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Investire a Cremona? Fatica sprecata persino per Berlusconi. Le analisi segrete di Publitalia ’80 ci bocciarono senza pietà nel ’93-’94. Lo ricorda Filippo Spigaroli

Creato il 19 agosto 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Che cosa meriti Cremona e quali prospettive possa avere, è ancora difficile capire: forse nessuna. Una città che non sa chi è, che cosa vuole e dove vuole andare, al di là dei proclami politici, degli annunci fragorosi che si leggono e si sentono da più di vent’anni. Nemmeno Berlusconi, che nel bene e nel male il potere l’ha avuto, che l’abbia usato con intelligenza o no, neppure lui credeva in una città dove per vincere le elezioni occorrono grandi sforzi, per poi ottenere risultati solo con fatiche ancora più grandi. Non parlavano a caso gli uomini del signor B., come si direbbe oggi, poiché Publitalia ’80, il regno di Dell’Utri, la società che vende pubblicità da tanti anni per il gruppo Mediaset, aveva svolto analisi specifiche su Cremona, analisi elettorali, di mercato, rimaste segrete e non pubblicate, note tuttavia negli ambienti del centrodestra. A Cremona nel ’93-’94, ovvero nel periodo successivo a Tangentopoli, nei mesi prima e dopo la discesa in campo in nome dell’azienda Italia e di un nuovo mondo di governare, venivano Marco Seniga (direttore centrale per le agenzie di Publitalia ’80) e Simini: l’uomo forte era però Bolchi, che parlava direttamente con Berlusconi. Il quale suscitava entusiasmi e disprezzo, dalle tesi sul primo discorso televisivo “L’Italia è il paese che io amo”, che ancora fanno alcuni studenti delle scienze della Comunicazione, all’editoriale di Eugenio Scalfari “Il ragazzo coccodé”, alludendo a “Quelli della notte” e alle parodie delle ballerine del Drive In.

Il re era Dell’Utri, che mostrava un’entusiasmo incrollabile, nel ’93-’94. Nessun dubbio da parte sua: l’azienda pubblicitaria era fortissima. Gianni Pilo, l’esperto dei sondaggi di allora, riuscì a tracciare canali preferenziali tra i candidati selezionati accuratamente collegio per collegio, la forza di prima scelta che Berlusconi si portò a palazzo Chigi. Era il plotone che si staccò da Publitalia ’80 per entrare in Forza Italia, i più duri e i più forti. C’era un motivo da non sottovalutare, quale che sia l’idea politica.

Fu Berlusconi a dire un giorno che : “Oggi per vendere la pubblicità bisogna diventare politici perché bisogna essere capaci di spiegare agli inserzionisti che investire su un mezzo o su un altro è una scelta eminentemente politica. Scegliendo noi si rafforza chi si batte per il mercato”. I rapporti economia-politica, nel tardo-capitalismo dei mercati già esausti di beni durevoli di prima necessità, si modificavano e distorcevano. La necessità di vendere a tutti i costi per non fallire, passando per la pubblicità, comportava secondo Berlusconi la scelta di uno stile di marketing forte, aggressivo, per poter essere redditizio e garantire risultati.

Ci si domanda ancora perché Cremona non è mai stata oggetto di grandi appetiti berlusconiani, ammesso che qualcuno l’abbia dubitato? Meglio puntare su Cremona o sulla zona pedemontana o nella Lombardia centrale, più che nel Sud della regione?

Filippo Spigaroli si batté con il prof. Scognamiglio, candidato al parlamento europeo per i liberal-democratici nei primi anni 2000 e già presidente del Senato. Filippo Spigaroli frequentava quegli ambienti e ben ricorda, ma già se n’era parlato ampiamente anni fa, pur senza rivelare mai le analisi di merato rimaste segrete. Alcuni interventi di Ferdinando Quinzani, allora consigliere comunale di Forza Italia, si ricordano ancora. Il Jolly Hotel (catena di Berlusconi) a Cremona non si fece, solo per fare un piccolo esempio. Ma non era certo questa la zona  migliore per investire, come spesso si affermava allora da parte del centrodestra. Era un’altra Forza Italia, con tutt’altri consiglieri comunali, che poi hanno seguito una loro diversa, personale evoluzione. Poi il centrodestra ha seguito altre evoluzioni. Resta un dato, che quelle analisi, per quanto deprecato sia Berlusconi con la sua tremenda e diabolica armata, purtroppo non sono state smentite dai fatti.

Così Filippo Spigaroli ribadisce: “Solo vorrei precisare che i cremonesi vivono una grandeur immaginaria e autoreferenziale. In tutto il mondo ci considerano una depressa e arretrata città di provincia non Lugano per intenderci , detto questo però che puoi farci ? i cremonesi possono vivere nel goffo ricordo di personaggi assurdi come farinacci. L’agricoltura ormai è un costo sociale europeo null’altro”.

Qualche anno fa, tanto per fare un esempio malvagio, per che cos’era nota Cremona nel mondo? Per aver ospitato un kamikaze di al-Qaeda, per l’arresto della cellula terroristica “che progettava l’attentato alla metropolitana di Milano”. Città della musica? Ma quale? Salisburgo? Dove di Mozart ci sono solo cioccolatini? Ma c’è un’organizzazione. Sarebbe meglio riflettere invece di sognare.

Berlusconi voleva risultati subito, vincere quelle elezioni, nel ’94, non insediare qui un’amministrazione che lavorasse per anni lontani con grande saggezza e lungimiranza. Qui non s’impegnò granché. E c’era un pesante motivo.

Per chi ama approfondire, almeno un poco, indico un articolo di Repubblica  da cui ho tratto alcuni elementi. E’ solo un’analisi, non un giudizio. E molto altro ovviamente si potrebbe dire di quei tempi di grande cambiamento.

 

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