content at ease. The gap is educational, we're not socially educated to navigate the abundence of news, books and content, and we don't know how to take the responsibility of mediation on ourselves, the one that used to be delegated to the selected few. If the world changes rapidly, nobody has the time to codify change, make it understandable and turning it into common cultural patrimony.
Another aspect we saw in our interview was the one of the balance between quality and quantity: Giuseppe believes that what we see happening now doesn't describe how things will be in a year's time. These are transitory situation, since they try to answer to a grammar that we still don't understand the functioning of.
The most reasonable prevision is of a New York independent editor, who pointed out a principle that is easy to grasp: it will be very difficult in the next years to make money by selling content. This is because evidently everyone can produce content, so it becomes complicated to give them a price.
The answer is that content of not excellent quality becomes a pure commodity: in the future, from the point of view of who works on content, the author's work will be rewarded, or a well done curation, the capacity of telling the story of a world by putting together different sources. You can hence have a higher comprehension, and save time. And the reader's time has an economical value.
During this time of great transition, the editors change their role, and one of the possible hypotheses is that they become content curators themselves. The great problem of editors is understanding how to survive today: what do they offer more, how can they guarantee to sell more books than someone who publishes independently? In the States they say that the true enemy isn't piracy, but obscurity: the problem is to make your content more visible in a world in which everybody produces content. And this is the issue editors must learn to solve.
The figure of the curator already has an extremely important role: if you try to reconstruct an event, as a reader, you can spend an afternoon of research and study. If you find someone who has already done the work for you, who has built a good curation, and didn't just give the news but actually built a wide scenario, then you discover that you saved time, which has a great value because it is your scarce resource.
We asked how the curation platforms will evolve: in Giuseppe's opinion, the value of curation isn't in the tool, but in the cognitive capacities, the cultural references and the method of who does it. The platform is just a tool, and for how he sees it, a good curation can be done splendidly in a blog.
Of course, I invite everyone to view the full interview, much richer in details than my brief analysis.
Enjoy!
Maria Petrescu | @sednonsatiata