Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore. (Steve Jobs)
Con rabbia, ho gettato piccoli petali di gioia, sopra questo silenzio. Raccattati un po’ per caso tra i ricordi più felici, pensavo che i loro colori fossero abbastanza profondi da risvegliare i miei sensi appannati dall’oscurità di questi giorni.
Ma il vento gelido non ha neanche aspettato che toccassero terra per spazzarli via. Io li ho seguiti con lo sguardo mentre li trascinava altrove, lontano, fino a perdersi con te che lentamente ti sei spento.
La tua luce si è arresa alle tenebre. La nostra, ormai fioca, invece, all’evidenza.
Il pensiero torna in bilico tra le spine di questo campo di rose che spesso dimenticano di fiorire, di inebriarci con il loro profumo, di confonderci così da non vedere, da non sentire, da non farci nemmeno sfiorare l’idea che il dolore esista e che non possa essere sfuggito.
Questo rimane a chi resta: le caviglie insanguinate dalle mille spine e la volontà di cancellare al più presto questa desolazione, illudendosi di potercela fare, aggrappandosi a ciò che di te sempre rimarrà nei cuori il cui battito ora rispettosamente tace.
Aggrappandosi all’idea che solo gli altri siano di porcellana, che solo gli altri siano vulnerabili.
Noi invincibili, indistruttibili e intoccabili eroi di latta in questo cortometraggio in bianco e nero il cui finale è già stato scritto. Non da noi, non dai nostri gesti, non dalle nostre scelte ma da un crudele e beffardo destino che ci lega e ci separa in un battito di ciglia.