Magazine Cultura
Sarà l'atmosfera generale determinata dalla crisi finanziaria e dalle politiche di austerity, ma sembra proprio che il cinema (non solo quello italiano a quanto pare) si stia ritirando su una dimensione intima, quasi minimale, accentuando una tendenza che nel cinema italiano degli ultimi decenni è stata particolarmente evidente.
L'ultimo film di Bernando Bertolucci, intitolato Io e te, è tratto dall'omonimo libro di Niccolò Ammaniti e da Ammaniti eredita un'ambientazione claustrofobica che sembra essere un leitmotiv per lo scrittore (la buca di Io non ho paura, il bosco buio con la pioggia di Come Dio comanda). In questo caso siamo dentro la cantina della casa di Lorenzo, quella dove il ragazzo si rifugia per sfuggire alla settimana bianca con la scuola, la stessa dove troverà riparo anche Olivia, la sorellastra.
Lorenzo e Olivia sono due emarginati.
Il primo ha scelto di auto-isolarsi e di guardare il mondo dall'esterno con la sua lente di ingrandimento, come fosse il formicaio che ha comprato, così da non esserne toccato e non soffrire.
La seconda è talmente all'interno delle emozioni da esserne travolta. Non riesce a superare l'abbandono della famiglia da parte del padre (che poi ha sposato la madre di Lorenzo) e proietta sugli altri uomini della sua vita questo primordiale rifiuto. È tossicodipendente e giunge nella cantina dove si è accampato Lorenzo in piena crisi di astinenza.
In questo spazio fuori dal mondo, queste due anime ipersensibili e dunque destinate in qualche modo alla sconfitta si incontrano e si rispecchiano. Ma il riscatto non è automatico, perché la vita è complessa e il nostro mondo interiore soverchia la nostra volontà.
Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco sono "inquietanti" al punto giusto per questo film e si addicono perfettamente a quel non so che di forzato e vagamente sopra le righe che spesso caratterizza i film di Bertolucci.
Il tutto può piacere o lasciare parzialmente indifferenti. Personalmente appartengo più alla seconda categoria.
Voto: 2,5/5
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