Addirittura in un testo ayurvedico, il Sact’eya Grantham, si fa riferimento alla pratica dell’inoculazione a scopo vaccinale (Chaumeton, 1822).
La pratica della variolizzazione, cioè dell’inoculazione, nel soggetto da immunizzare, di materiale prelevato da lesioni vaiolose, fu introdotta in Inghilterra grazie all’opera di Lady Mary Montagu (che la apprese in Turchia), moglie di un ambasciatore britannico in Turchia, la quale suscitò interesse e fece scalpore facendo inoculare i propri figli; tuttavia tale pratica rimase di eccezionale applicazione fino a quando Emmanuel Timoni propose alla Royal Society nel 1724 un articolo contenente la descrizione scientifica della variolizzazione (Henricy, 1796).
Il problema della variolizzazione (in sostanza l’antenato della moderna vaccinazione) era che la somministrazione di virus vaioloso vivo poneva seriamente a repentaglio la vita del soggetto: sebbene la mortalità si aggirasse intorno al 10% di quella attribuibile al vaiolo contratto per la via ordinaria, non si può certo dire che fosse trascurabile. Inoltre, fino alla guarigione, il soggetto era portatore del vaiolo e contagioso per tutti coloro che non fossero immuni dalla malattia.
La vera rivoluzione messa in atto da Edward Jenner nell’ultimo decennio del XVIII secolo risiede nell’idea di utilizzare per l’immunizzazione materiale proveniente da lesioni del vaiolo bovino (cow-pox) anziché umano (smallpox). Il vaiolo bovino può colpire anche l’essere umano, ma lo fa in maniera molto più lieve rispetto allo smallpox. Ad una mungitrice di mucche che aveva contratto il vaiolo bovino, egli estrasse il siero dalle pustole presenti sulle mani e lo inoculò in un bambino di 8 anni attraverso due incisioni sul braccio. Sei settimane più tardi, Jenner infettò il bambino con il virus del vaiolo umano: il bambino non contrasse la malattia. Questo dimostrava che la sua ipotesi era corretta.
Il metodo fu denominato ‘vaccinazione’ proprio perché il siero utilizzato era di origine vaccina.
Da allora sono passati oltre duecento anni, durante i quali la vaccinazione contro il vaiolo, pur con alti e bassi, ha condotto alla completa eradicazione della malattia: l’ultimo caso di trasmissione naturale di vaiolo nel mondo si è verificato in Somalia nell’ottobre 1977. La malattia è stata dichiarata globalmente eradicata (unico caso a tutt’oggi se si eccettua la peste bovina eradicata nel 2011 ma che non colpisce l’essere umano) due anni più tardi, notizia poi ufficialmente confermata nel maggio 1980 dall’Assemblea Mondiale della Sanità (WHA). (Manuale per il controllo delle malattie trasmissibili, American Public Health Association, 18esima edizione, pag. 723).
Il metodo fu denominato ‘vaccinazione’ proprio perché il siero utilizzato era di origine vaccina.
Da allora sono passati oltre duecento anni, durante i quali la vaccinazione contro il vaiolo, pur con alti e bassi, ha condotto alla completa eradicazione della malattia: l’ultimo caso di trasmissione naturale di vaiolo nel mondo si è verificato in Somalia nell’ottobre 1977. La malattia è stata dichiarata globalmente eradicata (unico caso a tutt’oggi se si eccettua la peste bovina eradicata nel 2011 ma che non colpisce l’essere umano) due anni più tardi, notizia poi ufficialmente confermata nel maggio 1980 dall’Assemblea Mondiale della Sanità (WHA). (Manuale per il controllo delle malattie trasmissibili, American Public Health Association, 18esima edizione, pag. 723).Decisivi passi avanti nella creazione di vaccini furono realizzati grazie al lavoro di Louis Pasteur un secolo più tardi. Mentre Jenner si avvalse di un virus ‘naturalmente’ attenuato (il vaiolo bovino) per l’immunizzazione, Pasteur riuscì a trovare il metodo per attenuare artificialmente i microrganismi, in modo da rendere la tecnica della vaccinazione virtualmente estendibile a qualsivoglia agente patogeno. Inizialmente partì con il colera dei polli (Ullmann, 2007), poi passò all’antrace e infine giunse a creare il primo vaccino antirabbico ad uso umano guarendo un bambino di 9 anni (Trueman C. "Louis Pasteur". HistoryLearningSite.co.uk.).
Il terzo memorabile passaggio nella storia delle vaccinazioni è senza dubbio la preparazione, negli anni ’50 del secolo scorso, di due vaccini contro la poliomielite: il primo creato da Salk e Younger nel 1954 (IPV) attraverso l’inattivazione chimica con formaldeide del virus coltivato su rene di scimmia; pochi anni più tardi Sabin sviluppò un vaccino completamente diverso che utilizzava ceppi di virus polio attenuati e da somministrare per bocca (OPV) (Bartolozzi, Manuale delle vaccinazioni, pag.185, 2006.)
La vaccinazione anti-polio si è diffusa così capillarmente nel mondo occidentale che la poliomielite da virus selvaggio è stata completamente eliminata nella maggior parte dei Paesi. Tuttavia non abbiamo ancora ottenuto l’eradicazione globale della malattia nonostante gli straordinari successi finora riportati: siamo passati dalle decine di migliaia di casi annuali ai soli 406 casi al livello mondiale registrati nel 2013 (http://www.polioeradication.org/Dataandmonitoring/Poliothisweek.aspx).Negli ultimi 30 anni la preparazione di nuovi vaccini ha avuto una notevole accelerazione tant’è che è stato sviluppato un vaccino ogni anno.
P.S.: se qualcuno è interessato a conoscere le fonti bibliografiche per esteso, può contattarmi!