Magazine Diario personale

Io e il Port, un rapporto conflittuale

Da Romina @CodicediHodgkin
venerdì, 03 giugno 2011

Io e il Port, un rapporto conflittuale

Come vi ho raccontato nel post precedente, il giorno della prima chemio mi venne inserito il port.
Se siete stati attenti (eh-eh-hemIo e il Port, un rapporto conflittuale) vi ricorderete che avevo concentrato la vostra attenzione sul fatto che mi era stato detto di star tranquilla perchè il port assolutamente non si vede.
AH, mentitori!
Due o tre giorni dopo l'inserimento del simpatico dispositivo, io e mamma ci armammo di quanto necessario per pulire la ferita e cambiare le bende. Si, perchè per aver inserito un port avevo tanti di quei cerotti addosso che sembrava mi avessero fatto un trapianto di cuore!
Ero perfettamente serena, io povera, piccola, innocente fanciulilna. Mi avevano garantito che era più o meno come un pacemaker, quindi chiesi a nonno di mostrarmi il petto per aver presente bene di cosa parlassimo (nonno aveva il pacemaker già da anni ma non mi ero mai posta il problema di controllare se si vedesse o meno). Ok, niente di orribile, non si vede niente, va bene così.
Con un candore degno di Cappuccetto Rosso, iniziai a togliere 'sti 15 metri di bende. Va bene che non fossi esattamente il ritratto della salute -pensai- però il fatto che i dottori avessero già provato a mummificarmi mi pareva eccessivo, e che diamine! Io e il Port, un rapporto conflittuale
Io e mamma togliemmo tutte le garze. Rimasi solo con un cerottone bello grande. Notai che sentivo ancora spessore sotto il cerotto e pensai che ci fosse ancora qualche garza sotto. Ah, illusa!
Mamma strappò il cerotto e fece un'espressione un tantino sorpresa. Cercai subito di guardarmi allo specchio ma lei era davanti a me e quindi non potevo vedere il mio petto. La scansai e rimasi malissimo nel vedere quel vidi. Mi prese un colpo.
Avevano detto che il port non si sarebbe assolutamente visto, quindi perchè - di grazia - avevo un affare grosso come un mandarino sottopelle?! Iniziai a respirare affannosamente, le gambe si fecero molli e mi dovetti sedere sul water. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal bozzo che avevo sotto la clavicola. Mi veniva da piangere...e anche un pò da vomitare!Io e il Port, un rapporto conflittuale
Non appena riuscii a rimettermi in piedi, chiamai il padre del mio ex per chiedere spiegazioni perchè, nella mia ottica, se mi si dice che qualcosa non si vede, io ci credo. Devo crederci perchè me lo hanno detto dei medic. Se si vede ed è anche impossibile da non notare, pensai, è perchè c'è qualcosa che non va, magari è finito fuori sede, o ha fatto infezione o che diavolo ne so io, no?! Io e il Port, un rapporto conflittuale
Il padre del mio ex mi tranquillizzò. Non è che il port proprio proprio non si vede in assoluto, via, però non è neanche tutta 'sta gran cosa. E poi, mi disse, dovevo tener conto del fatto che era gonfio. Tuttavia, lui dava per scontato che i medici mi avessero spiegato un pò meglio cosa è un port e come è fatto. Soprattutto, non capiva perchè non mi avessero detto che, effettivamente, il port si nota.
Fate bene attenzione: non sto dicendo questo per fare terrorismo, ma perchè ritengo molto più saggio che si sappia che il port si vede (e comunque non è enorme, intesi!) piuttosto che sentirsi dire che non si nota affatto quando non è vero...non trovate?
Un filino rincuorata (ma ancora profondamente schifata) cercai di prendere confidenza con il port. Non fu facilissimo. Tanto per cominciare, la zona era parecchio gonfia, in fondo mi avevano inserito l'aggeggio solo un paio di giorni prima. E poi io sono allergica alla colla dei cerotti, quindi il fatto che fossi rossa come un'aragosta era relativamente normale. E quella schifezza di roba giallognola era il disinfettante, quello veniva via, dai. E quel bel filo nero che chiudeva la ferita (8 punti esterni e 8 interni) sarebbe stato tolto, ovviamente. Al momento sembravo un coniglio porchettato, ma poi sarebbe andata meglio.
In effetti, nel giro di alcuni giorni le cose andarono molto meglio. La zona si sgonfiò e tolsi i punti. Solo che a me quel bottone proprio non andava giù. Sapevo che quella specie di citofono mi avrebbe salvato le vene, ma che schifo lo stesso! Non era più gonfio come prima, ma che non si vedesse non si poteva assolutamente dire, proprio no! Si vedeva eccome, e si capiva anche che non era un bozzo "naturale", era evidente che sotto la pelle ci fosse qualcosa a forma di tronco di cono inserito da un chirurgo! Avrei potuto provare a spacciarlo per un chip inserito dagli alieni, sicuramente sarebbe stato più fashion, ma questo non avrebbe cambiato le cose!
Ad ogni modo, due settimane dopo l'inserimento, il port iniziò ufficialmente a lavorare in occasione della mia seconda chemio. Dal punto di vista "tecnico" non mi ha mai dato problemi. Nemmeno la volta che Nipotonzolo Numero Due lo calpestò accidentalmente mi diede complicazioni. Devo dire che ha saputo adempiere al suo lavoro in maniera più che efficente. Ciò non di meno, non l'ho mai accettato. Quando ho saputo che, finita la chemio, avrei dovuto aspettare altri due mesi prima di toglierlo, sono rimasta malissimo. Proprio non ci convivevo bene. Addirittura ricordo che non lo toccavo mai. Quando facevo la doccia, lì ci passavo con la spugna perchè non ci volevo passare le mani.
