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L'ospite di oggi è un vero vulcano, difficile stargli dietro, impossibile descriverlo, Giorgio sfugge a ogni tipo di scatola: antropologo, artista, videomaker, curatore artistico, produttore cinematografico, sognatore, urbanista, camminatore, fotografo, cantastorie, scienziato, gallerista, rivoluzionario, scrittore, astronauta, Giorgio non è niente di tutto questo, Giorgio è un virus...
Chi è Giorgio De Finis? (e cosa vorrebbe ancora essere)
Innanzitutto de Finis si scrive con la “d” piccola, una questione tutta grafica-anagrafica e non di araldica! Sono un antropologo che ha scelto di raccontare le storie che lo interessano avvalendosi, oltre che della penna, del video e della fotografia. Ho diretto riviste, case editrici, realizzato programmi tv, inventato la festa dell’architettura di Roma, … e ora sono impegnato nella regia di progetti di arte condivisa, il cantiere cinematografico e d’arte Space Metropoliz, ideato con l’amico e collega Fabrizio Boni, e il MAAM il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia. Diciamo che in generale sto liberando progressivamente gli “altri me”, senza preoccuparmi troppo se agli occhi degli altri questo sia coerente o meno. Quello che noto è che, col passare degli anni, dall’attività disinteressata chiamata “scienza” sto passando all’attività disinteressata chiamata “arte”.
Cosa significa per te la strada?
La mia prima ricerca sul terreno si è svolta nella foresta primaria di Palawan (Filippine); dopo mi sono occupato delle giungle di pietra. La città è diventato l’habitat privilegiato della specie Homo Sapiens, almeno dal 2007, anno in cui si è passato il Rubicone, con oltre il 50% degli uomini che vive in città. Dato che mi occupo di fenomeni urbani direi che la strada è un luogo elettivo. Anche se l’esplorazione urbana a volte si fa lasciando la strada e abbandonandosi alla deriva, come gli amici Stalker sanno bene.
Qual è il tuo rapporto con la città di Roma?
Roma è la mia città. Trovo che stia diventando una città poco ospitale, perfino ostile. La più bella città del mondo, ma faticosa, frustrante e dove vivere costa troppo. Spesso ho la tentazione di trovare una porziuncola dove ritirarmi a lavorare, in un paesino o tra gli ulivi del Salento… (de)finis terrae.
O andare finalmente a vivere in città! Londra, New York, Shanghai.
Spiegaci perché perdi il tuo tempo con gli street artist e con altri fenomeni da T.S.O.
Innanzitutto per la sua dimensione urbana, perché si confronta con temi come quello dello spazio pubblico, perché rivendica la libertà d’espressione, in barba alle videocamere di sorveglianza e alle regole che politica ed economia stabiliscono solo per gli altri (quante affissioni abusive commerciali abbiamo, senza parlare di quelle delle campagne elettorali). A Roma lavorano molti artisti davvero interessanti. Alcuni sono cari amici.
In effetti, amici a parte, ora che mi ci fai pensare, la street art è un po’ bipolare… comunque tende ad essere “ossimorica”, tratto che secondo i sociologi del postmoderno caratterizzerebbe la nostra epoca. Ad esempio quelli della street art sono tutti interventi site specific, anche se ogni artista ripropone, a volte in maniera ossessiva, la propria la propria icona, o il proprio immaginario. Gli street artisti si confrontano con il grande pubblico, provocandolo ma al tempo stesso anche cercando di accattivarselo. Mi interessa molto l’aspetto legato alla “generosità” dell’artista, che dona alla collettività opere anche molto complesse e a cui ha dedicato settimane di lavoro non retribuito. Anche se è ovvio che questo contribuisce alla crescita dell’artista in termini di curriculum (e fa salire i prezzi dei lavori venduti in galleria)… potremmo continuare…
Qual è il tuo rapporto con il cibo?
Amo molto mangiare. C’è chi distingue tra quelli che mangiano prima il boccone migliore e poi il resto e chi si conserva la ciliegina per ultimo. Io la mangio subito… e mastico poco.
Situazione tipo: "ti trovi a Roma e tra una installazione e un reportage fotografico ti viene una fame chimica" dove fai a rifugiarti per mangiare o bere qualcosa di buono?
Quando lavoro metto un timer che sposta tutte le necessità fisiologiche a fine giornata. Non faccio neanche pipì. Mangio se è una necessità che viene a chi si trova a lavorare con me. Comunque un break forzato che mi costringa seduto davanti a una blanche e a una tartare di salmone selvaggio ci può stare.
E se invece ti trovi in un'altra città?
Idem. Ma se ho tempo mi informo e faccio visita a qualche buon ristorante con cibo e vino locale. Altrimenti giapponese, che va sempre bene.
Dacci un paio di validi motivi per venirti a trovare al MAAM.
Le duecento persone che lo abitano. Il MAAM è un museo contaminato dalla vita, un luogo straordinario di incontro, il solo museo romano che sopravviverà alla crisi e ai tagli alla cultura. E poi rappresenta una sfida. Il MAAM si prefigge di trasformare la ex Fiorucci in un super oggetto di arte condiviso.
Piccolo spazio pubblicità
Ne approfitto per invitare tutti a visitare la -1 art gallery, il nuovo spazio underground della Casa dell’Architettura di Roma. Dopo il “Cabinet of Natural History” di Lucamaleonte abbiamo inaugurato la “Chinese Room” di Diamond… e a settembre si ricomincia! Con “Sancta Sanctorum” di Mr.Klevra e Omino 71.
Lasciaci un'ultima dritta su qualcosa di buono da mangiare e/o bere
Domanda difficile. Direi che tutti dovrebbero trovare il modo di bere almeno una volta nella vita un bicchiere di Chateau d’Yquem, vino muffato da “meditazione”. Personalmente ne ho ricevuto una bottiglie in regalo per il mio secondo matrimonio. Poi ne ho ordinato un bicchiere anni dopo in un locale newyorkese molto chic (quando anche il secondo matrimonio era andato), ma è stato poi imbarazzante insistere con le cameriere che si avvicendavano al tavolo che era sufficiente così!
[email protected]
su facebook: Louise Cane, Space Metropoliz, MAAM, -1 art gallery…
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