Senza esagerare oserei dire che con molta probabilità la pellicola di Damiani è quella che meglio testimonia il clima di tensione, di intrighi e di paura degli anni di piombo, tanto da essere, per certi versi, addirittura profetico di molti fatti che accadranno in seguito.
Ancora più interessante è inoltre la figura del questurino interpretato da Volonté, specialmente se si considera il parallelismo e il cambiamento con il commissario ebbro di potere interpretato, 7 anni prima, dal grande attore nel capolavoro Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. In Io ho paura il brigadiere Graziano è ormai una persona stanca e disillusa, egli esprime più volte la sua paura e prova in tutti i modi a salvare, dissuadendolo dal portare avanti le indagini, il magistrato che deve proteggere così da proteggere se stesso. Graziano è un poliziotto molto lontano dai vari Merli e Merenda, sbirri archetipi del genere popolare che prendevano di petto crimini e criminali fregandosene delle regole e della propria incolumità, e la sua è una lontananza che si manifesta non solo nei modi di agire ma anche nel modo di apparire, ovvero ben distante dall'impeccabilità della mise sfoggiata a petto in fuori dai sopracitati.
Io ho paura è un gioco a incastri, un incubo destinato a ripetersi dove il povero e spaventato brigadiere si inserisce beffardamente e senza possibilità alcuna, lasciando a noi un senso di sconfitta e rassegnazione.
Un grande film da vedere e rivalutare.
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