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"Interviste a Thich Nhat Hanh"

Da Risveglioedizioni
Risveglio Edizioni, Libri, Spiritualità, Meditazione, Medicina, Cosmologia, Arte, Filosofia, Ufologia, Federico Bellini, Ambra Guerrucci, Osho, TV Thich Nhat Hanh, monaco zen vietnamita, poeta e costruttore di pace, è oggi insieme al Dalai Lama una delle figure più rappresentative del Buddhismo nel mondo. Nato in Vietnam centrale nel 1926, ordinato monaco all’età di 16 anni, ha operato fin dalla sua giovinezza affinché il buddhismo portasse pace, riconciliazione e fratellanza nella società...
Nel 1964, durante la guerra in Vietnam, ha dato vita a uno dei movimenti di resistenza nonviolenta più significativi del secolo, i Piccoli Corpi di Pace: gruppi di laici e monaci che si recavano nelle campagne per creare scuole, ospedali e per ricostruire i villaggi bombardati, subendo attacchi da entrambi i contendenti, che li ritenevano alleati del proprio nemico. Nel 1967, mentre si trovava negli Stati Uniti, è stato candidato al Nobel per la pace da Martin Luther King, che dopo averlo incontrato ha preso posizione pubblicamente contro la guerra in Vietnam. Due anni dopo, già costretto all’esilio, ha dato vita alla Delegazione di Pace Buddhista, che ha partecipato alle trattative di pace di Parigi. Dopo la firma degli accordi gli è stato rifiutato il permesso di rientrare nel suo Paese. Si è stabilito in Francia, dove nel 1982 ha fondato Plum Village, comunità di monaci e laici nei pressi di Bordeaux, nella quale tuttora vive e insegna l'arte di vivere in consapevolezza. Ai suoi ritiri partecipano ogni anno migliaia di persone, provenienti da ogni parte del mondo. Solo nel gennaio del 2005, dopo 39 anni di esilio, su invito ufficiale del governo vietnamita ha potuto far ritorno per tre mesi in Vietnam, accompagnato da un folto gruppo di monaci e laici, per un viaggio di riconciliazione e insegnamenti. (tratto da www.esserepace.org) “Il vero buddhista? Non usa profumi né e-mail” di Fabrizio Mastrofini (“L'Avvenire”, 6 giugno 2003) Sciogliere il dispiacere, praticare la comprensione e la compassione, disinnescare la spirale dell’odio imparando a riconoscere la sofferenza che è negli altri e in noi stessi. È la lezione di Thich Nhat Hanh, 77 anni, monaco buddhista vietnamita, esule da decenni, proposto al Nobel per la pace da Martin Luther King per l’impegno a favore della fine del conflitto in Vietnam e per alleviare le sofferenze della popolazione civile. In questi giorni a Roma, Thich Nhat Hanh ha risposto ad alcune nostre domande. Domanda: la religione è spesso usata come pretesto per la guerra piuttosto che per la pace. Qual è il suo pensiero in proposito? Risposta: il nostro popolo soffre e ha bisogno di un percorso spirituale. La religione offre questo percorso. Il cammino proposto indica la strada spirituale e crescendo si diventa più comprensivi e più compassionevoli. I leader spirituali devono dare un insegnamento perché la gente diventi aperta, tollerante, comprensiva e compassionevole. Invece la gente spesso è dogmatica e critica gli altri cammini spirituali, così la religione diventa causa di conflitto. D.: quali punti di contatto vede tra buddhismo e cristianesimo? R.: il cristianesimo cerca di scavare alla ricerca di Dio e il buddhismo invece cerca la "realtà pura". Per me la ricerca è la stessa, una visione più profonda della realtà. È mia convinzione che il Regno di Dio è adesso o mai più! Sia buddhismo che cristianesimo devono dare questo insegnamento in teoria e in pratica, perché il passato è passato, il futuro non è ancora. Abbiamo il presente, per viverlo. Noi desideriamo il potere, il sesso, la salute e sacrifichiamo tutto il resto, e soffriamo, mentre la libertà da questi desideri ci fa sperimentare la felicità e il Regno di Dio adesso. E le giovani generazioni lo praticheranno se noi parliamo direttamente loro, rinnovando il nostro insegnamento. Il dialogo rende possibile questo incontro, non sul piano teorico ma pratico. D.: perché la spiritualità orientale attira persone che vengono dalle tradizioni occidentali? R.: vedono nel buddhismo un esercizio pratico per essere vicini alle sofferenze e alle afflizioni ed essere comprensivi e compassionevoli. D.: lei ha rivisto la regola monastica del suo ordine dell’«inter-essere».Perché? R.: il buddhismo è antico di 2600 anni. Ma c’è una tendenza alla corruzione nel monachesimo, come forse in altre esperienze e tradizioni. Le regole non sono mai state riformate e ora devono essere rinnovate in base alla situazione attuale. Per la prima volta nella storia del buddhismo le abbiamo rinnovate. La regola rivista si chiama "pratimoksha", che vuol dire "la libertà di coloro che sono separati", per preservare la loro libertà nell’essere differenziati dal mondo. Regole che dicono che i monaci non possono allontanarsi senza permesso, non devono possedere beni, fare uso di profumi; ad esempio, l’e-mail non deve distrarre dai compiti... non si deve avere un conto bancario proprio. La libertà è di non possedere; il telefono non va usato per conversazioni non necessarie. Noi sappiamo che solo rendendo il buddhismo vivo e libero dalla corruzione possiamo essere autentici discendenti della radice del Buddha. "Buddha si è fermato tra i vigneti" - In Francia, il più grande monastero Zen d'Europa è una beauty farm dell'anima. Siamo andati a visitarla. Di Massimo