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Intingere nel piatto della vita

Creato il 15 settembre 2011 da Lucas
Lucas, pensavi alle corde che ti tenevano la mente, che ti costringevano a una sorta di bondage non voluto, tu, che il godimento lo vuoi libero da vincoli, da schemi, da immagini che si sono stampate nell'incoscio e che impongono di fare cose che non rovinino l'equilibrio costituito.Per saper tenere a bada i desideri la maniera migliore è confessarseli, vis-à-vis con un albero perso in un perduto bosco di una strada provinciale. Tu ci parli, con l'albero (tu preferisci il carpino, lo so), lo abbracci, gli chiedi se per favore movesse a compassione un po' i suoi rami;  e lui fruscia le foglie - mica è il vento - ma quello che ti dice non riesci mai a capirlo. Tu lo scrivi lo stesso, ostinato, sicuro che qualcuno lo capisca al posto tuo.Il mondo è pieno di decifratori di messaggi in codice. Il linguaggio delle foglie però è difficile, mutante, sempre incerto, che non si basa su un sistema stabile di numeri o di lettere, o di suoni trasformabili in note. È un linguaggio che si rivela solo quando cade. Per questo, più e più volte, sei ritornato a casa con le tasche di foglie piene. Foglie che finiscono come segnalibro, sparse nel viavai continuo di libri che affollano la mente.Così, una sera come tante, pescando il libro e ritrovando la foglia, leggi, comprendi finalmente quello che ti è stato detto.
Tu che mi desti il tuo corpoe in pegno l'animaper di più mi donasti,tuche mi amidi tutto l'amore umano,baciami orae prendi il tuo morsello,già l'ho intinto nel piatto -e quello che hai da farefallo presto.*
*Héctor A.Murena,Tu que me diste tu cuerpo”, traduzione di Cristina Campo, La tigre assenza, Adelphi, Milano.

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