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Salvi la Disney da una parte, ti ritrovi a bocciarla su tutti i fronti da un'altra.
E per assurdo, per dei film che sulla carta potevano avere esiti di gradimento opposti da queste parti: il primo uno di quei rischiosi reboot in live action, su una principessa non troppo moderna e fin troppo buonista, il secondo un musical, che mescola e rimescola più fiabe, in un calderone scoppiettante che già in teatro ha avuto il successo.
E invece è accaduto che Cenerentola ha conquistato il mio cuore, inzuccherandolo per bene a suon di fiori, dipinti e arredi davvero da favola, mentre Into the Woods si è dimostrato un'operazione decisamente più commerciale, con meno cuore e meno eleganza.
Il cast di gran nomi doveva già farmi insospettire capitanato com'è da Emily Blunt, Chris Pine, Anna Kendrick, Johnny Depp e dalla Meryl Streep che per la sua strega sopra le righe si è guadagnata l'ennesima e quanto mai discutibile nomination agli Oscar.
E come spesso accade, nomi troppo di grido servono per lo più a nascondere altre falle.
E infatti queste sono chiare ed evidenti, a partire da una trama che sembra uscita da Once Upon a Time dove Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo e Jack (quello del fagiolo magico) convivono nella stessa foresta e diventano ognuno con il proprio oggetto di distinzione (la scarpetta di cristallo, il mantello rosso, la chioma dorata e i fagioli) mire per una coppia di fornai su cui grava una maledizione per cui non possono avere figli. Solo recuperando i suddetti ingredienti e portandoli alla perfida strega l'incantesimo si potrà spezzare, ma va da sé, riuscirci non sarà facile.
Ovviamente in puro stile OUAT le favole si mescolano, cambiano, con un principe azzurro egocentrico e mascalzone, una Cenerentola guardinga e amori che non ti aspetti, pardon, "veri" amori che sbocciano in tranquillità.
Se questi crossover possono anche intrigare, c'è però da sottolineare una piattezza che si espande sia a livello narrativo (con una lentezza quasi impensabile per un musical) sia a livello realizzativo, con effetti speciali non così speciali, e una scenografia e dei costumi che perdono sotto ogni punto di vista la battaglia con la Cenerentola di Branagh così curata.
Le interpretazioni sono ovviamente eleganti e perfette, con una Emily Blunt bella e intonata molto più attrattiva di una Streep, ma sono le stesse canzoni a non avere tanto peso, a non avere il mordente di quelle penetranti di Frozen, e che qui partono a random, stancando anche chi solitamente il genere lo bazzica volentieri.
A salvarsi sono il leitmotiv che avverte sull'importanza e sulla pericolosità del cosa desiderare, e l'ironico e divertente scontro fra i due principi azzurri (Agony) che strappa più di una risata.
Il complesso è comunque molto sottotono e molto poco sufficiente, segno che di fronte a produzioni dai grandi nomi si deve sempre aver paura.
E visto il calendario fitto fitto che la Disney ha in serbo (La Bella e la Bestia, Mulan, Dumbo, Il libro della giungla), lo spettatore è avvisato: non è tutto cristallo quello che luccica.
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