In linea di fatto, al di là del territorio dell’antica Etruria, che si estendeva dalla costa del Mar Tirreno settentrionale ai confini dei due fiumi Arno e Tevere, numerosi dati documentari, archeologici, epigrafici e storici assicurano l’espansione del loro dominio a sud fino al Latium vetus (Roma, Terracina) e alla Campania (Capua), a nord fino all’Emilia (Felsina/Bologna, Modena), al Veneto (Adria, Spina), fino a Mantova e all’Alto Adige (Varna, Velturno, Vipiteno). Essi inoltre dimostrano l’ampia penetrazione che gli Etruschi fecero anche al di là del fiume Po, fin nel cuore delle Alpi, di certo alla ricerca di giacimenti di minerali.
La documentazione epigrafica poi va molto al di là di questi già vasti confini di espansione politica, dato che iscrizioni etrusche sono state rinvenute nel sud anche a Pontecagnano al confine estremo della Campania e nel nord a Piacenza e in Liguria. E poi ulteriormente fuori dell’Italia, a Marsiglia, in Corsica e perfino in Sardegna (quattro; uns 97-108; tioe 101-9).
A proposito delle iscrizioni etrusche, va ricordato e tenuto ben presente il fatto che sono stati gli Etruschi a introdurre la scrittura in Italia (con eccezione della Magna Grecia e della Sicilia), insegnandola ai Romani, agli Umbri, ai Veneti e ai Reti.
Ebbene, questa larga espansione geografica della scrittura degli Etruschi, molto al di là del loro dominio politico e coloniale, è dimostrata ampiamente e chiaramente dai risultati effettivi che io ritengo di avere acquisito con lo studio dei relitti della lingua etrusca, rimasti sia nel lessico della lingua italiana e dei suoi dialetti, sia nella denominazione di numerosi e importanti toponimi italiani.
Facendo precipuo riferimento agli appellativi italiani preciso che io citerò in questa mia opera i seguenti:
1. Appellativi italiani, anche dialettali, che ritengo che derivino direttamente da altrettanti etruschi (ovviamente sono in prevalenza toscani).
2. Appellativi italiani che derivano da altrettanti latini, a loro volta probabilmente di origine etrusca.
3. Appellativi italiani che probabilmente derivano da altrettanti latini omoradicali o corradicali con altrettanti etruschi.
4. Appellativi italiani che derivano da altrettanti greci entrati nel latino attraverso la mediazione etrusca (abbastanza facilmente individuabili in virtù di significative discrepanze fonetiche).
Preciso ancora che:
5. Con totale tranquillità farò talvolta riferimento ad appellativi di altre lingue indoeuropee, dato che io appartengo alla schiera di linguisti che ritengono anche l’etrusco essere una lingua indoeuropea (però molto più evoluta delle altre) (ritengo di avere perfino dimostrato che quasi tutti i numerali della prima decade sono pur’essi chiaramente indoeuropei; TCL Capo V).
6. Ancora con totale tranquillità confronterò e connetterò appellativi etruschi, latini, greci e italiani con altrettanti antroponimi etruschi, dato che è indubitabile che in tutti i domini linguistici pure gli antroponimi, almeno in origine, avevano un loro “contenuto semantico” o un loro “significato”.
7. Facendo riferimento ai toponimi, preciso che farò spesso riferimento ad altrettanti antroponimi, dato che è del tutto certo che in tutti i domini linguistici molto di frequente antroponimi e toponimi si richiamano tra di loro, dato che un antroponimo può derivare da un toponimo o viceversa.
Ritengo ancora molto importante precisare che una cosa è la “trascrizione etrusca” di un antico toponimo italiano e un’altra è la “fondazione” o l’“etnia” del centro abitato indicato da quel toponimo. Il fatto che io riporti i toponimi Bergamo e Verona ai gentilizi etruschi percumsna, pergomsna e verunia non significa affatto che io neghi che i due centri abitati appartenevano rispettivamente agli Oromobi e agli Euganei. Il fatto che io riporti il toponimo Isernia (lat. Aesernia) all’appellativo etr. aesar «dèi», non significa affatto che io neghi che il centro abitato apparteneva ai Sanniti. Il fatto che io faccia derivare il lat. Paestum dal greco Poseidonía attraverso la mediazione linguistica degli Etruschi non significa affatto che io neghi la originaria grecità di questo centro abitato.
In maniera analoga e molto più frequente avviene che per molti centri abitati del Lazio, dell’Umbria e del Piceno io presenti la “trascrizione etrusca”, senza però negare che quei centri erano di etnia italica, cioè dei Volsci, degli Oschi od Umbri e dei Piceni, ecc.
Questa “trascrizione etrusca” dei nomi di centri abitati degli Italici od Euganei o Leponzi o Liguri o Veneti o Celti sarà avvenuta secondo tre differenti procedimenti:
1. Semplice “trascrizione fonetica”.
2. “Traduzione” dalla lingua originaria a quella etrusca.
3. Traduzione per “paretimologia” o per “fraintendimento” del toponimo originario.
Infine ritengo molto importante precisare che io procederò spesso a “connettere” ed a “confrontare” vocaboli di differenti lingue, soprattutto vocaboli della lingua latina con altrettanti della lingua etrusca, ma questo non significa né implica affatto che con ciò io intenda anche fare “derivare” quei vocaboli l’uno dall’altro. “Connessione” e “confronto” non significano affatto “derivazione”, non significano “etimologia”. Soltanto in casi fortunati si può affermare che un vocabolo latino deriva da uno etrusco o viceversa, mentre nella massima parte dei casi non siamo affatto in grado di indicare il verso esatto della “derivazione”: dal latino all’etrusco o viceversa? A questo interrogativo potranno dare la risposta altre eventuali future ricerche, anche condotte da altri linguisti. Per parte mia ritengo di aver già effettuato un notevole passo in avanti nell’indicare la connessione o il confronto fra vocaboli latini e vocaboli etruschi.
Massimo Pittau
Professore Emerito dell’Università di Sassari
* Società Editrice Romana – Quaderni Italiani di RIOn 4.
Featured image, Pendente di una collana etrusca rappresentante la testa di Acheloo, 480 a.C. circa, fonte Wikipedia.
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