Io ho Paura.

Da Stanford @stanfordissimo

Eccomi qui a dire qualcosa. A chiedermi come dirlo, senza incorrere nella corrente di questo o quello, del pro o contro ma più che altro come farlo  senza essere solo parlante.  Ho riflettuto in questi giorni su come la connessione che tutti abbiamo accettato ci colleghi ci abbia reso parlanti prima di tutto. Come lo stile dei confronti tv abbia giustificato un solo modo di esporsi: quello  caotico.  Lo spirito "di pancia" che piaceva tanto nei reality ha lasciato i confini di un isola e ci ha reso tutti famosi, tutti chiamati ad un confessionale on line nel quale fare la nostra nomination. Chi vuoi che vinca? Chi vuoi eliminare? L'elogio del vincitore ha creato la figura del perdente come la luce piena genera l'ombra più densa, giustificando la vittoria con ogni genere di ambiguità e falsità possibile. Tutti contro tutti. Io vinco tu perdi. Eccomi ed eccoci dunque nel più grande reality che l'umanità chiama storia ad usare le stesse modalità "vincenti" quali: propaganda opportunistica, negoziazione fasulla, dietrologia, scaricabarile, etichette come giusto e sbagliato e affini. Ad includere i concorrenti nel mondo per un gioco all'esclusione, dove il giusto e lo sbagliato non hanno nessuna umanità. Libertà di espressione a pieno regime il nuovo vessillo di tutti, compreso me che credo di "dover dire" qualcosa come un oratore ad una platea sempre gremita. La rete ha illuso anche me di avere un pubblico a cui fare proclami o "considerazioni" che gli siano utili mentre il quotidiano mi insegna l'esatto contrario e cioè che la mia opinione, non solo non è influente, ma nemmeno sufficiente a intrattenere l'interesse di un vicino o di un amico per più di un minuto. Un minuto è il tempo limite che hai per dire qualcosa prima di venire interrotto sovrastato e talvolta fagocitato fino al silenzio smarrito dal "qualcosa" degli altri. Per questo la rete è così amata: poiché prima che tu posti o pubblichi puoi parlare o scrivere senza interruzione. Considerando te stesso su un pulpito. Lo faccio io come l'Imam di turno o il sacerdote o il politico  la casalinga.. Dov'è finito l'ascolto?  Pare relegato a coloro che cercano dottrina, dogmi e appartenenze cieche. Ascoltare oggi sembra il contrario della libertà di pensiero. Suona come una debolezza inaccettabile e infatti, progressivamente abbiamo smesso di farlo. I fatti di Parigi sembrano dimostrare questo: non ascolto perché sono libero, non sono libero se sto troppo ad ascoltare qualcuno. Potrebbe convincermi o influenzarmi o addirittura irregimentarmi.   Non sono in grado di parlarne in termini politici o religiosi o sociologici o storici, sono troppo ignorante per non cadere in qualche luogo comune e rassicurante come sempre accade di fronte all'orrore dell'odio violento e all'irruzione della morte gratuita nel sicuro quotidiano di una democrazia nella quale chi ti uccide non crede affatto e dalla quale sembri essere più minacciato che protetto. Come non potrei parlarne senza rifugiarmi in qualcosa se vivessi in certe zone del mondo. Io sono Charlie. Io non ho paura. Con questo motto Parigi e tutto il mondo Occidentale ha risposto ai fatti accaduti: subito, in massa. Per sentirsi meglio. Per sopportare. Io ce l'ho paura invece, e mi sento più charlie dei Penauts, che Hebdo: incerto, pensieroso e persino estraneo a questo surrogato di coraggio e unità in salsa slogan. Una frase: Io sono charlie già perfetta per l'hashtag che verrà, ma non so se sarà sufficiente per affrontare il mondo che verrà. La paura è l'ennesimo sentimento che la società "parlante" ha deciso di negare dato che nessuno l'accoglierebbe. Come la verità. E così sembra solo dire: non è abbastanza pauroso.  Non è vero. Eppure di fronte a un sentiero scosceso e incerto è lei a farci sentire dove il terreno è più solido. Hanno paura i bambini in Nigeria, come ne hanno in Afghanistan o a Gaza o in Israele. Hanno più paura in famiglia, i bambini europei come quelli di tutto il mondo, se i loro adulti non hanno paura di niente. Finché agiremo i sentimenti come si fa sui social network scagliandoci contro tutto (haters li chiamano), per non parlarne, per non ammetterli delicati o negativi che siano, non assisteremo a scontri di civiltà ma a banali quanto purtroppo sanguinose lotte tra bugie diverse. Allora saremo ora Charlie, ora Pietro, ora Charles o chicchessia e bombarderemo o deporteremo o ripeteremo gli stessi errori che non hanno a che fare con la libertà ma con le bugie che avremo continuato a raccontare e a volere che ci vengano raccontate. Crederemo ognuno al suo Dio..agendo le bugie di chi dice di parlare in sua vece, toglieremo diritti a chi li ha o li negheremo come facciamo a chi ne chiede. Qualcuno sarà disposto a morire per la menzogna che preferisce o per quelle a cui si rifiuterà di credere se forzato. Parlerà il cristiano, non lo ascolterà il mussulmano. Parleremo con bombe e risponderanno fucili e i bambini non saranno di nessun conto. Di nessun conto la paura che nei loro occhi di tutte le razze del mondo è uguale: segno di un limite superato di una fiducia spezzata come la vita che li attende, a questo punto ovunque vivano. A Parigi come a    Ma una marcia del genere non c'è mai stata dicono alcuni sintomo di una Europa tornata. "Una Europa che vorrebbe essere distrutta dalle due avanguardie del fascismo contemporaneo: il fondamentalismo islamico e le destre xenofobe" come cita Bernard Henry-Lévy fiducioso. Nella sordità in cui ci siamo rifugiati solo una esplosione sembra capace di essere ascoltata...ed ecco che la reazione è subito "affratellamento". Ma rabbia e paura non generano fratelli, come la politica cerca di farci credere, ma orfani e vedove e quell'idea  odiosa e allettante di un Nuovo Ordine che passa sempre e in ogni fede,sia essa politica o religiosa, dall'annientamento di tutti coloro che non vi si sottomettano completamente. Così in un film patriottico si spiega come i poteri forti considerano l'umanità tutta:  "sapevamo che non ci si poteva fidare di una umanità libera ma privarla  di libertà generò resistenza. La guerra (Mondiale) ci insegnò molto e così capimmo che l'umanità doveva rinunciare alla sua libertà spontaneamente. Per settanta anni abbiamo fomentato o creato i conflitti necessari e dove la storia non andava nella giusta direzione l'abbiamo cambiata. Un mondo talmente caotico è stato organizzato ed una volta completata una opportuna epurazione il Nuovo Ordine Mondiale sarà pronto per nascere".  Io ho paura.  Ce l'ho ogni volta che qualcuno non mi ascolta o peggio non pensa nemmeno che abbia granché da dire che già non sappia.  Ce l'ho ogni volta che sento parlare di Soluzioni e ordine.  Ce l'ho ogni volta che non la provo. Ce l'ho quando invece di essere abbracciato e consolato, vengo giudicato pesante. Ce l'ho quando ascoltando sento solo dire: io e mai noi. Forse non sono all'altezza di essere Charlie.  Io sono ...umano. 

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