© Nicola Ughi
Da bambino dicevi “da grande farò lo scrittore”? Nemmeno per idea. Da bambino, vedevo mio padre che passava le proprie giornate a preparare i lucidi per le lezioni; mio padre insegnava immunologia, e secondo me il suo lavoro consisteva nel fare disegni bellissimi e coloratissimi e poi andarne a parlare agli studenti. In poche parole, il lavoro più bello del mondo. Per cui, da bambino quando mi chiedevano “cosa farai da grande” rispondevo “il professore universitario”. Questo ha avuto un impatto piuttosto negativo sulla mia socialità, da bambino, e anche oltre, per cui leggevo moltissimo: il che è necessario per scrivere.Sebbene i romanzi con protagonisti Massimo, nonno Ampelio e gli altri fantastici vecchini, mi facciano sempre ridere tanto e di gusto, per me il momento in assoluto più divertente in un tuo libro è in Odore di Chiuso, quando Gaddo incontra Carducci per strada e quest’ultimo gli risponde con una sorta di poesia. Da quando l’ho letta, non riesco a fare a meno di chiedermi: ma come ti è venuta? Le strofe finali della poesia apocrifa del Carducci mi sono state recitate da mia moglie Samantha, la quale mi ha raccontato anche una storia molto simile alla scena del libro, parlandone come di leggenda metropolitana (o meglio, paesana) di Bolgheri; pare che il Carducci, sorpreso a cambiare l’acqua al merlo sulla porta di casa di una guardia comunale, sia stato redarguito dalla stessa e abbia risposto letteralmente per le rime... Il resto è opera mia, ho tentato di scimmiottare lo stile carducciano con un po’ di spirito goliardico.
Come sei stato scoperto (o come sei riuscito a farti scoprire) dalle case editrici che ti hanno pubblicato? Grazie ad un uso accorto della statistica, unito ad un fenomeno chiamato “colpo di culo”: ho inviato il mio primo romanzo, La briscola in cinque, ben rilegato e con tutti i dati sul frontespizio, a circa quindici case editrici. Mi ha risposto solo una. Grazie alla parte anatomica di cui si diceva sopra, è stata Sellerio: quella a cui tenevo di più, tanto che in un primo momento non glielo avevo nemmeno inviato. Mi sembrava di mirare troppo in alto.
Qual è il tuo rapporto con i critici professionisti e con i book blog? Ai book blog voglio un bene dell’anima: il primo romanzo ha avuto successo grazie al passaparola creatosi su internet e nelle librerie indipendenti. Coi critici professionisti, il rapporto è ambivalente: dipende dalle persone, e dalla loro onestà. Però in genere sono stato trattato anche meglio di quanto meriti...
Qual è la cosa più bella che è stata detta riguardo a un tuo romanzo? E la più brutta? Una volta, sono stato fermato da una signora che mi ha detto “sono in chemioterapia, e i suoi libri sono stati gli unici momenti lieti dell’ultimo anno”; per uno scrittore di intrattenimento, credo sia il massimo complimento possibile. La più brutta, una tipa su IBS che si diceva sdegnata del trattamento riservato al Carducci in Odore di Chiuso e si chiedeva: “Ma non lo sa il Malvaldi che il Carducci è stato anche insignito del premio Nobel’”. In pratica, ha scambiato un sincero omaggio alle capacità di stornellatore del poeta bolgherese (che sono storicamente documentate) per un dileggio. Ognuno è libero di criticare, ma se uno non capisce...
Hai qualche mania come scrittore? Che so, riesci a scrivere solo in un posto preciso o a una particolare ora del giorno o della notte? Le manie le ho, ma cambiano spesso: prima scrivevo in mansarda, adesso ho un piccolo studio. Scrivo solo al computer, ed esclusivamente su portatili (e me ne compro uno nuovo per ogni libro che scrivo, regalando il vecchio). Ah, l’unica cosa che non cambia è che scrivo esclusivamente di mattina: la roba che scrivo di pomeriggio di solito fa senso.
Io ho un’ossessione per le copertine dei libri, che condizionano molto la mia decisione di leggere o meno un’opera. Hai avuto voce in capitolo nella scelta di quella dei tuoi libri? Magari. Una volta ho provato, per Il gioco delle tre carte, a proporre un paesaggio giapponese di Hokusai; mi hanno risposto “lei pensi a scrivere che le copertine le facciamo noi”, e visto che stavo parlando con Sellerio mi sa che tutti i torti non li avevano. Le loro copertine sono spettacolari; colori tenui, e il titolo nello stesso colore dominante dell’illustrazione. Quando entri in libreria, le vedi da lontano.
Cosa consiglieresti a un aspirante scrittore ? Di scrivere il libro che gli piacerebbe leggere nel momento stesso in cui si mette a scrivere. E di leggere qualsiasi cosa. Capolavori, per imitare: si parte tutti così. Se ti chiedi chi volevo imitare io, è facile: Stefano Benni. Roba brutta, per imparare gli errori da non fare. Libri antichi, classici greci, teatro inglese, per ampliare il proprio linguaggio e le proprie metafore. E, inoltre, saggistica: di ogni tipo. Ma, in generale, leggere. Anche dai bugiardini dei medicinali c’è qualcosa da imparare.
Cosa pensi dell’editoria a pagamento? E dell’autopubblicazione? Sugli editori a pagamento, sarò brutale: tutto il male possibile. L’editore è uno che sceglie, e in un mondo in cui il cinquanta per cento degli abitanti ha un romanzo nel cassetto questa è una mera pratica di circonvenzione di incapace. Per l’autopubblicazione, se una persona è consapevole che lo fa solo per motivi pratici (spedire ad un editore, o regalarlo agli amici) perché no?
Ebook o cartacei? Ho letto il mio primo ebook giusto da tre giorni. L’isola dei cacciatori di uccelli, di Peter May. Troppo presto per dare un giudizio, ma ho la sensazione che me lo sarei goduto di più su carta. Bel libro, comunque.
Qual è il libro, non tuo, a cui sei più legato? Il barone rampante, di Italo Calvino. Il primo libro non espressamente per bambini che ho letto. Avevo dodici anni, e sono entrato nel tunnel.
Un autore/autrice italiana che stimi tantissimo? Consigliaci un suo libro. Troppo facile: Primo Levi. Il sistema periodico è un libro unico, non si può non leggerlo.
Hai letto le Cinquanta Sfumature? Qual è Il tuo colore preferito?(ndr temo di aver inviato le ultime due domande senza spazio tra l'una e l'altra... e questo è il risultato) No, non l’ho letto: siccome faccio lo scrittore di lavoro, e trombo solo per divertimento, non mi piace mischiare le due cose. Scherzi a parte, no. Delle varie colorazioni proposte, le più plausibili mi sembrano quelle del rosso: certe parti, a usarle smodatamente, si infiammano...