Ora. Pensavano davvero di guadagnarsi la libertà, d'affrancarsi dal mondo, di dettar legge alla legge. Invece, solo, cadono, senza neppure troppa grazia, da quella balaustra, i loro corpi. Per un poco nuotano, e senza troppo lottare, giusto quel tanto che l'istinto impone loro, sbattuti lontani l'una dall'altro da correnti veloci ed ovvie, muoiono. Poi: gonfi, pesti, proni sul filo dell'acqua e poi: spiaggiati altrove, lontano, vicino. Non ha importanza. Nel luogo dove devono. Non uno vicino all'altro. Non abbracciati. Stretti e sorridenti, no... alla natura non serve una foto struggente per prendersi la prima pagina.Un buon dio raccoglie le loro anime, che non hanno avuto la forza necessaria a sollevare quei loro tristi corpi fin lassù e le eleva, per un attimo, al suo cospetto. Gli permette, in quest'eterno istante, di godere di quella beatitudine di cui saranno poi privi nell'eterno vero, in quell'eterno a seguire che li aspetta. Vedano. Sappiano ciò che perdono. Ed ecco, li rimanda nel mondo, attraverso un rosso luminoso spalancato sipario nel mezzo del cielo.Ma in una celeste dimora in cui non si farebbe altro che emettere giudizi, da un tribunale fra le nuvole, quale genere di beatitudine vi sareste aspettati, idioti? Quali giudizi! Credete veramente che un dio che tutto ha creato, così, dal nulla, suo primo, vasto dominio, e che quindi porta impresso il suo marchio di fabbrica stampato a fuoco sul cuore d'ogni singola cosa vivente e non vivente dell'universo intero, compresa tutta quella parte, la più consistente di cose, quelle che non possiamo vedere, credete dunque che questo creatore possa veramente fare distinzione fra bene e male, alto e basso? Come può il tutto in sé stesso riconoscere ciò che di giusto o di sbagliato si situa in sé? Oh, tutto è come dev'essere, tutto è come deve andare. Non c'è nessun centro, media. Paragone. Tutto è legge e non c'è nessuna legge. Tutti siamo uguali di fronte a nessuna legge.Il senso della vita.Il senso di tutto.E' in ciò per cui esso appare.Ed è terribile.
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Ora. Pensavano davvero di guadagnarsi la libertà, d'affrancarsi dal mondo, di dettar legge alla legge. Invece, solo, cadono, senza neppure troppa grazia, da quella balaustra, i loro corpi. Per un poco nuotano, e senza troppo lottare, giusto quel tanto che l'istinto impone loro, sbattuti lontani l'una dall'altro da correnti veloci ed ovvie, muoiono. Poi: gonfi, pesti, proni sul filo dell'acqua e poi: spiaggiati altrove, lontano, vicino. Non ha importanza. Nel luogo dove devono. Non uno vicino all'altro. Non abbracciati. Stretti e sorridenti, no... alla natura non serve una foto struggente per prendersi la prima pagina.Un buon dio raccoglie le loro anime, che non hanno avuto la forza necessaria a sollevare quei loro tristi corpi fin lassù e le eleva, per un attimo, al suo cospetto. Gli permette, in quest'eterno istante, di godere di quella beatitudine di cui saranno poi privi nell'eterno vero, in quell'eterno a seguire che li aspetta. Vedano. Sappiano ciò che perdono. Ed ecco, li rimanda nel mondo, attraverso un rosso luminoso spalancato sipario nel mezzo del cielo.Ma in una celeste dimora in cui non si farebbe altro che emettere giudizi, da un tribunale fra le nuvole, quale genere di beatitudine vi sareste aspettati, idioti? Quali giudizi! Credete veramente che un dio che tutto ha creato, così, dal nulla, suo primo, vasto dominio, e che quindi porta impresso il suo marchio di fabbrica stampato a fuoco sul cuore d'ogni singola cosa vivente e non vivente dell'universo intero, compresa tutta quella parte, la più consistente di cose, quelle che non possiamo vedere, credete dunque che questo creatore possa veramente fare distinzione fra bene e male, alto e basso? Come può il tutto in sé stesso riconoscere ciò che di giusto o di sbagliato si situa in sé? Oh, tutto è come dev'essere, tutto è come deve andare. Non c'è nessun centro, media. Paragone. Tutto è legge e non c'è nessuna legge. Tutti siamo uguali di fronte a nessuna legge.Il senso della vita.Il senso di tutto.E' in ciò per cui esso appare.Ed è terribile.
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