Morello ("Natural Style", novembre 2004) “Qui la pratica ha un effetto positivo, un nuovo tipo di energia scorre qui”. Thây, il Maestro, solleva la tazza del tè, ne assapora il profumo, quello che sembra l'accenno di un sorriso alleggerisce la severità del volto. Thây, Maestro o Padre, come lo chiamano i discepoli, è Thich Nhath Hanh, monaco e poeta vietnamita, uno dei maggiori esponenti della tradizione Zen contemporanea. Il qui è il monastero buddhista di Plum Village, il villaggio dei prugni (la lingua ufficiale è l'inglese), circa 85 chilometri da Bordeaux, in Dordogna, nella Francia sudorientale. È composto da tre gruppi isolati di casolari tipici della zona, sparsi tra vigneti e coltivazioni di prugne. Sono stati trasformati in dormitori, sale di meditazione, cucine, sale da pranzo. I muri, che erano intonacati, sono stati spogliati mettendo a nudo la pietra, l'argilla, il fango utilizzati da secoli come materiali da costruzione. I pavimenti non sono lucidati, nelle sale il riscaldamento è con semplici stufe a legna. Ai lati dei sentieri in terra battuta crescono fiori, bambù, frutta. L'energia che scorre a Plum Village, la pratica che si compie è quella che Thây definisce “presenza mentale”, la piena consapevolezza di sé, “di ogni respiro, di ogni movimento, di ogni pensiero e sensazione, di tutto quanto ci riguarda”. Il che dovrebbe permetterci di vivere meglio. “È un processo di scoperte. Dovete essere del tutto presenti per ottenere una diversa percezione della vita. Dovete essere come giardinieri che coltivano il giardino di casa: coltivare le emozioni, abbracciare le emozioni”. È una fatica. È come adattarsi all'aria sottile delle alte quote o all'atmosfera soffocante della foresta pluviale. “Diventi mindfully drunk, ubriaco mentalmente” dice un medico americano che studia gli effetti della meditazione come terapia. “È come se il corpo entrasse in crisi d'astinenza da elementi intossicanti”. Cambiano innanzitutto i ritmi circadiani, l'alternarsi di veglia e sonno del nostro orologio biologico, che torna a sincronizzarsi con quello solare. E cambiano le abitudini alimentari: i pasti sono vegetariani, si mangia in silenzio e molto lentamente. Di fumo e alcool nemmeno a parlarne. Plum Village è una beauty farm dello spazio interno, un centro d'attrazione dei nuovi nomadi spirituali. ANCHE IL LAVORO E MEDITAZIONE “Svegliandomi io sorrido al mattino e a tutte le ore che seguiranno” dice sorridendo Phap Y, un monaco che sembra la materializzazione di uno dei ritratti sereni e gioviali caratteristici della pittura Zen. “Cercate di trasformare ogni istante della giornata in un'esperienza gioiosa e illuminante. Per esempio, provate semplicemente a dedicare tutta la vostra attenzione nel preparare il tè. Riuscite a farlo?”. Personalmente faccio fatica anche ad ascoltare, anzi, non riesco quasi a restare sveglio. È come se il cervello stesse andando in corto circuito: non connetto occhi, cervello, la mano con cui cerco di prendere appunti: la sveglia è scoccata alle 5, seguita da un'ora di meditazione in silenzio, poi dalla colazione, quindi dalla “meditazione del lavoro”, ossia un'ora per rassettare le stanze e lavare le stoviglie. A Plum Village le giornate trascorrono così, alla ricerca della presenza mentale, momenti scanditi da rintocchi di campana che impongono di fermarsi, qualunque cosa si faccia, per esercitare mente e corpo al concetto di stop. Per “cogliere l'attimo”, devi applicarti nella tecnica fondamentale dello Zen, la meditazione. C'è quella che si compie all'alba e la sera, in silenzio, nella posizione che si preferisce, seguendo il flusso dei propri pensieri. E c'è la meditazione passiva, una tecnica di rilassamento profondo indotta dalle parole e dal canto di Chân Không, la monaca vietnamita che ha sempre seguito Thây nelle sue lotte per la pace e la giustizia (e per questo anch'essa esiliata) e che a Plum Village incarna la figura materna. ZEN SIGNIFICA NIENTE DOGMI La meditazione che rappresenta lo spirito più profondo dell'insegnamento di Thây è la meditazione in cammino. “La qualità non è in duecento passi. La qualità è in ogni passo. Considera che ogni percorso rappresenta la vita” dice. “Camminando per un viottolo sterrato, se praticate la presenza mentale entrerete in contatto con quel sentiero”. Lui cammina davvero così, con elegante lentezza e profonda attenzione, tra i vigneti di Dordogna, come fosse su un sentiero del Vietnam, tra le risaie e le piantagioni di tè attorno a Phuong Boi, il monastero odorante di foglie di palma (le foglie dov'erano scritti gli insegnamenti del Buddha). Alle volte, mentre passeggi tra le brume e i vigneti attorno al monastero pare proprio d'essere in Vietnam, osservando le sfilate di monache vietnamite col loro non, il cappello a cono di paglia. Ma è un'immagine che non ha nulla di stonato né di falsamente esotico. Rappresenta lo stile di vita che Thây ha elaborato, una sorta di rivoluzione culturale del buddhismo. “Se incontri il Buddha uccidilo. Devi liberarti da ogni dogma. Se non sei capace di uccidere il Buddha non puoi uccidere i tuoi preconcetti”. È una gran bella giustificazione per chi non riesce a trattenersi e cede alle tentazioni locali. “In fondo il Bordeaux va bevuto con presenza mentale” diceva un compagno di ritiro, mentre ci dirigevamo verso un bistrot. Fonte: Autori Vari

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