Uno dei commenti più diffusi e ricorrenti fatti a proposito di vecchi libri e di vecchi film è questo:
XY è invecchiato male. Me lo ricordavo migliore.
Una frase che vuol dire tutto e niente, e che può avere diverse chiavi di lettura.
Innanzitutto certe cose le ricordiamo migliori perché appartengono a un periodo più sereno e pacifico della nostra vita: la giovinezza. Vivevamo spensierati e senza grandi preoccupazioni (generalizzo, è evidente), perciò tutto ciò che riguarda quegli anni ci appare splendido.
I fumetti di allora erano bellissimi. I film insuperabili (“non ne fanno più così!”). I cartoni animati poi erano davvero il top.
Se però si fa l’errore di riprendere in mano queste opere, dieci, venti, trent’anni dopo, di solito si resta delusi.
Ma questo fenomeno non è associato solo a un fattore emozionale.
Un tempo, mettiamo da adolescenti o da liceali, non avevamo i mezzi idonei per valutare un’opera nella sua completezza. Era facile giudicare ficomitico qualunque cosa, o quasi. Col tempo maturiamo nuove consapevolezze e nuove capacità. Sappiamo distinguere il bello dal brutto, le cose fatte coi piedi da quelle realizzate professionalmente.
O almeno così dovrebbe avvenire.
Inevitabilmente esistono prodotti che, pur belli nel loro contesto, sono indirizzati a un pubblico molto specifico.
Per esempio, in questi anni mi è capitato di rileggere alcuni librogame. A parte qualche lodevole eccezione, molti di essi risultano scritti con un linguaggio asciutto e semplice, che ovviamente un adulto può apprezzare solo in parte. Sarebbe ingiusto giudicarli “brutti”, visto che sono io a essere cambiato, non loro. Idem per molti fumetti.
Per i vecchi film il discorso è un po’ diverso.
Il cinema è mutato molto – soprattutto quello di genere. Sono cambiati gli stereotipi, si è abbassata l’età media dei protagonisti e dei comprimari, si è evoluta la velocità della narrazione. Soprattutto quest’ultimo fattore fa da spartiacque tra le generazioni. Molti giovani e giovanissimi giudicano “troppo lenti” dei film che ai miei tempi erano adrenalinici.
Io stesso, rivedendoli ora, noto la differenza, ma non per questo li giudico invecchiati male (anche qui, salvo eccezioni).
Per i libri la cosa è ancora più marcata.
Purtroppo mi capita sempre più spesso di leggere dei recensori che stroncano quella “verbosa lagna di H. P. Lovecraft”. Troppo descrittivo, troppo “Oh mio Dio, ecco un tentacolare orrore che striscia nel buio, così tremendo che non posso descriverlo senza perdere il senno.”
Ebbene, caro il mio giovin recensore, Lovecraft scriveva così. Erano gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso e a quei tempi era un innovatore, per quanto a te ora sembri lento e noioso.
Che poi non è un discorso tanto diverso da quelli che denigrano vecchi cantanti (e chi li ascolta), senza ricordare che da essi discendono, seppur per vie molto traverse, le giovani popstar che oggi vanno tanto per la maggiore.
Prendete gli Urlatori: una lista di vecchi artisti che molti saccenti somari definirebbero noiosi, sorpassati, preistorici. Peccato che da loro discendano i rocker e i beat, da cui discendono poi i moderni artisti pop-rock.
Invecchiati male? Forse sì, ma solo se vogliamo giudicare la superficie delle cose, la mera, semplice estetica.
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(A.G. – Follow me on Twitter)