La separazione tra me e lui, comunque, è stata dolorosa. Non nel senso che alla fine mi è dispiaciuto toglierlo. Intendo dire che ha fatto male! Togliere un port è più doloroso che metterlo. Io l'ho tenuto 8 mesi, i tessuti ci erano cresciuti intorno, un pò come alghe e coralli che crescono attorno al relitto di una nave. Di conseguenza, toglierlo non è stata un'esperienza spassosa. Ma non vi spaventate: le anestesie servono a ovviare a questo inconveniente...dico LE anestesie e non L'anestesia perchè me l'hanno dovuta rifare 4 volte, e io non sono una con una bassa soglia del dolore!Io e il Port, un rapporto conflittuale
Tra parentesi: in sala operatoria, quando ho tolto il port, c'era un chirurgo plastico che doveva un favore al mio ex suocero e che era lì per farmi una bella sutura. Purtroppo per me, venne chiamato per un'emergenza subito dopo aver messo il primo punto e toccò all'anestesista ricucire la ferita. Probabilmente inconsapevole del fatto che un paziente in anestesia locale sente benissimo, capisce tutto ed è perfettamente lucido, si lanciò in una lagna tremenda con l'infermiera:
"Eh, vabbè, ma a me mettere i punti non è mai piaciuto. Non è il mio mestiere. Non sono brava. Ma tu guarda qui che ho fatto, aspetta che questo punto lo tolgo e lo rimetto perchè è venuto uno schifo. Romina, quando vedrai la cicatrice e farà schifo, non te la prendere con me..."
E io "no, non si preoccupi, basta che non faccia proprio proprio schifo, io mi accontento." Dissi questo perchè la vedevo già abbastanza seccata e non volevo farmela nemica, ma in realtà pensai "Come sarebbe a dire, asina mannara, che se la cicatrice farà schifo non me la dovrò prendere con te? Con chi me la dovrei prendere? Con me stessa che mi sono fatta venire un accidenti tale da costringermi a mettere il port?! O con il tizio che ha fatto l'incidente e che ha avuto un bisogno sicuramente più urgente del mio del chirurgo plastico?!"
L'anestesista, che evidentemente continuava a non capire che io ero sveglia, proseguì chiedendo all'infermiera "Ecco, io ora che faccio? Lasciò così o metto un altro paio di punti?!"
Io guardai l'infermiera con espressione patibolare, e risposi al posto suo "ma fa' 'pò che te pare, basta che te sbrighi che non ce la faccio più!". Rimase sopresa dalla risposa piccata Io e il Port, un rapporto conflittuale, si mise a testa basta e finì il lavoro. Comunque, mi devo complimentare con lei: ha fatto veramente uno schifo di lavoro, deve aver richiesto impegno fare una porcheria del genere! A distanza di 5 anni, sembra che la cicatrice risalga a tre mesi fa, brava! Tutto sommato, però, sono affezionata alle mie cicatrici: quella sul seno dovuta alla mediastinoscopia, quella sotto la clavicola data dal port e quelle piccine sul fianco dovute dalla toracoscopia. Alla fine mi piacciono. Certo, eviterei volentieri di sentirmi chiedere ogni due per tre se sono cardiopatica o ho avuto un incidente col motorino, ma si sa che la gente gli affari suoi non se li sa fare, quindi...
Per fortuna, però, la mia pigrizia anche nel caso del port mi ha impedito di scompormi più di tanto, e così il citofono divenne presto oggetto di scherzo.
Nipotonzolo Numero Uno era piuttosto schifato dal port. Non volevo farglielo vedere ma una volta accadde, punto e basta. Alla fine si vede, non è che sta messo chissà dove. E'sotto la clavicola e si vede con il 75% delle magliette.
Mi guarò e chiese "Zia, cos'è quello?!"
io mi resi conto che era parecchio impressionato e risposi "beh,è un bottone, non lo vedi?
e lui "e che ci fai con un bottone lì?!"
"Serve per farmi cantare. Tu lo spingi, e io canto una canzone."
BBBZZZZZZZZZ
"SONO LE TAGLIATELLE DI NONNA PINA..."
In breve, quello smise di essere un port: divenne una sorta di acquasantiera...
Una volta accadde una cosa clamorosa. Avevo tolto il port da poco ed ero al locale di mio padre. Una vecchina (solito prototipo della vecchia gufa che si riconsola nel vedere giovani in scarsa salute) fissò la mia cicatrice e disse:
"Signorina, cos'ha fatto lì? Ha problemi di cuore?!"
Dato che non avevo la minima intenzione di affrontare l'argomento in quel momento, specialmente in un luogo pubblico davanti ad altre 20 persone, risposi con la più spudorata dalle facce da cu..o: "No, ho fatto l'appendicite."
E già qui i clienti che conoscevano la mia storia sghignazzavano.
"Ah, anche mio nipote ha avuto l'appendicite, però a lui è venuta più giù.."
Io iniziai a tossire per nascondere le risate, ma un cliente si strozzò con il cappuccino.
Mi sta bene che una persona provi curiosità per una cicatrice, posso anche starci se mi chiede cosa sia, ma c'è un tempo e un luogo per fare certe domande, non trovate?!



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