Le acque del Nilo continueranno, nel prossimo futuro, ad essere gestite secondo modalità e contratti risalenti addirittura all’epoca coloniale.
E questo è un dato certo, confermato purtroppo dall’incontro di ieri tra il presidente egiziano neo-eletto Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani e il presidente sudanese al Bashir , l’uomo ricercato da tempo dalla Corte Penale Internazionale de L’Aja (CPI), per crimini commessi nei confronti dell’umanità (Darfur).
Insomma tanto l’Egitto che il Sudan continueranno, secondo l’accordo reciprocamente raggiunto,e per giunta “motu proprio”, a sfruttare quasi totalmente le acque del fiume (90%) e potranno impedire all’occorrenza, anche con la forza militare, a Etiopia, Uganda, Rwanda, Tanzania, Kenya e Burundi, di farne un qualsiasi utilizzo.
Considerando l’importanza notevole dell’acqua, a causa dei periodi di siccità ricorrente a quelle latitudini, acqua indispensabile e per l’agricoltura e per usi industriali e civili in quei Paesi, s’avverte già una terribile “puzza di bruciato”.
O, diciamo pure, che la “cosa” non lascia certo dormire sonni tranquilli per la conservazione della stabilità e della pace nell’area.
E la meraviglia, circa l’intesa perfetta tra i due, è comunque abbastanza scontata negli ambienti internazionali,che conoscono bene entrambi gli uomini, specie se si considera che l’Egitto di Morsi ha ignorato,da subito e completamente, l’esortazione ufficiale di Amnesty International di procedere ,in questa occasione, all’arresto di al Bashir per i motivi di cui sopra.
Non è poi una novità neanche questa assenza di ascolto nel paese dei faraoni perché, anche ai tempi di Mubarak, Omar Hassan al Bashir, il rais di Khartoum, circolava libero, da ospite e in tutta tranquillità, in Egitto.
Le pezze giustificative di allora, quelle che portava il governo di Mubarak, erano di non volere incentivare affatto, in un’area già difficile,con quel vicino scomodo che era Israele, nuove tensioni e suscitare venti di una guerra eventuale.
Mubarak o Morsi, concludendo, tra Egitto e Sudan, c'è stata e continua a esserci , anche adesso, unità d'intenti.
Tocca all'Occidente, semmai e specie ora, una corretta lettura dei fatti e proprio per la delicatezza della materia.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)