C'è un argomento che mi sta molto a cuore: l'immagine che le donne hanno di se stesse.
Non che non mi preoccupi degli uomini o delle loro difficoltà, ma bisogna riconoscere che per una donna la propria immagine ( corporea, ma anche lavorativa, di mamma, di studentessa modello, ecc.) spesso è al
centro di tutta una serie di pensieri autofagocitanti di fallimento, paura di non essere all'altezza o "mai abbastanza".
Ogni giorno ne incontro tantissime.
Ma non solo nel mio studio, ma anche nei gruppi di dmt (danza movimento terapia), tra le amiche, chiacchierando sul treno, leggendo le e-mail.
E allora, mi chiedo, come far risorgere questo atteggiamento, che di per sé è invalidante per ogni donna ed alla lunga porta all'insorgere di disagi più profondi, che spesso sono la causa silenziosa di tante insicurezze?
No. Non esiste un'unica causa alla paura di non essere all'altezza.
Sarebbe bello se ci fosse la medicina che cura tutti i mali, ma non è così.
Ognuna di noi deve passare per il proprio percorso.
Fare la propria strada e trovare (o ritrovare) se stessa.
Innanzitutto partendo dal principio, cioè da se stesse.
Bisognerebbe imparare a fermarsi e concedersi del tempo per sé e affrontare queste paure.
Quali sono questi pensieri che affollano la mente?
In quali situazioni?
Che limiti ci s'impone da sole?
Cosa si fa per tentare di arginare il disagio?
Queste potrebbero essere una serie di iniziali domande su cui riflettere, poi vorrei fare alcune puntualizzazioni su gli elementi che spesso ritroviamo nel vissuto di tante donne.
Come viene vissuto il successo e il fallimento? Spesso il successo per alcune donne è "un caso", "la fortuna", "gli altri non si sono accorti che vi sopravvalutano", "una lode fatta solo per gentilezza"( e non perché siete davvero di valore), ecc.
Tuttavia non allo stesso modo si giudica il fallimento.
Un fallimento in questi casi viene vissuto come la dimostrazione che "finalmente tutti vedranno quanto siete incapaci", una "conferma del fatto che siete inadeguate, poco competenti", ecc.
Quindi se da una parte il successo viene sminuito, allo stesso tempo il fallimento viene ingigantito. Addirittura si arriva a pensare che non è stato un errore, uno sbaglio (come può succedere a chiunque), ma che voi stesse siete tutte sbagliate. Capita che ci s'identifica con l'errore , come se fosse l'unico aspetto che vi caratterizzi in quel momento.
Un altro elemento importante è l'immagine corporea. Anche questa è spesso violentata tra gli ingranaggi dei modelli sociali e culturali e l'uso, che ne fanno alcune donne, come corpo-oggetto da controllare o da distruggere, mal celando la paura che un mostro misterioso interno possa essere scoperto dagli altri.
Un mostro di donna incapace, inadeguata, poco femminile, poco in gamba, poco all'altezza delle aspettative esterne e soprattutto interne, quelle personali.
Anche le contraddizioni sociali spesso mettono in scacco: un modello di donna materna e accogliente che deve saper essere anche mascolina e intraprendente, aggressiva. Insomma una donna con le gambe e i fianchi mascolini, stretti e asciutti, pronti a scattare in modo attivo e muscolare nella giungla delle sfide di tutti i giorni e allo stesso tempo una taglia di seno abbondante e tratti del viso iperfemminili, per interpretare un ruolo di donna accogliente, che abbracci dolcemente e rivesta tutte le caratteristiche più classiche del genere femminile.
Tali doppi ruoli, certe contraddizioni, rendono davvero tutto complesso e confusivo per una donna, ma soprattutto per le più giovani che cercano un modello femminile nel momento in cui si apprestano ad entrare nel mondo adulto.
Io credo che il percorso per una crescita personale, interiore e soddisfacente passi attraverso la realizzazione di sé.
La realizzazione di se stessi vuol dire rendere reale ciò che si sente dentro. Per questo si vive un profondo disagio quando ci si trova a doversi conformare ad un modello idealizzato e poco vicino ai nostri veri bisogni. Quelli più intimi che ci definiscono come persone uniche.
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