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INTRONAUT // SCALE THE SUMMIT // OTUS@Traffic, Roma 15.12.2013

Creato il 18 dicembre 2013 da Cicciorusso

Tutti sappiamo che il calcio è una cosa seria (solo se c’è la violenza), quindi, nonostante la folle corsa (a piedi ) lungo la Palmiro Togliatti (regno del degrado capitolino) per raggiungere il Traffic, causa scarsità di mezzi pubblici di domenica, io e l’eccellente Trainspotting siamo arrivati in ritardo e abbiamo perso il set degli OTUS: giocava l’Inter e chiunque sia un tifoso irrazionale come noi era incollato al televisore a inveire contro Tagliavento (la cui signora, come sottolinea un coro dei tifosi della Roma, ne pija cento, ndbarg).

INTRONAUT // SCALE THE SUMMIT // OTUS@Traffic, Roma 15.12.2013

Il Vate prima di andare a vedere gli Intronaut

Eravamo in tempo per seguire gli SCALE THE SUMMIT, che in realtà per giorni ritenevo si chiamassero Summit The Scale, ma vabbè, è stato un periodo di scarsa lucidità. Questi giovanotti texani hanno dei volti puliti da bravi ragazzi e probabilmente anche una formazione accademica con i rispettivi strumenti: il tasso tecnico è altissimo e non potrebbe essere altrimenti, data la miscela interamente strumentale di metal tecnico di scuola ultimi Death/ Cynic e prog metal vero e proprio (sono anche stati in tour con i Dream Theater). Messa così, si può ipotizzare l’esplosione testicolare da tedio intollerabile; invece sono molto godibili perché, nei complessi intrecci di riff, adottano sempre linee melodiche piacevoli che rimandano a gruppi da college come i Coheed and Cambria (non saprei come rendere in altro modo il concetto al lettore medio di Metal Skunk, di solito un becero metallaro alcolista ascoltatore dei Satanic Warmaster). Viaggiano in scioltezza, promossi. 

Salgono sul palco, quindi, i più attesi della serata, i losangelini INTRONAUT, che per l’occasione richiamano un discreto pubblico (un plauso al Traffic, come in ogni report, e ai romani in generale per la capacità di organizzare eventi interessanti e poi parteciparvi effettivamente, creando in tempi recenti una piccola scena di appassionati di certe sonorità): le barbe lunghe si sprecano tra il pubblico e anche sul palco i musicisti sfoggiano una eterosessualmente apprezzabile peluria. La differenza con il gruppo precedente è palese anche solo nell’aspetto: gli Intronaut, pur essendo dei musicisti dotati, non hanno l’aria dei secchioni usciti dal conservatorio; vengono, del resto, da band come Exhumed ed Impaled. La loro miscela magica di prog rock, scale jazz e riff di post metal sulfureo viene riprodotta quasi fedelmente dal vivo; l’unica pecca (cosa strana per il Traffic, dotato solitamente di un’acustica perfetta) è legata al fatto che i volumi delle voci non siano perfettamente regolati e spesso le parti arpeggiate finiscano per sovrastare il tutto, creando qualche momento di confusione e noia. Ma criticarli è come voler trovare il pelo nell’uovo, l’ago nel pagliaio, del buono in Tagliavento: impresa difficile. Ciò che colpisce è soprattutto una spaventosa e terremotante sezione ritmica, che al termine del set si prodiga in una lunga jam, con l’ausilio anche del chitarrista, per l’occasione prestatosi alle percussioni.

Ad essere onesto, quando ho saputo, prima del concerto, di dover scrivere questo report, ero così entusiasta che, anche se avesse suonato quel gruppo americano noiosissimo composto da una coppia di barboni dipendenti dalla metanfetamina (di cui mi parlava Trainspotting, senza ricordare il monicker), ne avrei parlato bene ugualmente: scrivere su Metal Skunk, dopo brevi esperienze su altri blog di musica, è come aver militato per anni nelle giovanili del tuo team locale per essere chiamato a sorpresa a giocare la Champions con la tua squadra del cuore. A parte questa parentesi autobiografica (che non è una captatio benevolentiae, in quanto noi siamo anti-human, anti-life), anche un osservatore più oggettivo parlerebbe dell’ennesima serata positiva per il Traffic, in attesa dei padri di ogni sentimento negativo, i Crowbar. (Manolo Manco)



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