Io non mi sento maturo, ma per fortuna o purtroppo lo sono. Maturità
Creato il 20 giugno 2012 da LuciusdayMaturità è una parola che per me riesce a rievocare tanti concetti, momenti e ricordi.
In primis, l'ultimo anno di liceo: il migliore, il più spassoso, soprattutto a settembre e fino a Natale (diciamo anche Pasqua, va') quando l'incubo dell'esame è ancora lontano. La classe che conosci da cinque anni che, tra uno scannarsi e l'altro, nei momenti disperati a volte riesce a fare gioco di squadra; gli amici più cari, che pensi di conoscere da molto più tempo; i primi di quelli a prendere la patente, quando in macchina ti sentivi un dio per le strade di Roma, e le prime gite fuori porta, e il non dover aspettare gli autobus della Capitale "ché si passa è 'n miracolo signò"; l'esplosione di Facebook e il fatto che iniziavi a stalkerare tutti quelli della tua stessa scuola, con cui a volte in cinque anni non avevi mai parlato o addirittura mai visto. Il periodo in cui tutto andava bene, il tuo unico pensiero era di farti la chiusa per l'interrogazione del giorno dopo, dopo gli allenamenti del pomeriggio.
Se dico maturità, mi viene anche in mente più propriamente quel tormentato esame, e il calvario che ogni "annata" di studenti deve subire anno dopo anno. Ripenso all'estrazione delle materie d'esame, alla gioia di chi non voleva il greco, alle risposte alle simulazioni della terza prova sparate a cavolo. Ripenso alla notte prima degli esami in cui abbiamo cantato con alcuni amici di classe e di liceo l'omonima canzone sotto scuola, e alla macchina della guardia di finanza che sostava davanti all'ingresso, aspettando la consegna delle tracce. Ripenso alla paura di trovarsi a risolvere problemi di fisica impostati da un commissario esterno, alle ricerche via Facebook, via amici e conoscenti di tutte le informazioni di quella metà di "professori" che, ignorando la nostra intera persona e storia scolastica e basandosi solo su numeri, dati e parole oggettivamente forniti, erano tenuti (a volte non senza un briciolo di "gusto") a valutarci per quello che davanti a loro in un determinato momento avremmo saputo scrivere, esprimere, dibattere. Qualsiasi errore è fatale, ogni incertezza un precipizio. Una sorta di "preludio" all'università dunque. Ripenso all'incidente in motorino di una prof e agli orali di un'intera classe fatalmente anticipati quattro giorni prima. Ricordo amici che guardano altri amici durante il loro esame, la pelle tesa come un'elastico, la consapevolezza di non poterli aiutare stavolta. Ricordo le lacrime di disperazione mista a rabbia di amici, la comprensione (a volte compassione) di alcuni parenti, la semplice curiosità circostanziale di certi conoscenti.
Se parlo però di maturità, intendo anche la liberazione dopo l'esame. Parlo del momento in cui firmi il verbale, e in cui mollando la penna e alzandoti dalla sedia hai l'impressione di esserti sollevato molto più in alto: come camminare a mezzo metro dal pavimento. Non più prigioniero di quelle quattro mura scolastiche che per cinque anni hai dovuto sopportare, allo stesso tempo però non più protetto in un ambiente a te familiare. Parlo della gioia, o della delusione che accomuna te e gli altri nel vedere i risultati appesi a una bacheca, un momento che ricorderai per tutta la vita.
Se ancora esclamo "maturità!", penso anche a quel viaggio in Grecia che ormai da quasi quattro anni ci siamo lasciati alle spalle, pausa di allegria e spensieratezza, e a quelle notti vissute da sveglio ora dopo ora, a quei pasti che erano colazione, pranzo e cena insieme o in ordine sparso. Dopo quella vacanza l'università sarebbe entrata in scivolata nella tua vita, e allora addio chiusa del giorno prima e (in)comprensione dei prof, addio facce viste e riviste, addio gesso, lavagna e banchi di scuola, benvenuta università.
In bocca al lupo a tutti i maturandi allora, vivete a fondo questo momento: perché, anche se vi apparterrà per sempre, non lo riavrete mai più.
Pulchra vobis;)
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